Archivio mensile:Giugno 2013

Ricordi e rimpianti.

Quando l’età avanza e gli anni cominciano a frantumarsi in modo sempre più veloce si tende a lasciarsi cullare dai ricordi e a indulgere ai rimpianti, ma non bisogna farsi sopraffare da tutto ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, da ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, dalle imprese epiche che non abbiamo compiuto, dalle parole che non abbiamo detto.

Credo che sia più sano, forse, ripercorrere i ricordi che sono dentro di noi e stupirci per quanto la vita ci ha dato: oggi se guardo la vetta della Grigna so che probabilmente non salirò mai più lassù, ma so anche che molte volte l’ho fatto e ho potuto godere dello spettacolo della pianura immensa, persa nella foschia, circondata dalle Alpi che brillano all’orizzonte, so che la gioia e la soddisfazione sono dentro di me e lì resteranno finché ne avrò memoria (quando comincerò a dimenticare probabilmente non me ne fregherà più niente).

Allora il mio consiglio a chi si affaccia oggi alla vita è quello di abbandonarsi ad un moderato “carpe diem”, è quello di riempire ben bene la vita di gesti e di parole destinate a tramutarsi in ricordi che nessun rimpianto potrà mai offuscare.

Vivere il presente senza ansia, ma con il desiderio della pienezza della vita forse non sarà la felicità, ma mi sembra un’accettabile imitazione.

Grigna Rifugio Brioschi

Un po’ più soli.

La morte di Margherita Hack ci lascia tutti un po’ più soli: è stata una grande astrofisica, una grande divulgatrice che sapeva spiegare i concetti più astrusi con la semplicità di chi ha le idee chiare.

Spiegava l’universo con la sua parlata fiorentina rotonda, con il suo sguardo sempre vivace, sempre ironico uno sguardo che sembrava sempre accennare ad uno sberleffo fanciullesco: nel suo viso pieno i rughe gli occhi erano quelli di una ragazzina.

E’ stata una grande scienziata, ma anche una donna dal grande impegno politico e sociale che ha vissuto una vita lunga, ricca di lavoro, di successi,  di sorrisi, di prese di posizione appassionate e mai banali.

Ci ha insegnato a guardare le stelle non solo con amore, ma anche con il sorriso.

Un altro “grande maestro” che se ne va.

E’ proprio finita.

I ragazzi che si avvicinano alle vetrate della scuola per leggere i tabelloni con gli esiti dell’esame hanno delle facce che non conosco anzi, per meglio dire, conosco bene le fattezze, ma non riconosco le espressioni, non riconosco la luce negli sguardi.

Hanno sguardi nuovi, hanno sguardi diversi, sono già cresciuti rispetto a ieri.

Alcuni arrivano con passo veloce, altri si avvicinano guardinghi, scorrono velocemente i nomi scritti sul foglio, spesso sorridono (la prima reazione è di sollievo, poi ci sarà il tempo per qualche recriminazione, qualche rimpianto, qualche gioia sfrenata così simile all’ebbrezza), alcuni sfoderano il cellulare e immortalano i voti poi si allontanano alla spicciolata e, in quell’allontanarsi, c’è il distacco definitivo.

Da oggi non sono più studenti di questo istituto, da oggi sono in vacanza, ma a settembre non torneranno qui.

E’ incredibile, ma dopo tanti anni non riesco ancora ad abituarmi all’idea: sono proprio un’inguaribile sentimentale.

 

Di notte.

Se alla mattina il risveglio è sempre un’impresa e devo lottare con la mia pressione per raggiungere la stazione eretta (quella che caratterizza l’homo sapiens sapiens) alla sera spesso mi sento vispa come un grillo e capace di imprese mirabolanti.

Allora guardo un po’ di tv, leggo qualche capitolo di un libro (possibilmente noioso, altrimenti, se la lettura è avvincente, contribuisce a svegliarmi e allora sono guai seri) e cerco di scivolare nel sonno.

Se la manovra non mi riesce mi preparo una tisana e, mentre la lascio raffreddare un po’, me ne sto sul balcone a guardare la notte.

Mi piace lasciar vagare lo sguardo sulle strade vuote, sulle finestre buie come occhi chiusi, mi piace ascoltare il silenzio, mi piace scrutare le stelle, soprattutto nelle notti un po’ nuvolose, mi piace guardare la luna che danza attraverso i vapori del cielo, mi piace perdermi nei miei pensieri oziosi, mi piace e mi tranquillizza e, di solito, è la miglior terapia contro l’insonnia.

Luna

 

 

Io sto con Emma.

Intendiamoci: in molti casi sono una fan accanita di tutti quei giochini tecnologici che possono semplificarci la vita infatti uso un ebook-reader (che mi permette di leggere ovunque senza trascinarmi appresso volumi pesantissimi) e a scuola non riuscirei più a fare a meno della LIM (che mi permette di organizzare le lezioni con immagini, schemi, filmati e link e mi consente di salvarle e condividerle con i miei allievi).

Grazie al portatile prenoto alberghi, acquisto biglietti per il treno, interagisco con la pubblica amministrazione e in molti casi la mia vita risulta semplificata.

Tuttavia sto dalla parte di Emma.

Emma è una donna intelligente, accudisce la prole, ma dedica il tempo anche alla lettura e ai giochini di logica matematica, si occupa dell’amministrazione della casa e del lavoro anche se, probabilmente, preferisce ancora usare la carta, leggere un libro o un giornale con pagine di carta, disegnare con il suo bimbo su fogli di carta, incollare post-it sul frigo, piuttosto che usare un tablet.

Emma ha un solo difetto: un marito ipertecnologico e leggermente rompiscatole che non perde occasione per irridere la sua propensione all’uso del supporto cartaceo e che non capisce che, qualche volta, la carta può essere indispensabile.

Per questo solidarizzo con Emma e, all’occasione, mi comporterei proprio come lei.

Andante moderato.

Manca pochissimo alla fine degli esami: una sola sessione di orali, un paio di riunioni e poi cominceranno ufficialmente le vacanze.

Queste giornate, però, ne sono  già un assaggio anche perché le sto trascorrendo, finalmente, con un ritmo lento e anche se ho un sacco di lavoro da fare, anche se ho una montagna di vestiti da stirare, una casa da ripulire da cima a fondo, un frigorifero da riempire, una vagonata di piccole commissioni (sempre rimandate) da espletare, posso permettermi qualche indugio perché la giornata, senza il lavoro a scuola, mi sembra lunghissima.

Posso fermarmi in cortile a fare quattro chiacchiere, posso dare un’occhiata a qualche vecchio film in tv, posso uscire alla sera per godermi il fresco (e un gelato) e potrei persino alzarmi tardi, ma per una sorta di oscura maledizione appena non ho più la necessità di puntare la sveglia automaticamente alle sei mi ritrovo con gli occhi spalancati e nessuna voglia di restare a letto (mi fosse capitato almeno una volta durante l’anno scolastico!).

Voglio vivere fino in fondo questo ritmo lento.

Una preghiera per Madiba.

Negli ultimi giorni di scuola, in classe, abbiamo visto il film “Invictus” perchè mi sembrava un buon modo per spiegare a figura di Nelson Mandela e la nascita della “nazione arcobaleno”.

I ragazzi hanno capito la grandezza dell’uomo attraverso i gesti e le parole del film, hanno compreso la forza rivoluzionaria della sua politica inclusiva, si sono lasciati trasportare dalla narrazione che aveva tutte le caratteristiche di una bella fiaba, ma che in realtà rappresentava la storia recente del  Sudafrica.

Ora il vecchio leone lotta tra la vita e la morte, come purtroppo è naturale che sia per un uomo della sua età, anche se si tratta di un uomo eccezionale e, in questo momento, non possiamo fare altro che pregare per la sua grande, generosa anima.

Forza Madiba: il mondo al quale hai dato tanto con il tuo esempio, con il tuo coraggio, con la tua generosità è tutto lì, al tuo capezzale.

Tutto un altro stile.

Di solito, in estate, faccio scorpacciate di telefilm polizieschi: basta trovare un canale dedicato (ma anche no) ed è un susseguirsi di agguati, morti ammazzati, irruzioni, cadaveri dall’aspetto inquietante, squadre di detectives sempre molto arrabbiati che abbattono porte, si catapultano in appartamenti vuoti, con le armi in pugno, e al grido “libero” devastano mobili e suppellettili.

Non sempre è un “bel vedere”, ma le calde sere estive e l’opportunità, visto che sono in vacanza, di non andare a letto presto  favoriscono la mia passione per il genere.

Ogni tanto, però, succede di incappare in un telefilm molto datato che appartiene a tutto un altro genere: un telefilm della mitica serie “Colombo“.

Adoro l’eterno tenente (è così bravo, ma non lo promuovono mai) dall’impermeabile tristemente stazzonato, dall’aria svagata e, apparentemente, poco furba, dal sigaro puzzolente, dall’automobile scassata, dal cane pigro e anonimo e dalla moglie invisibile.

Colombo non fa irruzione, bussa alla porta con l’aria di scusarsi per il disturbo (ma bussa sempre alla porta giusta, divaga, infila ogni tanto una domanda trabocchetto, riannoda fili pendenti senza mai impugnare una pistola.

Lo spettatore sa che nei primissimi minuti l’enigma è già sciolto (l’omicidio su cui indagare è sempre all’inizio e l’assassino, il movente e il modo sono subito chiari) e allora può abbandonarsi al piacere di scoprire come l’ineffabile tenente arriverà alla soluzione.

Ne vedo tanti di telefilm, ma Colombo ha tutto un altro stile.

Brevissima fuga.

Ogni tanto ci vuole una breve fuga, magari un po’ improvvisata, in mezzo alla settimana degli orali, tra una sessione e l’altra, ci vuole perchè se è vero che gli esami sono stressanti per gli allievi, in fatto di stress anche gli insegnanti non scherzano.

E poi c’è il caldo, c’è la stanchezza accumulata durante tutto l’anno scolastico, c’è la fatica della correzione dei temi e delle prove Invalsi completata a tempo di record, ma con l’attenzione speciale che gli esami meritano.

Tutto questo giustifica la voglia di scappare e allora si cerca una meta a portata di mano, si prenota un treno veloce veloce, si trova un piccolo albergo delizioso ed accogliente e si va, anche solo per ventiquattro ore, con il desiderio di ritagliarsi una piccola parentesi di quiete.

Giovedì e venerdì siamo andati a Rovereto e non solo per rivedere il Mart (che avevamo visitato nel 2003) e la Casa Museo di Depero (che allora era chiusa), ma anche per verificare se, nonostante la malattia e la sua invalidante presenza, siamo in grado di regalarci ancora piccoli spazi di normalità.

Certo, non abbiamo più un ritmo da infaticabili globetrotter, camminiamo lentamente, spesso ci fermiamo in un bar a sorseggiare una bibita fresca, scegliamo mete dalle dimensioni ridotte, ogni tanto ci concediamo un tratto di strada in taxi, molte cose non sono più come prima, ma l’importante è non perdersi d’animo e riuscire a godere delle piccole gioie che la vita ci può offrire.

Rovereto