Archivio mensile:Giugno 2018

Gli esami non finiscono mai.

Anzi prima o poi finiscono.

Quando ero bambina c’era l’esame per il passaggio dalla seconda alla terza elementare e, logicamente, non me lo sono perso così come non sono riuscita ad evitare nessuno degli esami della mia storia di studentessa fino alla tesi anche se l’avrei fatto volentieri perchè ogni singolo esame mi metteva ansia, tremori, tachicardia (o bradicardia a scelta) sudori freddi, secchezza delle fauci e tutta una serie di effetti collaterali invalidanti e anche un po’ imbarazzanti.

In realtà non avevo paura, ma stavo malissimo anche se poi, a dir la verità, gli esami andavano bene.

Poi sono passata dall’altra parte della cattedra, ma l’ansia non è sparita anzi ho l’impressione di essere più ansiosa e preoccupata dei miei ragazzi.

Domani cominceranno gli ultimi esami della mia carriera e all’ansia si unisce una sensazione di straniamento che faccio fatica a spiegarmi.

Chissà come si sentono i miei ragazzi?

Correzione

 

L’ultima ora.

Finita la festa, ingurgitato tutto ciò che di commestibile stava ben disposto sui tavoli allineati sotto il portico (che ora sembrano devastati da un’incursione di locuste), manca ancora un’ora alla fine dell’ultima mattinata e i ragazzi si aggirano satolli ed annoiati per il giardino.

Propongo ai “miei”  di salire in classe almeno lì ci sono le sedie e i banchi e ci si può sedere e chiacchierare in libertà perchè siamo ancora a scuola, ma questa non è già più “scuola” e gli esami sono uno spauracchio ancora lontano.

Giochiamo al gioco dei mimi usando i titoli dei testi scritti nel programma d’esame (un po’ di ripasso non guasta), ma è troppo facile e i ragazzi indovinano subito e se non c’è sfida non si divertono.

Chiedo se conoscono una barzelletta e al loro diniego (“lei non ci ha mai raccontato barzellette” dichiarano) comincio a raccontare una storiella scema, tirandola incredibilmente in lungo (sempre tenendo d’occhio l’orologio).

Capiscono i miei intenti, ma stanno al gioco, mi ascoltano, ma sanno benissimo che sto occupando il tempo che manca senza che si facciano prendere dalla nostalgia.

Quando finisce l’ora usciamo finalmente liberi e sorridenti e i loro occhi, almeno per oggi, sono asciutti.

Un altro livello.

In questi giorni di dibattiti parlamentari, di parole che sembrano voler dire tutto e il contrario di tutto, di programmi e proclami da campagna elettorale permanente si è levata alta, forte, determinata la voce della Senatrice a vita Liliana Segre.

Nel suo breve intervento ha ricordato con voce ferma le leggi razziali, la sua condizione di clandestina, di richiedente asilo, di operaia ridotta in schiavitù nel lager e ha richiamato tutti noi ai principi della Costituzione.

Vorrei ringraziarla per aver elevato il dibattito politico ad un livello altissimo e per averci richiamato, con la sua bonarietà di nonna, ai nostri doveri.

Auschwitz - Birkenau

Contro ogni previsione.

Tutte le possibili previsioni meteo preannunciavano temporali, grandine, tenebre e invasioni di cavallette, ma come rinunciare all’ultima uscita dell’anno, anzi del triennio, la mitica giornata in canoa all’idroscalo?

Questa mattina siamo partiti nonostante la pioggia e il cielo più che minaccioso, confidando in un po’ di buona sorte e la buona sorte ci ha sorriso regalandoci una giornata senza pioggia che, via via che trascorrevano le ore, è diventata soleggiata e calda.

L’acquazzone si è scatenato, è vero, ma non ci ha rovinato la festa perchè ci ha colpito quando ormai eravamo tornati a casa.

Del resto la giornata si è svolta come sempre, con i tentativi di canottaggio dei ragazzi non sempre eccezionali, con la lunga passeggiata rilassante intorno allo specchio d’acqua, con la granita o il gelato nel piccolo bar accanto alle tribune.

E così anche l’ultima gita è archiviata.

Milano - Idroscalo

Come in un limbo.

Sono giorni frenetici, gli ultimi giorni di scuola, giorni pieni di “sudate carte”, di attività che giungono alla naturale conclusione tra premiazioni e celebrazioni varie, sono giorni in cui si fanno bilanci, si tirano le somme di un anno o, come succede per la mia classe, di un triennio o, come succede a me, di quarantadue anni tra i banchi di scuola.

Sono stanca, ma mi sembra di galleggiare a mezz’aria, partecipo a riunioni per decidere libri che non userò, alzo la mano per votare un calendario scolastico che non scandirà più le mie giornate, ascolto discussioni interminabili sull’organizzazione del lavoro futuro come se fossi sott’acqua e i suoni mi giungessero attutiti senza permettermi di comprendere il significato delle parole.

Ma intanto devo concentrarmi sull’ultima settimana di scuola, sulle ultime relazioni, sugli scrutini, sugli esami e sarà forse per questo che mi sento come in un limbo, a metà strada tra la vita che è stata e che conosco bene e l’altra che sarà, ma che per ora non riesco nemmeno ad immaginare.

Non cammino in questi giorni, in questi giorni galleggio.