Cuore matto.

Se ne va un altro pezzetto della mia adolescenza, con Little Tony se ne va un protagonista di quella Italia degli anni sessanta che non conosceva ancora le canzoni di protesta o le poesie dei cantautori, ma aveva scoperto il  Rock’n’roll rivisitato in chiave italica.

Era l’epoca dei “musicarelli” , degli urlatori, degli abiti di scena tutti a lustrini un po’ sullo stile Elvis del quale si imitavano le movenze, i toni e l’aspetto.

Little tony è stato un professionista dignitoso e un brillante protagonista di quell’epoca che ha continuato a perpetuare non tradendo mai l’immagine del “ragazzo col ciuffo” che lo aveva caratterizzato negli anni in cui era all’apice del successo.

Nelle sue canzoni, nel suo modo di cantare che imitava  lo stile d’oltreoceano c’era n’ingenuità e una genuinità che mi mette ancora tenerezza.

O forse la tenerezza sta nelle pieghe della memoria, nel ricordo di canzoni che hanno accompagnato un’infanzia felice e il timido sbocciare di un’adolescenza che scopriva che ci si poteva anche innamorare sul ritmo del battito di un “cuore matto”.

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