Accenti.

E’ incredibile la propensione delle giovani italiche menti ad usare gli accenti a caso, così per assonanza o peggio per simpatia.

Tra le prima regole che ci sforziamo di insegnare i classe c’è l’uso dell’accento sulla terza persona (indicativo, presente) del verbo dare (“egli dà”) e quindi, immagino per pura simpatia, è tutto un fiorire di dò, fà, và che non hanno ragion d’essere.

In compenso sul distributore di bevande calde nell’atrio della mia scuola lampeggia la scritta “la macchina non da resto” (che con o senza l’accento mi sembra una bella ingiustizia).

E che dire di tutti gli imperativi accentati invece che apostrofati (và invece di va’, fà invece di fa’ e mi fermo qui per non rischiare di diventare volgare).

Se su “lì” e “là” l’accento va, allora perché non scrivere anche “quì” e “quà”? E infatti, forse per una questione di giustizia, gli accenti compaiono là dove non dovrebbero stare.

Una tristissima sorte spetta a   “po’ ”  che ormai normalmente viene scritto con l’accento, anche quando ha la maiuscola e indica il massimo fiume italiano.

Ma perché, in nome del cielo, non ci sforziamo di imparare poche semplici regole?  Perché continuiamo a massacrare l’italico idioma?

3 pensieri su “Accenti.

  1. ex alunna

    Condivido – purtroppo però l’uso errato di accenti e apostrofi è esteso anche alle menti italiche over 40 in contesti e ruoli lavorativi di alto livello; quel che è peggio è che a queste menti “eccelse” (come si considerano loro) non sfiora neanche il dubbio e quindi non si prendono neanche la briga di controllare prima di redigere un contratto fitto di errori grammaticali… La domanda amletica è “fare koro notare gli errori o far finta di nulla”? Spesso opto per il compromesso: non segnalo gli errori ma rispondo utilizzando il termine incriminato in maniera corretta.

  2. ex alunna

    a proposito di errori:
    sopra intendevo “loro” e non “koro” – la mini tastiera del telefonino gioca brutti scherzi…

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