In una delle Università più famose d’Europa si è deciso che a tutto il personale docente ci si dovrà rivolgere utilizzando il sostantivo femminile (anche per i maschietti).
Succede a Lipsia nel cuore di una nazione, la Germania, governata da una delle donne più potenti del mondo dove da ora si useranno i termini professoressa, ricercatrice e rettrice indifferentemente per uomini e donne.
In fondo si dirà che anche in italiano quando si parla dell’ amatissima prole si usa l’espressione “i miei figli” anche se si tratta di un maschio e cinque femmine, ma il contrario mi sembra una forzatura anche perchè la consuetudine vuole la sua parte.
Credo che non pochi studenti sorrideranno nel rivolgere un “buongiorno, professoressa” ad un barbuto austero accademico e probabilmente il suddetto barbuto austero accademico avrà qualche crisi di identità o più semplicemente non risponderà al saluto non ritenendolo rivolto a lui (o dovrei dire a lei).
Non credo che l’effettiva parità tra uomini e donne passi attraverso un’omologazione un po’ buffa e artefatta e non credo basti usare vocaboli declinati al femminile per eliminare le differenze, anzi credo che la vera rivoluzione sia il riconoscimento e il rispetto delle differenze.
Ma, in fondo, in Germania il sole (die Sonne) è femminile e la luna (der Mond) è maschile quindi perchè stupirsi?