Quattro passi alla mattina.

Come era prevedibile il mio ritorno in pianura ha coinciso con il ritorno del caldo e così sono passata dal maglione invernale alla canotta più fresca nel giro di poche ore (e poi qualcuno si stupisce se ho il raffreddore).

Se al pomeriggio ciondolo per casa in cerca di un angolo fresco, di un punto d’incontro delle correnti d’aria alla mattina, prima che il sole cominci a picchiare come un martello, mi sforzo di camminare un po’, magari facendo quattro passi verso le Foppe attaccandomi alla pia illusione che lo specchio d’acqua procuri un po’ di frescura ( e non solo un tripudio d’insetti di ogni forma e misura).

Non c’è silenzio lungo il percorso perchè il frinire delle cicale è l’unico suono udibile, che riesce ad annullare persino i rumori del traffico che provengono dall’autostrada, è un suono continuo, insistente, quasi metallico che, a poco a poco, diventa un’abitudine, un pezzo irrinunciabile delle nostre giornate che si attenua solo quando cede il passo al canto, più delicato, ma ugualmente insistente, dei grilli.

Ricordo di aver udito un frinire così insistente solo fra i giardini preziosi dell’Alhambra di Granada o nei parchi adorni di palme imponenti di Siviglia, ma quella era un’estate dal caldo record (anche per l’Andalusia).

Un po’ rintronata dalle cicale cammino fino allo stagno, sotto un cielo di metallo senza una nuvola,  e poi mi siedo sulla panchina in cerca di fresco e inseguo ricordi che credevo sepolti.

Cavenago di Brianza - Le Foppe

 

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