La normalità del male.

In questi tempi difficili in cui il nostro Paese e l’Europa sono percorsi da una ventata di xenofobia, di razzismo, di violenza spesso ingiustificata(ma quando mai la violenza lo è?), di tentazioni totalitariste (basti pensare alla manifestazione di ieri in Polonia) mi scopro a pensare a come il passato non ci abbia insegnato niente.

Settant’anni fa, quando finalmente aprimmo il vaso di Pandora degli orrori che avevano devastato il continente, scoprimmo che i “malvagi” non erano “mostri inumani”, ma persone assolutamente “normali”, incapaci di decifrare le conseguenze dei loro atti, persone che avevano “ubbidito agli ordini” senza farsi domande, forse perché così è più semplice o più semplicemente persone calate nella realtà in cui vivevano, una realtà fatta di lavoro, di carriera, di statistiche con i numeretti ben allineati, senza idee e senza responsabilità.

E’ questa “normalità” che mi spaventa: mi spaventa il pensiero che chi allora compiva simili atrocità e oggi può restare indifferente davanti alla tragedia di milioni di uomini in fuga e può smettere di provare emozioni alla vista dei cadaveri in mare, o può voltarsi dall’altra parte davanti alla miseria, alla sofferenza, al dolore fossero e siano persone “normali”, persone che hanno una famiglia, una casa, un lavoro, un cerchio magico di affetti e piccole gioie quotidiane e tanta paura che queste tranquille sicurezze possano essere intaccate.

Non è facile essere “umani”, non è rassicurante farsi carico del dolore dell’altro, soprattutto se l’altro è lontano, diverso, ma dobbiamo imparare a non chiudere gli occhi, dobbiamo ricordarci, ogni tanto, di pensare, di alimentare idee e assumerci responsabilità per evitare di trasformarci in semplici ingranaggi di una macchina.

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