Archivio mensile:Ottobre 2017

Dita di strega.

Qualche sera fa, dopo una serata di letture in biblioteca, mentre i ragazzini si abbuffavano mi sono ritrovata ad osservare che, rispetto a quando ero bambina, anche i dolci sono cambiati.

Sul tavolo facevano bella mostra di sè torte decorate con inquietanti ragnatele, biscotti a forma di pipistrello e di zucca, fantasmini di cocco e cioccolato e terrificanti frolle che assomigliavano a dita contorte e ossute, con scaglie di mandorla al posto delle unghie.

Dolcetti spaventosi e dolcissimi (decisamente dolcissimi) preparati dalle mamme in ossequio ad una tradizione che non è una tradizione vera e propria, visto che Halloween è una festa d’importazione che ha fatto irruzione nel nostro calendario, portando travestimenti terrificanti, “dolcetti e scherzetti”, una risata un po’ forzata per esorcizzare la paura della morte e della vita.

Quando ero bambina c’era il “pane dei morti”, profumato di cannella e noce moscata, dal gusto speziato e non troppo dolce, scuro e coperto di zucchero a velo, un dolce dall’aspetto non molto invitante, un dolce un po’ sotto tono, sobrio e composto come era l’atteggiamento, anche quello di noi bambini, nei giorni in cui si ricordavano i defunti e si andava a trovarli al cimitero.

Dolcetto o scherzetto

Tutti lì, a guardare il cielo.

Come accade qualche volta oggi, proprio all’ora del tramonto, gli sguardi di tutti coloro che erano per strada o stavano guardando fuori da una finestra sono stati catturati dall’incredibile spettacolo delle linee di luce che si accendevano là, verso occidente.

E poi, siccome tutti (o quasi) abbiamo in tasca uno smartphone i social network sono stati invasi da decine di fotografie che, in qualche modo, certo inadeguato alla bellezza del momento, cercavano di fissare un’emozione.

Certo, perché un cielo così, degno del genio di Van Gogh, scatena le emozioni e non c’è tempo per pensare che le splendide volute altro non sono che un fenomeno naturale effetto del vento e dell’umidità: le nubi questa sera sono belle e la bellezza è magica ed emoziona sempre.

Cavenago di Brianza - Tramonto

Cavenago di Brianza - Tramonto

E te german di giovinezza, amore.

Ho imparato con l’esperienza che l’incontro degli adolescenti con il Leopardi non è mai improntato ad indifferenza: si può amare il Leopardi o si può odiare, ma raramente i ragazzi, persino quelli di oggi, riescono a non farsi toccare dall’universo che si spalanca loro davanti quando incrociano i versi del poeta.

Sarà forse perchè ne percepiscono la profondità o perchè ne condividono le fragilità, i dubbi, gli interrogativi, le speranze, sarà forse perchè nei suoi versi il poeta di Recanati parla spesso della giovinezza, di quella giovinezza alla quale, anche i miei ragazzi, stanno per affacciarsi, pieni di speranze e di paure, desiderosi solo di crescere, un po’ come il “garzoncello scherzoso” che non riesce a percepire lo stato beato della sua età, che è un’età fiorita, piena di speranze, gioiosa come il giorno, carico di attese, che precede la festa, sarà per tutti questi motivi, ma i ragazzi mi sembrano stranamente coinvolti, partecipi o infastiditi, ma comunque coinvolti.

Il buon vecchio Giacomo colpisce ancora.

Luna

La Ca’ di Ciapp.

Quando nella primavera del 1904 furono tolti i ponteggi che celavano la grande costruzione, cresciuta in Corso Venezia in tre anni di lavori, l’ironia dei meneghini si scatenò contro il Palazzo Castiglioni, dall’aspetto così inusuale, soprattutto per le due figure di donna nude che contornavano il portone d’ingresso (allegorie mai accettate della Pace e dell'”Industria”) e così il grande edificio divenne la “Ca’ di Ciapp” e il nomignolo ignominioso rimase anche quando le “natiche” in questione vennero rimosse e spostate in un luogo più appartato.

Ermenegildo Castiglioni aveva affidato all’architetto Sommaruga il compito di costruire l’ultimo grande palazzo monofamiliare della città e uno dei primi in stile liberty, che doveva differenziarsi, per novità e ricchezza delle decorazioni, da tutti gli eleganti palazzi neoclassici di Corso Venezia.

Dopo tante vicissitudini e mutamenti il palazzo c’è ancora ed è possibile visitarne eccezionalmente l’interno in questi giorni, nel quadro delle celebrazioni per i cento anni dalla morte dell’architetto che è ricordato come una delle personalità più rappresentative del Liberty a Milano anche in virtù del suo stile personalissimo che coniuga la ricerca della plasticità con l’attenzione alla funzionalità.

Nel Palazzo nulla è restato degli arredi e poco della disposizione originale degli spazi, ma si può intuirne la grandezza dall’ampio scalone doppio, dalla decorazione di alcuni ambienti, dalla raffinata eleganza del bovindo rivolto verso il giardino.

Palazzo Castiglioni è un altro gioiello di questa Milano tutta da scoprire.

Milano - Palazzo Castiglioni

Milano - Palazzo Castiglioni

Milano - Palazzo Castiglioni

Il primo freddo.

E’ arrivato all’improvviso il primo freddo, portato qui dalla prima nebbia, e mi ha colto alla sprovvista così mi sono beccata il primo raffreddore della stagione.

Mi aggiro per casa con l’aria cagionevole, la testa pesante e gli occhi ammaccati, mi sembra di avere tutte le ossa a pezzetti e tendo a raggomitolarmi sotto una coperta.

Odio il raffreddore perchè è una malattia stupida, anzi non è proprio una malattia di quelle che  obbligano a stare a letto e a sorbire spremute d’arancia, ma mi procura un enorme fastidio, mi fa sentire a mezzo servizio.

E’ uno degli inconvenienti delle mezze stagioni (quelle che non esistono più) quando gli sbalzi di temperatura colpiscono a tradimento perché alla mattina, mentre vado a scuola, ho freddo e nel pomeriggio, tornando a casa, annaspo per il caldo e non so mai come vestirmi e comunque vada sbaglio.

Ci vuole pazienza: il raffreddore, salvo complicazioni, dura pochi giorni, ma sembrano giorni infiniti.

Cavenago la nebbia

Visti e passaporti.

Oggi ho consegnato modulo, foto e passaporto per la richiesta del visto per il viaggio di Capodanno (la meta, per ora, resterà avvolta nel più fitto mistero) e mi è sembrato di fare un tuffo nel passato.

Quando ero una ragazza e viaggiavo attraverso il continente buona parte dell’Europa richiedeva un passaporto e un visto e, per poter partire, bisognava organizzarsi per tempo e magari fare un giro a Roma e accamparsi davanti ad un’ambasciata in attesa del prezioso documento.

Poi bisognava sobbarcarsi code estenuanti alle frontiere e controlli minuziosi e un po’ inquietanti durante i quali avevo sviluppato una incredibile tecnica nel rendere la mia faccia vagamente somigliante alla foto sul passaporto.

Viaggiavo nell’Europa attraversata dalla cortina di ferro, passavo da Berlino ovest a Berlino est varcando il muro con un po’ di batticuore, mi imbarcavo su treni diretti in Polonia, percorrevo lunghi tratti di territorio completamente spopolati che con un’espressione fantasiosa venivano definiti “terra di nessuno” e ogni volta assaporavo il gusto un po’ aspro dell’avventura.

Poi le frontiere sono cadute, i muri sono crollati (salvo poi spuntare di nuovo in tempi recenti) e passare da una nazione all’altra è diventato semplice.

In fondo la mia generazione viaggiava nella speranza di costruire un mondo senza barriere e senza bandiere.

Idroscalo 2013

Castell’Arquato.

Il borgo è uno dei tanti bellissimi  borghi ricchi di storia e di arte che punteggiano le campagne e le zone collinari del nostro Paese e che se ne stanno lì, silenziosi e apparentemente immutabili, testimoni di un passato lontano.

Castell’Arquato sorge nel piacentino, arroccato su un colle lungo la valle dell’Arda e, da lontano, se ne riconosce il profilo merlato che spunta tra i declivi verdissimi coperti di vigne.

Si passeggia sui ciottoli, tra edifici carichi di anni, tra le pietre antiche, per stradine tortuose che conducono alla sommità del borgo dove sorgono gli edifici civili e religiosi, dove si svolgeva la vita, una vita che non sappiamo neppure immaginare, una vita che crediamo di conoscere dai libri o dai film, una vita che doveva essere spesso difficile, così diversa dalla nostra quotidianità.

Le pietre sembrano accendersi nella luce del pomeriggio di questo ottobre soleggiato, i profili degli edifici si stagliano nell’azzurro del cielo, i fiori alle finestre sembrano più colorati e tutto è avvolto da una tranquilla bellezza, da una composta eleganza.

E ancora una volta mi sento orgogliosa del Paese dove sono nata.

Castell'Arquato (Piacenza)

Castell'Arquato (Piacenza)

Liberty.

Nei primi anni del ‘900 si afferma questo nuovo stile che,  prendendo spunto dall’estetica delle “Arts and Crafts”, aveva posto l’accento sulla libera creazione dell’artigiano come possibile alternativa alla meccanizzazione e alla produzione di  oggetti in serie di dubbio valore estetico e di scarsa qualità.

In architettura gli artisti prediligono la Natura come fonte di ispirazione, ma la reinterpretano stilizzando le forme, ripetendole in una profusione di linee curve estremamente eleganti e, per certi versi, avvolgenti come le spire di un serpente.

Ieri, al cospetto dell’edificio delle Terme Berzieri a Salsomaggiore, ho ritrovato molti elementi dello stile Liberty, uniti ad altri di ispirazione orientale e a riminiscenze della “Secessione Viennese” e di Gustav Klimt.

La facciata è un trionfo di marmi e maioliche, dove si rincorrono decorazioni geometriche, figure zoomorfe e intrecci vegetali, tanto ricca da sembrare persino “troppo” ricca, ma capace di affascinare lo sguardo catturato dalle immagini quasi in modo ipnotico.

Si resta a bocca aperta davanti a questo edificio e non si può fare a meno di passare in rassegna le figure sinuose e colorate e di ammirare la perizia degli artisti che hanno operato per creare un’opera unica.

Salsomaggiore

Salsomaggiore

Salsomaggiore

Scuole.

Quando sono in vacanza mi sforzo sempre di dimenticare il mio lavoro, le giornate in classe, le verifiche e le correzioni delle verifiche e, in qualche caso, riesco persino a farcela.

Ma poi succede di imbattermi casualmente in una scuola e non posso fare a meno di esserne incuriosita: scruto attraverso le finestre, cerco di immaginare le lezioni, mi sforzo di respirarne l’atmosfera.

Evidentemente mi porto dentro il mio lavoro anche quando, con un po’ di sollievo, me ne allontano e la sola vista dell’insegna di un istituto scolastico mi fa affiorare un mondo di ricordi che mi procura persino una forma di nostalgia.

Allora scatto una foto.

Deve trattarsi di un tipo particolare di patologia.

Crespi d'Adda

Londra - Millennium Bridge

Stavros - Itaaca (Grecia)

Non dare mai nulla per scontato.

Ho imparato, dopo anni e anni di esperienza sul campo, che con i ragazzi non bisogna mai dare nulla per scontato, ma ogni tanto me ne dimentico rischiando di andare incontro a qualche cocente disillusione.

Oggi, mentre ci accingevamo alla lettura del “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” il testo tratto dalle “Operette Morali” del Leopardi, all’improvviso mi è venuto il dubbio che il vocabolo “almanacco” non fosse noto proprio a tutti e così ho chiesto lumi ai miei ragazzi.

Non l’avessi mai fatto: sull’interpretazione del termine sono scaturite ipotesi fantasiose e deliranti, tra le quali anche quella di un frutto di grandi dimensioni (presumo in stile cocomero) probabilmente di origine esotica.

Risolto l’equivoco e fugata ogni incertezza abbiamo iniziato la lettura, ma a me è rimasto un dubbio sottile: mi chiedo quante parole, da me usate quotidianamente, siano fonte di equivoci esilaranti e di fraintendimenti creativi.

Un po’ come quando, tanto tempo fa, durante la lettura dei “Malavoglia” alcuni miei allievi avevano inteso il carico di lupini della “Provvidenza” (l’imbarcazione della famiglia) come il trasporto di un branco di piccoli lupi.

Itaca (Grecia)