Archivio mensile:Gennaio 2015

Il nuovo Presidente.

Da pochi minuti il Quirinale ha ufficialmente un nuovo inquilino: l’on. Sergio Mattarella.

Per il nuovo Presidente il trasloco non sarà particolarmente faticoso, visto che dalla Corte Costituzionale, di cui è membro dal 2011, al Quirinale lo spazio è veramente breve.

Abbiamo un nuovo Capo dello Stato, un politico serio e sobrio, un uomo delle istituzioni.

Auguro al Presidente di essere il Presidente di tutti gli italiani e di lavorare, come sicuramente sa fare, per il bene di noi tutti.

Roma
 

Storia di galli e cinghiali.

Esistono diverse interpretazioni dell’etimologia del nome “Mediolanum”, secondo alcuni significherebbe “in mezzo alla pianura”, secondo altri “in mezzo alle acque” (vita la presenza di Lambro, Seveso e Olona), esiste poi una leggenda molto antica, magari storicamente improbabile, ma suggestiva: la leggenda del gallo Belloveso e della “scrofa semilanuta”.

La leggenda risale più o meno al 600 a.C., quando l’Italia settentrionale fu invasa dai  Galli guidati da  un celebre condottiero: Belloveso (il quale, nei ritagli di tempo, avrebbe dato il nome anche a Bellagio).

Il  guerriero ebbe in sogno una visione inviatagli dalla dea Belisama: un animale magico, una scrofa di cinghiale con  il pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo gli avrebbe indicato il luogo più adatto per fondare una ricca e operosa città.

Si può immaginare quale fu il suo stupore quando, in mezzo ad una pianura fertile,  proprio sotto un biancospino (che, per inciso, è la pianta sacra a Belisama) si imbatté, guarda caso, nell’animale magico del sogno:  la “scrofa semilanuta”.

Belloveso decise di fondare la sua città nel punto in cui aveva trovato l’animale e di chiamarla Mediolanum cioè “semilanuta” (medio-lanum stando all’etimologia riferita alla leggenda).

Anche se probabilmente si tratta solo di una storia molto fantasiosa la “scrofa semilanuta” è diventata uno dei simboli di Milano e fa bella mostra di sé su una parete della loggia dei mercanti.

Milano - Gennaio 2015

 

Il paesaggio lombardo.

E’ passata ieri in regione Lombardia (guarda caso in coincidenza con il Giorno della Memoria) la cosiddetta “legge anti-moschee” che, in realtà, regolamenta la costruzione di nuovi luoghi di culto, di tutte le confessioni religiose, sia per quelle che hanno firmato intese con lo Stato (come la religione cattolica) sia per quelle che non l’hanno fatto, come l’Islam.

In attesa di leggere con calma il testo mi soffermo su un aspetto, apparentemente marginale, ma che mi sembra possa avere implicazioni serie: parrebbe infatti che i nuovi di culto debbano rispettare “il paesaggio lombardo”.

Mi chiedo a  quale paesaggio s si alluda: il provvedimento si riferisce forse ai paesetti di montagna tutti stretti intorno alla chiesetta con il tetto a capanna e il campanile svettante fra gli edifici, o forse ai quartieri della periferia di Milano, tutti condomini e capannoni, stretti intorno ad una “nuova” chiesa riconoscibile a stento (se non fosse per la presenza di una croce)?

La nuova legge potrebbe rendere difficile non solo la costruzione di una moschea, ma anche di una chiesa di Mario Botta, o forse, visti i limiti relativi a distanze, parcheggi e videosorveglianza, potrebbe convincere molti che sia meglio continuare a riunirsi in luoghi più o meno clandestini.

E meno male che non è retroattiva, altrimenti anche il Duomo dovrebbe dotarsi di campanile (e adeguato parcheggio).

Sartirana - Chiesa

 

Senza retorica.

Non è facile trascorrere la giornata della memoria senza rischiare di cadere nella retorica e nell’emotività.

L’emotività e la retorica potrebbero distrarci, potrebbero indurci a relegare la shoah nella dimensione del racconto facendoci momentaneamente dimenticare che invece si tratta di storia, di storia impressa nella carne viva dei sopravvissuti che, superando l’orrore e lo strazio, continuano a testimoniare la cruda verità di quei giorni.

Abbiamo il dovere di ricordare, con lucidità, senza retorica, abbiamo il dovere di tramandare il ricordo che altri ci hanno affidato con indicibili sofferenze, perchè c’è sempre sofferenza nel ripercorrere quei giorni.

Mauthausen

Rain and tears.

“Rain and tears are the same…” cantava la voce potente di Demis Roussos, io, ragazzina da poco iscritta al ginnasio, mi ero innamorata di quella musica accattivante, di quei testi semplici (anche da tradurre), di quella voce particolare e (perchè no?) del fatto che il complesso si proponesse con un nome che per me, classicista in erba, era particolarmente affascinante: Aphrodite’s Child.

Poi sono cresciuta, ho cambiato gusti musicali, ho perso di vista gli Aphrodite’s Child, salvo poi scoprire che uno di loro, per l’esattezza Vangelis Papathanassiou, qualche anno dopo aveva firmato alcune splendide colonne sonore, tra le quali (tanto per gradire) i temi di “Momenti di gloria” e “Blade Ranner“.

Quelle canzoni, però, mi sono restate in mente così come mi è  restata nel cuore la voce particolarissima di Roussos.

Quella voce che oggi si è spenta.

la goccia

Narciso.

Narciso era un giovane bellissimo e crudele, incapace di innamorarsi di chi ha la sventura di amarlo che, alla fine, colpito da una punizione divina, vede la propria immagine riflessa in uno stagno e se ne innamora perdutamente fino al punto da cadere nello stagno e morire annegato.

Narciso è anche un fiore bellissimo spuntato, secondo alcune versioni del mito,  nel punto in cui era schizzato il sangue di Narciso suicida per non aver potuto raggiungere la sua immagine riflessa.

Da Narciso prende il nome anche il Narcisismo, nell’accezione che si riferisce ad un tratto della personalità improntato a vanità, egoismo e presunzione.

Narcisi sono un po’ anche coloro che al cospetto di un paesaggio suggestivo, di un panorama mozzafiato, di un monumento celeberrimo non esitano a scattarsi un bel “selfie” con il loro faccione in primissimo piano e dietro, in un angolino, magari un po’ sfuocata, l’immagine della Basilica di San Pietro, o del Gran Canyon, o del Partenone di Atene.

Purtroppo temo che la dilagante mania dei “selfie” non abbia solo il significato di testimoniare la propria presenza in un luogo, ma piuttosto, sotto sotto, significhi che, a prescindere dall’oggetto sullo sfondo, ciò che veramente conta è il faccione in primo piano.

Ah Narciso!

narciso

 

Una tazza di tè.

Nei romanzi di Agatha Christie, soprattutto in quelli che hanno come protagonista Miss Marple, è un po’ la panacea di tutti i mali, allevia le pene d’amore, aiuta a rispendersi da uno spavento, riscalda il corpo e lo spirito.

Devo ammettere che, anche se non sono una vecchietta dalla rigida educazione vittoriana, una tazza di tè ogni tanto mi fa veramente piacere, soprattutto dopo un pomeriggio di lavoro o dopo un giro fra i negozi affollati della stagione dei saldi (un po’ frustrata per non aver trovato quasi nulla di interessante).

Mi piace bollente, profumato, aromatico, più o meno zuccherato a seconda del momento, magari accompagnato da una fetta di torta.

Mi piace rifugiarmi in un piccolo caffè del centro, con tavolini eleganti affacciati sulle vie piene di traffico e di gente,mi piace scegliere magari tra un Earl Grey, con il forte gusto di bergamotto, e un Darjeeling, mi piace sorbire il tè con calma, lasciandomi pervadere dal calore della bevanda.

E’ uno dei piccoli piaceri della vita.

Milano

 

Chagall e i bambini.

Oggi mi sono regalata la mostra dedicata a Chagall a Palazzo Reale: si tratta di una esposizione ricchissima, piena di colori e di immagini affascinanti, dove si incontrano la tradizione russa, le suggestioni ebraiche, l’amore, l’ottimismo, la fantasia e il sorriso stemperato da una vena di dolore e da uno sguardo ironico e sognante.

Ho percorso le sale soffermandomi ad ammirare i dettagli delle opere, gli accostamenti di colore inusitati, le figure ricorrenti come l’ebreo errante o la capra che suona il violino.

Per fortuna, pur essendoci molti visitatori, la mostra è ben organizzata perciò mi è stato possibile soffermarmi su ogni opera senza difficoltà.

La cosa che mi ha colpito di più è stato imbattermi in gruppi di bambini piccolissimi (direi dei primi anni della scuola primaria) seduti a terra, a semicerchio, al cospetto dei dipinti, attentissimi alle spiegazioni e partecipi, con le manine alzate ad indicare questa o quella figura.

Mi è sembrata una iniziativa molto interessante organizzare queste visite per bambini così piccoli.

Ma forse chi meglio di Chagall, con le sue atmosfere in bilico tra il sogno e la fiaba, può avvicinare all’arte i bambini?

Chagall
 

The imitation game.

Questa sera sono andata al cinema per vedere “The imitation game“, il film ispirato alla figura di Alan Turing, il matematico e crittografo inglese celebre per aver contribuito a decrittare i cifrari tedeschi, durante la seconda guerra mondiale, e per essere considerato uno dei padri dell’informatica e dell’intelligenza artificiale.

il protagonista è interpretato con grande efficacia da Benedict Cumberbatch, il più recente e sorprendente Sherlock Holmes televisivo, stranamente sempre a proprio agio nell’interpretare personaggi intelligentissimi e vagamente sociopatici.

La fotografia è stupenda con scene suggestive come quelle ambientate nei tunnel della metropolitana di Londra durante i bombardamenti o primi piani molto intensi di militari e cittadini comuni o gli scorci delle rovine che fanno rivivere le immagini di Londra e Coventry devastate.

In sostanza il film racconta una bella storia e la racconta molto bene.

Strani incontri.

Oggi sono andata a fare una passeggiata alle Foppe, lo stagno poco lontano dal centro del paese, confidando nel cielo quasi sereno e nella temperatura non proprio rigida.

Una volta arrivata a destinazione mi sono seduta su una panchina per starmene un po’ lì ad ascoltare i miei pensieri, mentre gli occhi, oziosi e distratti, sfioravano la superficie dell’acqua in cerca di una increspatura improvvisa come un brivido o di qualche germano reale che solca le acque con maestosa noncuranza.

Mentre guardavo, come succede spesso, senza vedere la mia attenzione è stata attirata da una sagoma scura che scivolava sul pelo dell’acqua con rara eleganza.

Non si trattava di una paperetta, ma di un grosso roditore, credo una nutria, che nuotava placidamente e senza particolari timori,  si è diretta verso di me, ha nuotato ancora un po’, poi ha cambiato direzione ed è andata ad infrattarsi nel canneto.

Strani incontri.

Cavenago Foppe (gennaio 2015) - la nutria