Segni di guerra.

Forse li incontriamo e non ce ne accorgiamo neppure, dipinti sui muri degli edifici delle nostre città, seminascosti da graffiti e cartelloni pubblicitari, sfuggiti all’incuria del tempo e ai restauri successivi.

Si tratta di lettere dell’alfabeto, spesso accompagnate da un numero, vicine ad un portone, di frecce che puntano verso il basso, di segni quasi incomprensibili, ma spesso ben leggibili su cui posiamo sguardi distratti.

Questi segni indicavano rifugi antiaerei, bocche di ventilazione, uscite di emergenza ed evidenziavano quelle infrastrutture che, sotto le bombe, potevano rappresentare il confine tra la vita e la morte.

Quando si sa cosa cercare affiorano all’improvviso dal passato e ci raccontano di paura, di dolore, di speranza, di sollievo per avercela fatta ancora una volta.

Quando mi capita di imbattermi in queste tracce del passato mi soffermo ad osservarle per cercare di comprendere i sentimenti di tante persone come me che, quando suonavano le sirene d’allarme, cercavano scampo in quei rifugi provvidenziali.

Vicenza - Rifugio antiaereo

Bologna

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