Tutto un altro stile.

Di solito, in estate, faccio scorpacciate di telefilm polizieschi: basta trovare un canale dedicato (ma anche no) ed è un susseguirsi di agguati, morti ammazzati, irruzioni, cadaveri dall’aspetto inquietante, squadre di detectives sempre molto arrabbiati che abbattono porte, si catapultano in appartamenti vuoti, con le armi in pugno, e al grido “libero” devastano mobili e suppellettili.

Non sempre è un “bel vedere”, ma le calde sere estive e l’opportunità, visto che sono in vacanza, di non andare a letto presto  favoriscono la mia passione per il genere.

Ogni tanto, però, succede di incappare in un telefilm molto datato che appartiene a tutto un altro genere: un telefilm della mitica serie “Colombo“.

Adoro l’eterno tenente (è così bravo, ma non lo promuovono mai) dall’impermeabile tristemente stazzonato, dall’aria svagata e, apparentemente, poco furba, dal sigaro puzzolente, dall’automobile scassata, dal cane pigro e anonimo e dalla moglie invisibile.

Colombo non fa irruzione, bussa alla porta con l’aria di scusarsi per il disturbo (ma bussa sempre alla porta giusta, divaga, infila ogni tanto una domanda trabocchetto, riannoda fili pendenti senza mai impugnare una pistola.

Lo spettatore sa che nei primissimi minuti l’enigma è già sciolto (l’omicidio su cui indagare è sempre all’inizio e l’assassino, il movente e il modo sono subito chiari) e allora può abbandonarsi al piacere di scoprire come l’ineffabile tenente arriverà alla soluzione.

Ne vedo tanti di telefilm, ma Colombo ha tutto un altro stile.

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