Archivi giornalieri: 2 Aprile 2013

Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale.

Con il verso un po’ irriverente di una delle sue canzoni più celebri è iniziata l’omelia di Don Davanzo nella Basilica gremita fin nel quadriportico.

Ed è superfluo guardarsi intorno per vedere “se la gente poi piange davvero” perchè il dolore è tangibile, è un dolore sobrio, composto, quasi sorridente, un dolore che per tantissimi è fatto di ricordi, di piccoli frammenti di vita.

Quanti di noi, che pure non hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente Jannacci,  legano il ricordo al verso di una canzone, a un’immagine, a un personaggio di quel mondo piccolo di periferia che l’artista cantava con il cuore e con il talento.

Per me, milanese nata e vissuta in quartieri popolari, per me che tra i primi ricordi ho una casa di ringhiera le canzoni di Jannacci sono il ritratto palpabile della mia Milano che non c’è più, che non è più così, che forse era meno bella e meno “da bere”, ma che era popolata da “barbun in scarp de tenis” (perchè “barbun” non era un insulto, ma una costatazione) o da personaggi come il tristissimo “palo della banda dell’Ortica” , incapace di far da palo perchè non vedeva quasi nulla.

Erano personaggi “perdenti”, ma disegnati con affetto sorridente, con un umorismo surreale che faceva riflettere.

Enzo Jannacci è stato un medico, è stato un filantropo (il suo amore per l’umanità traboccava da ogni suo verso), è stato un geniale artista, ma, soprattutto, è stato un uomo che ci ha insegnato un modo originale per guardare la realtà.