Educazione e democrazia.

Sono stata la prima della mia famiglia ad iscrivermi ad un liceo, sono stata la prima ad iscrivermi all’università, nata poco dopo la guerra in una famiglia non ricchissima, da genitori che, a causa delle vicissitudini della vita e della storia, avevano dovuto interrompere gli studi per andare a lavorare o per partire per il fronte.

Nella mia famiglia il fatto di poter frequentare la scuola superiore e poi l’università era considerato una grande opportunità di riscatto, quasi un privilegio che avevo dovuto conquistare studiando sempre in modo serio, per me non era stato facile trovarmi tra giovani provenienti da famiglie della borghesia monzese e confrontarmi con tanti figli di professionisti che avevano già un futuro scritto, per così dire, nel dna.

Io avevo solo la mia curiosità e il mio cervello, ma la scuola mi ha permesso di imparare, di crescere, di maturare: in un certo senso la severità degli studi era una vera forma di “democrazia”.

Per questo motivo quando la scuola abbassa i livelli, rinuncia alle regole, facilita in tutti i modi il percorso dei ragazzi, quando la scuola non chiede il massimo, ma si “accontenta”, quando si giustificano i ragazzi perché “sono solo ragazzi”, quando si accettano comportamenti inaccettabili, la scuola non è più una scuola “democratica” perchè non sta offrendo a tutti le stesse opportunità, ma si rassegna a perpetuare le differenze di nascita, di stato sociale, di opportunità, di educazione.

Pensiamoci.

Milano

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