“Oggi solo piatti in umido”

Cinquant’anni fa Firenze affrontava una delle prove più dure della sua storia, io avevo tredici anni e me li ricordo quei Telegiornali con le immagini in bianco e nero della città invasa dall’acqua, con il suo immenso e preziosissimo patrimonio artistico in balia degli elementi.

E ricordo quei ragazzi, venuti da tutta Europa, da tutto il mondo, gli “Angeli del fango” lottare nella melma, fianco a fianco con i cittadini, con i soldati per salvare quello che consideravano una ricchezza comune, per strappare alla distruzione e all’oblio opere d’arte e manoscritti.

Anch’io sarei partita subito, ma dove vai a tredici anni? A tredici anni ero ancora un bambina, rischiavo di essere più d’impiccio che d’aiuto, e allora me ne stavo lì a guardare le immagini della città devastata sentendo dentro di me nascere una sorta di consapevolezza: stavo imparando cosa significa mettersi al servizio di una comunità, difendere un bene comune.

A mezzo secolo di distanza mi emoziono ancora per Firenze, per la sua bellezza, per la sua arte, per lo spirito irridente dei suoi cittadini sempre pronti a stroncare anche le lacrime di una tragedia con una battuta bruciante.

Come quel ristoratore che, raccontano i testimoni, a pochi giorni dall’alluvione espose il menù con la scritta “Oggi solo piatti in umido”.

Firenze

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