Archivio mensile:Novembre 2016

Trenta giorni ha novembre.

Quando ero piccola mi avevano insegnato un’utile filastrocca per permettermi di ricordare quanti giorni ha ogni mese dell’anno anche perchè, nella mia ingenua praticità di bambina, avrei preferito che tutti i mesi avessero trenta giorni e mi rifiutavo di comprendere perchè non fosse possibile quella piccola “riforma”.

Poi ho imparato che le cose non possono sempre funzionare come mi piacerebbe che funzionassero.

E così stamattina, ripetendomi la filastrocca, mi sono resa conto che anche il mese di novembre è finito, che sono già passati quasi tre mesi di scuola, che Natale è alle porte e che il tempo continua a correre sempre più veloce e io ho sempre più l’impressione di non riuscire a tenere il passo con la sabbia che scorre velocissima nella clessidra.

Ho bisogno di un po’ di lentezza, giusto per riuscire a tirare il fiato.

Piani dei Resinelli

Buonanotte e sogni d’oro.

Nella casa di riposo dove vive mia madre si sono inventati un’iniziativa simpatica: si può passare una serata insieme ai nostri cari, condividendo la cena in una saletta tranquilla, chiacchierando del più e del meno proprio come capitava una volta, quando abitavamo ancora insieme.

Questa sera è toccato a noi: mio fratello ed io siamo arrivati abbastanza presto, ci siamo accomodati a tavola con la nostra mamma e abbiamo mangiato insieme, con calma, ascoltando la musica della sua giovinezza (che avevo provveduto a caricare su una chiavetta).

La mamma era contenta, tanto che ogni tanto canticchiava a mezza voce le canzoni, ha mangiato di gusto (ma quello lo fa sempre del resto) e ha assaggiato anche un goccio di vino e i dolci che le aveva portato mio fratello.

Poi la abbiamo accompagnata a letto, le abbiamo fatto un po’ compagnia, lasciando che scivolasse in un sonno sereno accanto ai suoi figli, come una volta, come quando eravamo piccoli ed era lei che ci teneva per mano poco prima di dormire.

Cavenago - Nebbia

Alla ricerca del calendario.

Ogni anno, più o meno in questo periodo, mi metto alla ricerca di un calendario da parete (più grande è, meglio è) senza tante fotografie artistiche, senza fronzoli, ma con tanto spazio per scrivere le mie annotazioni.

Purtroppo uno dei segni del tempo che passa (“tempus fugit”, dicevano i Romani nella loro grande saggezza) è la facilità con cui dimentico le cose che non dovrei dimenticare e quindi diventa indispensabile poter disporre di tanto spazio per poter scrivere appuntamenti di lavoro, scadenze e pagamenti, compleanni e anniversari.

Quando inizia un nuovo anno appendo il calendario al muro della cucina con un pennarello rosso con cui scrivere note che siano ben visibili a diversi metri di distanza e poi mi scateno.

Ogni mattina, appena alzata, mentre bevo il primo caffè, do uno sguardo al mio calendario e mi tranquillizzo: tutto ciò che devo ricordare è lì e posso affrontare la giornata senza tanti patemi, senza paura di perdere qualche appuntamento.

Certo, preferirei avere ancora la memoria dei vent’anni, ma l’anagrafe non mente.

Milano centro (Natale 2014)

 

Una lunga vita.

Domani mia madre compirà novant’anni, novant’anni pieni, intensi, novant’anni nei quali ha vissuto grandi gioie e grandi dolori, un po’ come succede a tutti noi, e i ricordi adesso si sfumano come in un grande affresco un po’ sbiadito.

Ieri l’abbiamo portata al ristorante e lei, che è sempre una buona forchetta, era tutta contenta dei cibi curati, del vino buono e della vicinanza dei figli, del nipote amatissimo e delle persone più care.

In fondo la sua vita è sempre stata tutta incentrata intorno agli affetti familiari, che ha difeso, che ha tenuto stretti nelle sue mani, oggi così fragili, ma sempre piene di energia e tutto l’amore che ha donato torna ogni giorno nei nostri piccoli gesti d’affetto, così inadeguati, così poveri in confronto allo spessore dei suoi sentimenti.

Ma siamo lì, cerchiamo di essere lì, con lei, accanto a lei nei momenti liberi dal lavoro e dagli impegni quotidiani.

Grazie mamma.

MAMMA

Con largo anticipo.

Oggi è stata una giornata quasi primaverile, soleggiata e tiepida e proprio per questo motivo mi è sembrato strano vedere gli operai tutti impegnati ad appendere le luminarie natalizie per le vie del paese.

D’altra parte anche nei centri commerciali le zucche e i paludamenti da strega di Halloween hanno ceduto quasi immediatamente il passo a renne, fiocchi di neve, carte regalo, fiocchi rossi e dolci tipicamente natalizi.

Una volta, ma ormai sembra preistoria, le prime avvisaglie del Natale comparivano intorno al ponte dell’Immacolata che, a Milano, ha sempre avuto un sapore particolare vista la concomitanza con la festa di Sant’Ambrogio, la “fera di oh bej, oh bej”, la prima della Scala e l’accensione delle prime luci nel precoce crepuscolo di dicembre.

Questo correre verso il Natale, già dall’inizio di novembre, mi dà l’impressione che si perda qualcosa, che il ritmo frenetico del succedersi delle feste ci rubi un po’ di emozione e ci faccia vivere tutto in modo affrettato e superficiale, che non ci dia il tempo di assaporare la bellezza dello stare insieme, il tepore degli affetti, la dolce noia sottile e un po’ sonnolenta del tempo che sembra rallentare sino a fermarsi.

Abbiamo forse bisogno di un po’ di lentezza.

Milano - Luci di Natale

Il cuore di una donna.

Adesso conosco davvero i bisogni del cuore di una donna,
quel cuore palpitante che è come un uccello
che vola nel vasto cielo dell’amore.
E’ come un vaso ricolmo del vino dei secoli,
fatto per essere sorseggiato dalle anime.
E’ come un libro sulle cui pagine si leggono
i capitoli della felicità e dell’infelicità,
della gioia e del dolore, del riso e del pianto.
Nessuno può leggere questo libro
se non il vero compagno,
l’altra metà della donna,
creato per lei dagli albori del mondo.

Gibran

Il vero compagno ascolta, rispetta, ama.
Il cuore di una donna lo sa.

cinque terre

Per voi che non c’eravate.

Venticinque anni fa moriva Freddie Mercury, una delle prime vittime illustri di quella malattia allora un po’ misteriosa e socialmente ignorata che era l’AIDS, una malattia di cui non si poteva e non si doveva parlare.

Venticinque anni fa uno dei più carismatici frontman entrava nella leggenda.

Vorrei dedicare questo incredibile video, tratto dal mitico concerto di Wembley del luglio del 1986, a tutti coloro che non c’erano, che non erano ancora nati o erano tropo piccoli, e non hanno conosciuto la sua voce, la sua energia, la sua musica.

Io, quando lo ascolto, ho ancora i brividi.

Grigio.

Trascorro giornate grigie, grigio è il cielo, grigio è il volto delle persone che incontro, un grigio triste e monotono acceso qua e là solo dai colori brillanti delle foglie d’autunno.

Queste giornate novembrine che scivolano ben presto verso un buio precoce, queste giornate avvolte in una foschia che sfuma i contorni fino a rendere cose e persone quasi irreali mi gravano addosso come un peso che mi rallenta, che mi toglie energie e desideri.

Allora chiudo gli occhi e cerco dentro di me la luce e il calore del sole e le tinte accese che hanno scaldato l’estate appena trascorsa e anche il grigiore che mi circonda sembra un po’ meno grigio.

Ho già voglia d’estate.

Marocco - Ouzoud

Non basta dire “mai più”.

E’ facile, persino un po’ retorico, proclamare un “mai più” il 25 novembre, è ovvio che nella “giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” si affermi che la violenza non deve esistere, vorrei vedere se qualcuno osasse affermare il contrario.

Eppure la violenza continua ad esistere, la violenza non si ferma  davanti alle parole di sdegno e di condanna.

E allora riempiamo pure le nostre città, le nostre vie di scarpe rosse, rosse come la femminilità libera e gioiosa, rossa come il sangue versato, rosso come la forza di combattere.

Ma non limitiamoci solo alla protesta simbolica, ma impegniamoci a cambiare le cose nell’unico modo possibile, con l’educazione al rispetto della dignità e della libertà di ciascuno.

In primo luogo tocca a noi donne educare una nuova generazione di uomini, a partire dai nostri figli, uomini che capiscano la compassione e il rispetto, uomini che sappiano amare e si lascino amare, uomini che amino la libertà delle donne come la loro stessa libertà, la dignità delle donne come la loro stessa dignità.

Cavenago - Scarpe rosse

Tempo di tacchini, tempo di capponi.

Tra pochi giorni, anzi per essere precisi il 24 novembre, sarà Thanksgiving (il giorno del Ringraziamento per i non anglofoni), che negli Stati Uniti si festeggia il quarto giovedì di novembre.

Si tratta di una festa nella quale si ringrazia il Signore per l’abbondanza del raccolto, nata, secondo la tradizione, nel 1621 dopo l’arrivo dei padri pellegrini e il successo della coltivazione del mais e dell’allevamento dei tacchini nel nuovo mondo.

L’anima della festa è proprio il tacchino che non può mancare sulle tavole, accompagnato da focacce di mais, riso, patate dolci e salsa di ossicocco (mortella di palude), a torto considerata una salsa di mirtillo.

Se negli U.S.A. è tempo di tacchini dalle nostre parti, almeno a giudicare dai motori di ricerca e dalle parole-chiave cercate da chi finisce su questo blog, è tempo di capponi, ma si tratta di animali un po’ meno mangerecci e un po’ più letterari: in questo periodo dell’anno sono infatti ricercatissimi i celeberrimi “Capponi di Renzo“.

Si tratta delle povere bestie che il protagonista porta in dono (e come pagamento dell’eventuale parcella) al dottor Azzeccagarbugli, che viaggiano legate per le zampe a testa in giù e, nonostante la scomoda posizione che condividono, continuano a beccarsi fra loro.

Mi sono spesso chiesta come mai in questo periodo ci sia un “picco” nella ricerca della parola “capponi” e ho dedotto che, nelle poche classi in cui si legge ancora il Manzoni, siamo arrivati giusto giusto al terzo capitolo.

La triste morale della favola è che, siano essi tacchini o capponi, sono miseramente destinati a finire in pentola.

Lecco - luoghi manzoniani