Archivi giornalieri: 26 Novembre 2014

Tacchinarie.

Domani gli Stati Uniti festeggeranno il “Giorno del Ringraziamento” (per gli anglofoni “thanksgiving”) e, come è tradizione, tutte le tavole, tranne ovviamente quelle dei cittadini vegetariani e vegani, saranno imbandite con un troneggiante tacchino.

Come è tradizione, probabilmente dai tempi di Kennedy, il Presidente grazierà un tacchino che riuscirà così a sfuggire ad una fine gloriosa quanto cruenta.

La novità di quest’anno consiste nel fatto che la scelta tra i candidati su chi avrà la fortuna di sfuggire al forno non sarà operata dal Presidente o da qualche membro più o meno celebre dello staff, ma dalla rete, sì proprio dall’insieme di persone che popolano i social network e che, a parere di alcuni, sono gli unici depositari della democrazia diretta.

Si può dire che tra “Popcorn” e “Caramel” (così si chiamano i tacchini) assisteremo a delle vere e proprie primarie o, per meglio dire, “Tacchinarie”.

Potenza della rete!

Se hai un kuore.

Lo confesso: anche se frequento (non moltissimo) i social network sono veramente poco “social”.

Condivido poco e solitamente solo contenuti di mia produzione (come i post di questo blog) o qualche frase o immagine che trovo geniale, che possa far riflettere o anche solo sorridere, ma capita veramente raramente.

Anche con i “like” sono particolarmente parsimoniosa e commento solo quando ho qualcosa da dire (come, del  resto, mi sembra più che ovvio).

Non sopporto, invece, la pletora di post di contenuto strappa-lacrime della serie: bimbi malati, gattini spelacchiati, paesaggi deturpati  e altre fonti di indignazione assortite che vengono condivisi a profusione e che ottengono vagonate di “like”.

A parte il vaghissimo odore di “bufala” che ho sempre l’impressione di percepire spesso mi chiedo a cosa servano certi post.

Servono forse a sollevare un problema? Servono a portare a conoscenza di moltissimi una situazione critica? Servono a provocare indignazione, compassione, partecipazione emotiva?

Va bene, e poi?

Basta un “like” per esternare il proprio impegno, il proprio desiderio di cambiare?

Ci sono situazioni davanti alle quali possiamo reagire in modi differenti: restare indifferenti, rimboccarci le maniche e cercare di trovare una soluzione oppure, più semplicemente, cliccare su “mi piace”, magari condividere e commentare e poi passare ad altro.

“Se hai un kuore, Kondividi” (scritto proprio così: con le “K”) non serve a molto, non contribuisce a salvare vite umane e, personalmente, mi provoca un attacco di orticaria.