Terza ora della mattinata, prima media, lezione di storia: i ragazzini sono particolarmente curiosi e desiderosi di conoscere e di capire (è già una bella fortuna), scrivo con loro lo schema sulla lavagna multimediale, loro copiano gli appunti anche se sanno che li troveranno archiviati nella cartella a loro dedicata, ma l’abitudine a scrivere sul quaderno e a redigere schemi ben ordinati con tutti i colori dell’iride, per fortuna, è ancora forte .

Sto spiegando la differenza tra Sunniti e Sciiti.

Loro ascoltano, chiedono, espongono dubbi e perplessità (è proprio una gran bella classe), ad un certo punto si alza una mano in fondo all’aula: “Scusi prof., i Sunniti c’entrano con i Sanniti?”.

Mi rendo conto che nel mare magnum dello studio della storia la variazione di una vocale è ben poca cosa e mi accingo a spiegare che, da una parte, si tratta di un orientamento maggioritario all’interno dei fedeli dell’Islam (da Sunna che, più o meno significa tradizione), mentre nel secondo caso trattasi di fiera popolazione campana (o giù di lì) che passava il tempo ad umiliare i soldati romani.

Chiarito il dubbio la lezione prosegue senza intoppi.

Mentre continuo a spiegare tra me e me mi chiedo quanti adulti, davanti allo stesso dubbio, avrebbero avuto il coraggio di esprimerlo?

E quanti adulti si sarebbero fatti sorgere il dubbio?

Per questo adoro stare in mezzo ai ragazzi.