La valigia.

Quando devo affrontare un viaggio un po’ più impegnativo di una fuga per un week end di solito uso una valigia molto leggera dall’improbabile colore dorato, improbabile, ma utile quando devo aspettare in aeroporto perchè sul nastro trasportatore la mia valigia si distingue a grandi distanze fra le molte di colore più anonimo (a meno che non si sia imbarcata per ignoti lidi, ignoti e comunque diversi dai miei).

Non mi piace molto preparare i bagagli, ma è un male necessario se si vuole viaggiare e cerco di rimandare il momento fino all’ultimo, ammucchiando vicino alla valigia tutto ciò che potrebbe servirmi, ben diviso tra ciò che viaggerà nella stiva e ciò che verrà a bordo con me.

Vivo nel terrore di superare il peso consentito e così le operazioni di imballaggio sono punteggiate di dubbi di ripensamenti e di incertezze.

Guardo perplessa il cavalletto della macchina fotografica, pesante e un po’ minaccioso, e mi chiedo se sia il caso di lasciarlo a casa salvo poi pentirmi di non averlo con me quando vedrò la luna spuntare dietro un minareto nel cuore del Marocco.

Poi alla fine decido che è meglio avere un cavalletto in più e qualche maglietta in meno.

Tra calcoli algebrici e calcoli delle probabilità la valigia finalmente è pronta….

… è quasi ora di partire.

Verso Istanbul

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