Archivio mensile:Luglio 2013

Per gioco.

Non ho mai creduto che proibire un comportamento sbagliato sia il modo migliore per prevenirlo, non penso che sia sufficiente proibire il gioco d’azzardo per evitare il rischio ludopatia, tuttavia i frequenti casi di persone che si rovinano con il gioco e l’episodio del giovanissimo che si è suicidato dopo aver perso tutto giocando al poker on-line dovrebbero spingerci a riflettere sulle strategie da mettere in atto, possibilmente in fretta, per scongiurare queste tragedie.

E’ evidente che, soprattutto in momenti di crisi come questo, sia forte la tentazione di provare a risolvere i problemi finanziari con un colpo di fortuna, ma proprio per questo motivo lo Stato dovrebbe adottare misure adatte a scoraggiare questo preoccupante fenomeno e invece è tutto un proliferare di nuove occasioni di gioco, anche se coperte dalla foglia di fico della frase “gioca senza esagerare”.

Vanno bene le limitazioni, magari anche le proibizioni (relative all’età dei giocatori a esempio), ma prima i tutto si deve operare sull’educazione: i giocatori devono essere messi in condizione di essere veramente “liberi” di scegliere come, quando, quanto e se giocare o meno e per essere veramente “liberi” devono conoscere tutti i rischi e le possibilità, devono avere delle alternative, devono essere sostenuti in un percorso di consapevolezza.

Il compito dello Stato è quello di aiutare  chi vuole giocare a farlo coscientemente e a comprendere che non è un modo per risolvere i problemi.

Digitalizzando.

Udite, udite:  da settembre entreranno in vigore i registri digitali.

Basta con i quintali di carta, basta con i vecchi registri (branditi come una clava nella quotidiana impari lotta tra insegnanti e studenti), basta con l’appello fatto scorrendo l’indice lungo una teoria di nomi.

La scuola italiana finalmente si modernizza.

Peccato che, come al solito, si tenti di fare le nozze con i fichi secchi: se non ci sarà, da settembre, un pc (o un tablet) su ogni cattedra gli insegnanti dovranno munirsi di un numero spropositato di fogli e foglietti dove prendere appunti provvisori che poi dovranno riversare, in un secondo momento, nel computer preposto alla bisogna allogato, immagino, in aula professori (logicamente non in orario di servizio).

E che dire delle prove di evacuazione?

Bisognerà fare l’appello dei presenti a memoria? o trascinarsi appresso il pc?

Qualche dirigente paventa anche una scarsa dimestichezza con il mezzo da parte del personale docente (il che non è del tutto escluso), ma io temo che il vero problema sia infrastrutturale.

Chi mi conosce sa che non ho problemi nell’uso del computer, sa che ho imparato a gestire la Lim con entusiasmo, sa che ormai leggo praticamente solo e-book (anche a scuola): in sostanza io sono una fautrice delle “nuove” tecnologie, ma solo quando mi semplificano la vita.

Se me la complicano o mi obbligano ad un lavoro supplementare il mio gradimento crolla.

Il bello delle vacanze.

La vacanza, per me, significa non solo andare in montagna, fare passeggiate, rilassarmi nell’osservare il bosco e godere del suo silenzio (dopo la scorpacciata di decibel dell’anno scolastico), la vacanza significa soprattutto avere il tempo e la libertà di leggere, di leggere tutti i libri che voglio, anche i meno impegnativi, anche quelli “brutti” (per capire se un libro è “brutto” bisogna prima leggerlo, non ci si può limitare ad assaggiarlo).

Durante l’anno scolastico mi impongo una diversa disciplina, prima di tutto leggo (e spesso rileggo) i libri che assegno ai miei allievi, leggo (e spesso rileggo) i “classici” per trovare i testi da sottoporre ai ragazzi (da anni ormai non uso l’antologia e la scelta dei testi la facciamo insieme).

Quando sono in vacanza, invece, posso lasciarmi andare a sperimentare, a esplorare territori sconosciuti, scrittori emergenti, magari di paesi lontani e di culture diverse, posso dedicarmi alla lettura dei gialli (che adoro) scoprendo nuovi autori e nuove atmosfere.

Infilo con gioia il mio Kobo nello zaino, sicura di trovare un sasso, una panchina, un tronco su cui sedermi per concedermi qualche minuto di assoluto relax senza dimenticarmi di assaporare la bellezza delle parole e la bellezza del mondo che mi circonda.

Culmine di San Pietro 2010

Cronaca di una strage annunciata.

Oggi ho letto su Fb un accorato appello che recita così:

In Italia ogni cinque secondi muore un congiuntivo, un pronome femminile, un passato remoto. Tu puoi fare molto per fermare questo eccidio. Leggi un libro, un giornale, un fumetto. La fine di tanta sofferenza dipende anche da te“.

Non è farina del mio sacco, ma non posso che condividere questa preoccupazione per la progressiva corruzione della nostra lingua.

Aggiungo anche, con profondo cordoglio, la prematura scomparsa di tanti vocaboli uccisi da raccapriccianti neologismi, l’utilizzo sempre più relativo del pronome relativo, i “ma però” e “a me mi” che ormai imperversano indisturbati (non sono d’accordo che se un errore entra nell’uso comune lo si consideri un po’ meno errore), i periodi ipotetici sempre più ipotetici.

A tanta catastrofe c’è un solo rimedio (o forse ce ne sono tanti, ma non li conosco): leggere, leggere buoni libri, sforzarsi di interiorizzare i vocaboli e i costrutti che non ci appartengono più e tentare di infilarli, a tradimento, nei nostri discorsi e nei nostri scritti.

L’italiano è una lingua difficile, armoniosa, molto raffinata e pregnante: lasciamola sopravvivere, permettiamole di vivere.