Come Dorian Gray.

Ogni tanto mi sento come Dorian Gray, ma alla rovescia.

Il personaggio di Oscar Wilde, infatti, nascondeva in soffitta un ritratto, somigliante e bellissimo, che invecchiava al posto suo e si deteriorava per la vita dissoluta del giovane che, invece, restava immutato nelle sembianze splendide e affascinanti di una bellezza pura e incontaminata.

Anch’io, dicevo, mi sento un po’ come Dorian Gray, ma alla rovescia, mi guardo allo specchio e vedo nuove rughe disegnate dal tempo, e i segni dell’età e di una vita non certo dissoluta come quella del protagonista del romanzo di Wilde, ma di una vita spesso faticosa e un po’ stressata, una vita di lavoro, di impegni, di appuntamenti, di scadenze, di piccoli grandi guai.

E poi entro in classe e vedo i visi dei miei ragazzi, visi sempre giovani, visi che non invecchiano mai (perchè quando i visi cominciano a mutare i ragazzi se ne vanno e ne arrivano di nuovi, sempre ugualmente giovani), i ragazzi sono come il ritratto in soffitta, non devono sopportare le ingiurie degli anni che passano, ma mi raccontano dei miei anni che passano, nella stessa aula, seduta alla stessa cattedra.

E’ forse questo specchiarsi in occhi che non invecchiano mai, in cuori che non si stancano mai che rende il nostro lavoro così difficile e così affascinante.

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