Come un geroglifico.

Quando fu scoperta la stele di Rosetta, la pietra che reca incisa un’iscrizione  in geroglifico, demotico e greco, si spalancò per gli studiosi la strada per interpretare gli ideogrammi egizi, molto probabilmente senza quel ritrovamento oggi gli egittologi brancolerebbero ancora nel buio.

Sarà per questo motivo che la sonda lanciata il 2 marzo 2004 dall’Esa è stata battezzata Rosetta.

La sonda Rosetta ha compiuto  viaggio di più di 6 miliardi di chilometri per raggiungere la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko  che ha incontrato, nello spazio, il 6 agosto di quest’anno.

La missione  consiste nel tallonare  la cometa nella sua orbita intorno al Sole, per studiarne la struttura e composizione e tentare di decifrare i meccanismi che causarono la nascita del sole e dei pianeti del sistema solare.

Domattina la sonda sgancerà un modulo automatico che andrà a posarsi sul nucleo della cometa, la discesa durerà quasi sette ore e rappresenterà una delle operazioni nello spazio più complesse mai tentate anche a causa della enorme distanza che impedisce al controllo della missione di operare in diretta (i comandi inviati dalla terra impiegheranno infatti più di mezz’ora per raggiungere quel puntino sperduto nello spazio).

Se l’operazione andrà come si spera il modulo inizierà a raccogliere ed inviare dati preziosissimi sulle comete, silenziosi, antichissimi testimoni dell’origine del nostro sistema planetario.

La sonda Rosetta, come la stele omonima, potrà forse aiutare gli studiosi a comprendere l’origine del nostro mondo e della vita.

Forse il misterioso geroglifico della origine di ciò che conosciamo sta per essere decifrato: buon lavoro Rosetta.

 

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