Archivio mensile:Settembre 2016

Tutti vincitori.

L’appuntamento olimpico di quattro anni fa mi aveva fatto scoprire l’affascinante mondo dei Giochi Paralimpici e ricordo che, già allora, le imprese degli atleti (soprattutto degli atleti italiani che avevano portato a casa ben ventotto medaglie) mi avevano entusiasmato, emozionato, commosso.

Gli atleti paralimpici sono atleti a tutti gli effetti, anche se caratterizzati da diversi gradi di disabilità, alcuni hanno disabilità sensoriali o neurologiche, alcuni sono privi degli arti, altri portano nel corpo i segni di gravi malattie congenite, alcuni hanno subito lesioni a causa di un incidente o in seguito a una malattia invalidante, ma tutti, proprio tutti, dimostrano una grinta incredibile, una voglia di mettersi in gioco, una indicibile gioia non solo per la vittoria di una medaglia, ma anche per il miglioramento di una prestazione personale.

Proprio per questo gli atleti paralimpici sono tutti vincitori, perchè hanno sconfitto la sorte, hanno sconfitto la voglia di piangersi addosso, di inveire contro il destino, di cedere alla rassegnazione e sonno compiere imprese che sarebbero di alto livello anche per gli atleti normodotati.

Queste donne e questi uomini ci insegnano che ogni traguardo è possibile o che, almeno, si deve sempre tentare di raggiungerlo, con la tenacia, con il coraggio, con la perseveranza.

Gli atleti paralimpici sono un’incredibile fonte di ispirazione per tutti noi.

IPC logo (2004)

Sempre la stessa emozione.

Dovrei esserci abituata, dopo una carriera più che trentennale, dopo gli anni trascorsi alla scuola elementare, alla scuola media, al liceo e sui banchi dell’università, dovrei esserci abituata, ma il primo giorno di scuola mi provoca sempre un brivido di emozione.

So già che domani mattina, quando percorrerò il breve tragitto che divide casa mia dalla scuola, sarò in anticipo, come sempre mi succede in questi casi, perchè non vedrò l’ora di incominciare un nuovo anno, una nuova avventura.

Entrerò in aula professori, per sicurezza darò un’occhiata all’orario (anche se è veramente arduo non riuscire ad imparare a memoria un orario di due ore), farò un giro di ricognizione nelle aule per accertarmi che tutto sia in ordine, che tutto funzioni, mi godrò gli ultimi innaturali minuti di silenzio dei corridoi vuoti, delle aule vuote e poi, prima che arrivino i ragazzi, berrò un caffè (a patto che la distributrice automatica non entri in agonia proprio domani mattina).

E poi il silenzio sarà spazzato via dalle voci dei ragazzi, le aule vuote si popoleranno e comincerà un nuovo anno scolastico, come sempre, come ogni anno.

Crespi d'Adda

Tutti noi…

“Io vi parlo qui del tempo in cui, ragazzi, andavamo a scuola; del tempo che vorremmo tornasse, ma è impossibile. Dei sogni, delle speranze che avevamo nel cuore; della nostra innocenza; delle lucciole che credevamo stelle perché piccolo piccolo era il nostro mondo, basso basso il nostro cielo. Vi parlo delle stesse cose che voi ricordate, e se ve le siete scordate v’aiuto a ricordarle. Di quelle cose perdute che voi ora ritrovate nei vostri figli e vorreste – tanto sono belle – che non le perdessero mai”.
(Giovanni Mosca).

Tutti noi siamo stati bambini, tutti noi siamo andati a scuola e, di quei giorni, ricordiamo solo le cose belle: i giochi con i compagni, la maestra (che per definizione era “la più brava del mondo”), l’astuccio con le matite colorate ben allineate.

Più il tempo passa e più quegli anni lontani ci sembrano brevi come un lampo e non ricordiamo più i piccoli dolori, i piccoli fallimenti, le piccole incomprensioni perchè quegli anni, passati sui banchi di scuola, sono ormai nel mondo magico delle fiabe.

Facciamo in modo che i bambini che inizieranno la prima elementare (che oggi si chiama pomposamente “primaria”) lunedì prossimo assaporino il gusto di questa magia.

pennini

Il buon vecchio Quintiliano.

Minime iracundus, nec tamen eorum, quae emendanda erunt, dissimulator; simplex in docendo; patiens laboris; assiduus potius quam immodicus. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. In emendando, quae corrigenda erunt, non acerbus minimeque contumeliosus; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam sic obiurgant quasi oderint. Ipse aliquid immo multa cotidie dicat, quae secum auditores referant.

(L’insegnante) non sia per nulla irascibile, e tuttavia non finga di non vedere i difetti da correggere; semplice nell’insegnare, resistente alla fatica, costante piuttosto che troppo esigente. A quelli che gli pongono domande risponda volentieri, e interroghi di propria iniziativa quelli che non gli chiedono nulla. Nel lodare le esercitazioni dei discepoli non sia né severo né generoso, perché il primo sentimento suscita avversione per il lavoro, il secondo sicurezza. Nel correggere quei difetti che dovranno essere corretti non sia aspro né tanto meno offensivo; infatti proprio questo allontana molti dal proposito di studiare, cioè il fatto che alcuni rimproverano come se odiassero. Egli personalmente dica ogni giorno qualcosa, anzi molte cose, che gli scolari possano portare via con sé.

Ogni anno, prima che comincino le lezioni, mi ripeto queste “istruzioni per l’uso” del buon vecchio Quintiliano (uno che di insegnamento se ne intendeva) così, giusto per ricordare a me stessa che il lavoro più bello (e più antico) del mondo richiede attenzione, empatia, accortezza, calma, pazienza e tanta voglia di entrare in classe ogni giorno per insegnare e per imparare.

scuola rurale

L’aperitivo.

L’ultimo fine settimana prima che comincino “le danze” lo passo sempre in montagna, quasi sentissi la necessità di caricare ben bene le batterie prima di tornare in classe, di solito passeggio tranquilla, mi siedo su una panchina a leggere un libro o semplicemente a contemplare le montagne godendomi il sole oppure mi concedo un aperitivo al tavolino di un bar.

Questa volta ho incontrato due signore che conosco da tempo immemorabile, la più giovane ha più o meno la mia età, la più anziana è un’arzilla ultranovantenne, lucidissima, che dovrebbe camminare con l’aiuto di un bastone, ma preferisce dimenticarselo a casa e con la quale è sempre un piacere scambiare due chiacchiere.

Abbiamo tirato tardi davanti ad un aperitivo (rigorosamente analcolico), parlando del più e del meno in modo ozioso, lasciando che il tempo ci scorresse addosso senza fretta.

Ricarica completata!

Moggio autunno

Essere o non essere (Charlie)…. un’altra volta.

Meno di due anni fa scrivevo un post nel quale, pur criticando le vignette della rivista satirica francese, ribadivo l’idea della libertà di espressione e la mia più assoluta distanza dal pensiero che la violenza delle vignette potesse in qualche modo giustificare una reazione violenta.

Allora, sull’onda emotiva dell’attacco terroristico al giornale, molti proclamavano “Je suis Charlie” e non tanto e non solo per difendere la libertà di satira e per condannare la violenza, ma anche, temo, per posizionarsi tra i “buoni” in quello che aveva tutti i contorni di uno scontro di civiltà.

Non ero “Charlie” allora e non sono “Charlie” adesso e non solo perchè oggi la scure della satira si abbatte sul nostro Paese e sui nostri morti con una violenza irridente che si rifà ai più triti stereotipi, ma perchè, pur continuando a provare un senso di acuto fastidio per le vignette, ritengo che, se i disegnatori hanno ritenuto giusto raccontarci la storia del terremoto in questi termini, è un loro diritto farlo.

Io mi riservo, oggi come allora, il diritto di critica, il diritto di non acquistare il giornale.

Il diritto alla censura e alla violenza mai.

 

E’ un inizio…

La prima riunione del collegio docenti del nuovo anno scolastico sembra una rimpatriata di vecchi amici, che si ritrovano dopo tanto tempo, eppure sono passati solo due mesi dall’ultima riunione, ma sembrano un’eternità perchè noi tutti, abituati a vederci e parlarci ogni giorno, abbiamo tante cose da raccontarci.

Lavoriamo insieme ormai da tanti anni, ci conosciamo a memoria, ognuno sa i difetti, i pregi, le piccole debolezze di ognuno, sappiamo come relazionarci, come parlare tra noi, come capirci anche senza parlare.

Stiamo seduti, un po’ ammassati, nello spazio angusto dell’auditorium, c’è il caldo appiccicoso di fine estate, ma con la testa siamo già in classe, siamo già pronti a ripartire, ad attraversare un nuovo anno scolastico, insieme, con le persone che conosciamo e dalle quali sappiamo cosa possiamo aspettarci.

Buon lavoro a tutti.