In classe.

Entrare in classe è una faccenda seria perché ogni giorno ho (abbiamo noi insegnanti) a che fare con una storia diversa e non può essere che così visto che una classe è composta da persone che ogni giorno si ritrovano “liberamente obbligate” a condividere uno spazio e un tempo, ma si portano appresso il loro vissuto quotidiano fatto di gioie, dolori, frustrazioni, speranze, aspettative, pregiudizi, esigenze, curiosità, indifferenze e sensibilità tutte molto “personali”.

Non c’è una formula, non c’è una regola che permetta a me insegnante di entrare in classe ogni giorno e di svolgere il mio lavoro con efficienza ed efficacia, posso preparare i contenuti, ma non posso indovinare quale “chiave” mi permetterà di trasmetterli (quante volte ho messo da parte una lezione preparata magari con fatica perché non era il momento “giusto”) , posso conoscere “tutto” delle materie che insegno, ma non riuscire a creare quella sintonia che rende il mio lavoro così bello e affascinante.

Sì perché l’insegnamento è affascinante, perché ha a che fare  con le persone, che sono tutte diverse, perché ogni giorno è un incontro con l’altro (con tanti altri) con cui condividere un cammino, con cui fare nuove scoperte (sì, anche noi insegnanti possiamo imparare tanto lavorando con i ragazzi).

La classe è un microcosmo in cui ho imparato ad entrare in punta di piedi, in cui ho imparato a leggere sguardi, a respirare atmosfere, ad adeguarmi alla situazione che trovo ogni mattina affinché le ore che trascorro lì dentro siano ricche di stimoli, di emozioni e di conoscenze per i miei ragazzi e per me.

 

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