Le vite degli altri.

E’ incredibile che, ogni volta che mi capita di accendere la televisione, mi tocchi in sorte di imbattermi in un gruppetto di persone che dibatte con accanimento degno di miglior causa dei guai giudiziari di questo o di quel personaggio, famoso o reso famoso dal fatto stesso di essere incappato in guai giudiziari di varia gravità, che spaziano dall’evasione fiscale all’uxoricidio, dall’estorsione all’efferato delitto.

E’ incredibile che desti tanto interesse questo rimestare nelle vite degli altri, con ricostruzioni minuziose, plastici, interviste a familiari e vicini di casa (anch’essi schierati fra innocentisti e colpevolisti con un accanimento degno di miglior causa).

Non voglio negare che l’informazione abbia le sue regole e i suoi diritti, non voglio negare il diritto di cronaca, ma mi colpisce che l’informazione si riduca spesso e volentieri alla cronaca nera, quella che un tempo scivolava nelle pagine più interne dei quotidiani o campeggiava con titoli “strillati” nelle edizioni serali che, parecchi anni fa, avevano un po’ la nomea di vivere sugli scandali e sulla curiosità dei lettori.

Ci troviamo così tutti seduti in un grande salotto televisivo, dove si discute animatamente sviscerando le vite degli altri, con l’illusione di partecipare, grazie ai social network, alla ricerca della verità perchè questa è la nuova dimensione di questo modo di fare spettacolo: il pubblico viene invitato ad interagire un po’ come succedeva agli spettatori della televisione raccontata nel profetico “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury.

Qual è l’utilità di una comunicazione che solletica la curiosità, che rimesta nel torbido in modo quasi morboso, che istruisce processi mediatici e pronuncia sentenze “popolari”, che cavalca la naturale propensione degli esseri umani a dividersi tra tifosi di Coppi e di Bartali, che spettacolarizza la notizia?

Lo schermo televisivo è ormai come una finestra attraverso la quale osservare miserie, dolori, povertà che forse richiederebbero un più composto riserbo.

Milanofiori

 

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