Archivio mensile:Dicembre 2016

Educazione spartana.

Quando ero bambina una delle frasi che mi sentivo ripetere spesso era “Non fare tante storie”, me la dicevano mamma e papà quando mi lamentavo per i troppi compiti, o perchè dovevo andare a letto presto, o se non mi piaceva il cibo che mi ritrovavo nel piatto, o se mi sbucciavo un ginocchio cadendo sul selciato.

Mi volevano un bene dell’anima (come è naturale), ma non erano molto indulgenti, volevano che crescessi forte, responsabile e capace di affrontare le difficoltà, quelle piccole di allora e quelle più grandi che avrei potuto incontrare nella vita adulta.

La palestra che mi avrebbe permesso di rafforzare il mio carattere era la montagna, in estate con lunghe escursioni ad alta quota e in inverno con lo sci.

Mio padre mi portò a sciare per la prima volta che avevo circa cinque anni, avevo un’attrezzatura sommaria (che avrei ritrovato nei film di Fantozzi), lunghi e pesantissimi sci di legno con attacchi a molla, scarponi di cuoio (gli stessi delle escursioni estive), berretto e guanti confezionati dalla mamma e così bardati, fin dall’inizio di dicembre, partivamo ad ore antelucane per inerpicarci, con la mitica 600, su per le vallate prealpine dove, a quel tempo, la neve non mancava.

Salivamo in Valsassina o verso il passo della Presolana e non appena vedevamo un pendio adatto papà parcheggiava l’auto e cominciavamo a salire, a piedi, con gli sci in spalla: la salita richiedeva diversi minuti, la discesa qualche secondo (ho imparato presto a compiere ampie curve per farla durare di più).

Dopo qualche ora di questo esercizio ero infreddolita, avevo gli abiti umidi e una fame da lupo.

Allora smettevamo di sciare, mangiavamo i panini e la frutta (naturalmente surgelati) che ci aveva preparato la mamma, sistemavamo gli sci sul portapacchi e scendevamo a valle che già cominciava ad imbrunire.

Tornavo a casa stanca ed intirizzita, ma “non facevo storie” perchè avevo già capito che trascorrere la giornata in montagna, sulla neve, condividendo il tempo con mio padre era un grande privilegio.

Piani di Artavaggio - Marzo 2016

Anche questa mattina.

Oggi è il 12 dicembre e questa mattina, come lo scorso anno e gli anni precedenti, quando mi sono svegliata e ho guardato il calendario mi è tornato alla mente il ricordo di quel giorno lontano, del 12 dicembre del 1969, quando, accendendo l’autoradio al ritorno da una passeggiata sulle colline dalle parti di Inverigo, dopo una giornata trascorsa tra amici in una quieta serenità, ci è giunta la notizia dell’esplosione di una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, proprio a due passi da Duomo.

Ricordo, come fosse adesso, le immagini della devastazione, il conto dei morti e dei feriti, il senso di ingiustizia e di impotenza per un attentato proprio nella Milano festosa che attende il Natale.

Oggi i giornali sono tutti occupati dalla crisi di governo, dalle consultazioni del Presidente, dai tentativi di creare un nuovo governo, dall’opposizione, da chi inneggia al voto subito e non c’è tempo e non c’è spazio per Piazza Fontana.

Ma io non riesco, non posso, non voglio dimenticare.

madonnina

Passata al lato oscuro.

“Te lo giro su whatsapp” dicevano le colleghe ed era arduo spiegare che, non avendo uno smartphone, era sommamente improbabile che potessi accedere ad whatsapp e  qualsiasi altra “app”, mi guardavano con un misto di stupore e derisione.

Ma io mi conosco e so che quando riesco ad entrare nell’ottica di usare un qualsiasi giochino tecnologico passo repentinamente dal disinteresse al fanatismo.

Purtroppo quando, dopo aver espletato una serie di formalità burocratiche per ottenere l’identità digitale (come se non bastasse l’identità di cui sono fornita fin dalla nascita) mi è arrivata l’istruzione di “scaricare l’app” mi sono arresa. non posso continuare a combattere contro i mulini a vento.

Così se, da domani, mi vedrete passare per strada, con gli occhi fissi allo schermo e le dita in frenetico movimento fermatemi, perchè io mi conosco e so che potrei attraversare la strada senza alzare lo sguardo.

Sono definitivamente passata al lato oscuro.

Il lato oscuro

 

Mercatini di Natale.

Ogni anno ci casco  e mi faccio prendere dal desiderio di andare a visitare uno dei tanti “Mercatini di Natale” e ogni anno mi pento quasi subito, non appena vedo le folle sbarcare dai pullman (che solitamente vengono parcheggiati in zone molto periferiche) e concentrarsi in strade anguste, in piazze occupate dalle bancarelle che, fatalmente, mi sembrano tutte uguali.

Nei mercatini dell’Alto Adige e del Tirolo il profumo di fondo è quello della cannella e dell’anice stellato, dalle nostre parti imperversa l’odore di fritto che ricorda molto le sagre di paese.

Di solito do un’occhiata distratta al mercatino di turno (giusto per tacitare la coscienza) e poi mi allontano dalle zone più trafficate e mi dedico alla visita della città, proprio come ho fatto quest’anno a Verona.

E così ho visitato l’Arena (troppo vicina alle bancarelle per passare inosservata), ma il fastidio per la coda abbastanza lunga è stato compensato dalla imponente bellezza, dalla suggestione che l’anfiteatro romano riesce sempre a risvegliare.

E poi, nel pomeriggio, mi sono spinta fino a San Zeno, la stupenda basilica che è uno dei capolavori del romanico italiano, costruita su tre livelli a partire dal decimo secolo, silenziosa e bellissima nella nebbiolina che avvolgeva la città, non toccata dal turismo di massa da shopping natalizio.

Verona

Verona

Storie d’amore.

Chissà se l’immortale bardo di Stratford upon Avon (sempre ammesso che proprio lì sia nato e non altrove) pur nella sua fervida fantasia avrebbe mai potuto immaginare di scatenare le folle intorno ai personaggi dei suoi drammi.

Oggi a Verona (complici i mercatini di Natale), davanti alla Casa di Giulietta c’era una vera e propria muraglia umana che cercava di entrare compatta nel piccolo cortile, mentre una folla altrettanto imponente cercava di uscirne.

Chi riesce ad intrufolarsi nell’angusto spazio si ferma ad ammirare il mitico balcone, che in realtà non è originale, ma è il risultato di un collage di resti marmorei del quattordicesimo secolo conservati al Museo di Castelvecchio, si scatta un immancabile selfie, sfiora più o meno furtivamente il seno della statua che rappresenta la fanciulla e, se gli resta qualche minuto, scrive una frase, una firma, un nome sul muro dell’ingresso.

Nulla spiega questo massiccio afflusso di persone se non il fascino di una storia d’amore, splendida perchè tragica, la storia di un amore tra due giovanissimi, un amore tanto forte da sfidare l’odio e la morte.

Forse chi cerca di entrare in questo spazio sta cercando la magia di quell’amore.

Verona

Verona

Pignoramenti.

In vista del Natale è ricomparsa una pubblicità televisiva che già lo scorso anno mi aveva lasciato perplessa.

Una celebre casa produttrice di panettoni ambienta il proprio spot all’ombra della Madonnina, in una casa dell’alta borghesia milanese, un po’ in stile “Milano da bere” tra servitù ossequiosa e “sciure” con un filo di perle, un filo di trucco, un filo di tacco.

Arriva il panettone, ma arriva anche la guardia di finanza che procede ad un pignoramento di tappeti, arredi e suppellettili, mentre gli invitati, tra lo stupore, il divertimento e la rassegnazione continuano a mangiare il panettone a quattro palmenti.

Il panettone viene magnificato come l’unico lusso che ci si può ancora permettere.

Non so spiegare perchè ma lo spot mi mette un po’ di inquietudine e tanta, tanta tristezza.

Milano

Di acqua, di terra, di cielo.

In prima, dove insegno geografia, stiamo studiando gli elementi del paesaggio, montagne, mari, pianure si avvicendano sulle pagine del libro dove le immagini non sono sempre significative.

Quando arriviamo ad affrontare i fiumi osservo le fotografie, un po’ “piatte” del nostro libro e mi chiedo come risvegliare l’interesse un po’ sonnolento dei ragazzini: in fondo però è facile per noi che viviamo in Lombardia che è una terra di acque e di cielo, quel cielo “così bello quand’è bello” come scriveva il Manzoni, innamorato anche lui di questi luoghi.

Scelgo qualche fotografie tra quelle che ho scattato passeggiando lungo l’Adda e il canale della Martesana e le proietto sulla lim e posso spiegare la lezione mentre scorrono le immagini dei “Tre Corni” così cari a Leonardo e delle rapide, il traghetto di Imbersago che scivola leggero sul filo della corrente, i ponti arditi come quello di San Michele, le chiuse e le dighe a palizzate.

L’interesse dei ragazzi si risveglia anche perchè, di colpo, le nozioni un po’ astratte del libro diventano vive: molti di loro hanno percorso il corso dell’Adda durante qualche gita domenicale con le famiglie ed ora ritrovano i luoghi che avevano osservato forse distrattamente e scoprono di sapere molte cose che non credevano di sapere.

E’ sempre bello riuscire ad agganciare il libro alla loro esperienza.

Lungo l'Adda tra Porto e Paderno

Cappello e guanti.

Quando la temperatura comincia a scendere mi affretto a recuperare, nella zona più recondita dell’armadio. guanti e cappelli con i quali affrontare gli spifferi più gelidi.

“Mani e piedi caldi” sentenziava mia nonna alle prime avvisaglie dell’inverno e io, con il passar del tempo, ho imparato ad aggiungere anche una serie di cappelli, di varia foggia e colore, soprattutto per proteggere le vertebre cervicali che, in caso di umidità, qualche problema me lo danno.

Mi rendo conto di essere un po’ buffa quando esco di casa addobbata in puro “Queen Elizabeth style”, ma ho sempre badato più alla sostanza che alle apparenze e, quando fa freddo, la “sostanza” è stare al calduccio.

E quindi siano lodati cappelli e berretti anche perchè sono consapevole di essere in buona compagnia.

Lo scorso anno, infatti, passeggiando per le vie di Lubiana ho scoperto che l’amministrazione della città slovena, per proteggere le fontane di marmo dal rischio di danni causati dal gelo, le copre con dei vezzosi berretti colorati muniti addirittura di pompon.

Come ignorare un esempio così luminoso?

Lubiana

Matite.

Tanto tempo fa, quando in diverse occasioni mi sono trovata all’interno di un seggio elettorale come presidente o scrutatore, ingannavo la noia dei tempi morti studiando la data stampata sull’estremità delle matite copiative (che allora erano di color legno grezzo) e mi è persino capitato di scovarne una con stampigliato “1948” (inutile dire che se non fosse stato proibito dalla legge me la sarei infilata in tasca, se non altro per il valore simbolico).

L’ho lasciata a malincuore nel plico perchè mi sarebbe piaciuto tenerla, ma era (ed è) vietatissimo non restituire tutte le matite copiative in dotazione all’ufficio elettorale, proprio per evitare (immagino) che queste matite restino in giro.

Sono matite particolari, sulla scheda lasciano un segno tenue, quasi invisibile, ma posso assicurare che durante lo scrutinio si vede benissimo.

La matita copiativa, se inumidita, fa un po’ l’effetto “acquarello”, il segno diventa confuso, sbavato, ma resta sempre leggibile.

Mi ha fatto un po’ sorridere il diffondersi della psicosi complottista da “matita cancellabile” anche perchè mi sembra sommamente improbabile che una schiera di scrutatori, armati di gomma, si metta a cancellare i voti, soprattutto stando ben in vista (lo scrutinio, ricordo a tutti, è pubblico).

Mi intristisce che ci sia così poca fiducia nelle istituzioni e nell’onestà delle persone che passano un’intera giornata nei seggi, al servizio della comunità, per permettere a tutti di esercitare il proprio diritto di voto in un clima sereno e ordinato.

Se anche quest’anno fossi stata al seggio mi sarei sentita profondamente offesa.

matita

Un Paese civile.

E’ veramente una bella sensazione svegliarsi una mattina e scoprire di avere un nuovo motivo per essere ancora più orgogliosi dell’Italia.

A Pompei, un sito archeologico forse tra i più suggestivi e più celebri al mondo, può darsi che i muri continuino a crollare, ma da oggi crollano anche le barriere architettoniche ed è sicuramente un fatto di cui andare fieri.

Da oggi è possibile, anche per chi è seduto su una sedia a rotelle o ha difficoltà di deambulazione, visitare gli scavi grazie all’allestimento di un percorso, su cui si può transitare in sicurezza, che sfiora le ville, i fori, le strade, gli affreschi e i mosaici preziosi.

Permettere a tutti di godere della bellezza e dell’arte è un segno di grande civiltà.

Pompei