Archivio mensile:Agosto 2011

Sentiti ringraziamenti.

Ho letto con interesse l’intervento di Marco Lodoli su Repubblica e ne ho tratto motivo di conforto e di sostegno nel mio quotidiano tentativo di svolgere il mio lavoro senza dare nulla per scontato, ma rimettendomi ogni giorno in discussione.

Mi sono sentita in sintonia con l’autore proprio perchè ho sempre cercato aiutare i miei ragazzi a ragionare, a porsi delle domande, a cercare le risposte, a formulare ipotesi e a verificarle pur senza dimenticare la dimensione del sentimento e della creatività.

Ho sempre cercato di creare un clima allegro nel quale l’arte di imparare e l’arte di insegnare fossero una sfida continua, una gara gioiosa e ogni piccolo passo in avanti, ogni nuova scoperta, ogni idea regalassero la soddisfazione del traguardo raggiunto e l’urgenza dello slancio per un nuovo progresso.

Ho letto con interesse l’articolo di Lodoli e mi sono sentita un po’ meno sola.

Una corsa a non arrivare mai.

Quando iniziò questa legislatura (nel lontano 2008) le mie prospettive erano di andare in pensione a sessant’anni, per raggiunti limiti di età, con trentasei anni di servizio (includendo il riscatto del corso di laurea): non mi sembrava una prospettiva rosea, visto che avevo rinunciato ad andare in pensione con quindici anni, sei mesi e un giorno (negli anni novanta) perchè allora mi pareva di essere troppo giovane per ritirarmi a vita privata, ma tutto sommato mi ero rassegnata all’idea.

Nel giro di qualche mese un provvedimento di questo governo innalzava l’età a sessantacinque anni (equiparando lavoratrici e lavoratori) e io, facendo quattro conti, scoprivo che avrei dovuto raggiungere i sessantaquattro per collezionare quarant’anni di contributi versati.

Mi sono rassegnata all’idea cercando di immaginare come mi sarei (mal) ridotta a fine carriera.

Oggi scopro che, per salvare l’economia nazionale, i miei anni di corso di laurea non possono più essere conteggiati e quindi l’asticella si sposta in là di un anno (per raggiungere i limiti di età).

In fondo si tratta solo di un anno, ma non riesco proprio a rassegnarmi anche perchè non riesco a immaginare che cosa si inventeranno nei prossimi sette anni per tenermi legata ulteriormente alla cattedra.

E mi vedo, quasi settantenne, a tenere a bada una trentina di preadolescenti dotati di nonne più giovani di me, cercando di svolgere una professione che forse non sarà usurante, ma richiede memoria, freschezza e riflessi pronti.

(per tacere dei giovani laureati che possono solo sperare in una nostra prematura, si fa per dire, dipartita, per riuscire finalmente ad insegnare)

Che tristezza.

E intanto, sul sito dell’INPS….

Eleganti geometrie.

Anche queste strane vacanze sono archiviate: strane vacanze cominciate con i viaggi al san Raffaele, nelle prime settimane di luglio, nell’afa estiva che solo Milano sa regalare, e le lunghe ore passate a fianco di mio marito a scrutare i suoi piccoli progressi.

Poi le vacanze in montagna, le brevi passeggiate con il passo ogni giorno un po’ più sicuro e il caminetto acceso tutte le sere perchè la calura estiva si era prontamente tramutata in un preludio d’autunno.

E poi, al ritorno dell’estate, il nostro breve viaggio nelle Langhe, nell’incanto delle vigne ben allineate sui pendii che sembrano disegnare eleganti geometrie, fatte di luci ed ombre, fatte di simmetrie.

E’ stata un’estate strana, un’estate breve, un’estate di ritmi lenti, di sorrisi, di piccole gioie, di mani che si stringono e di bellezza.

Bisogna saper cogliere le piccole occasioni che la vita ci dona.

Langhe Geometrie

Ambaradan.

Viviamo tempi confusi e convulsi, soprattutto in campo economico (e non solo), viviamo una situazione che qualcuno potrebbe definire con la colorita espressione “ambaradan”, in realtà ho sentito anche una versione più giocosa: “ambarabam” (forse per assonanza con Ambarabà ciccì coccò tre civette sul comò).

Il mio istinto da insegnante di storia, in casi simili, ha un sussulto e mi spinge a salire in cattedra: l’espressione “ambaradan” probabilmente fa riferimento all’Amba Aradam, una località montuosa (un’amba appunto) dell’ Etiopia dove si svolse nel 1936 una battaglia dallo svolgimento piuttosto confuso, ma dall’esito favorevole alle le truppe italiane.

Spesso resto colpita dal fatto che molte espressioni affondino le proprie radici in fatti storici dei quali abbiamo dimenticato l’esistenza, ma che sopravvivono nel linguaggio.

Sarebbe un po’ come dire un “quarantotto” con evidente riferimento ai moti che si svolsero in quell’anno.

Comunque, in qualunque modo la si voglia definire, la situazione resta confusa e dall’esito incerto e c’è poco da stare allegri.

Banalmente.

Oggi abbiamo appreso che la crisi economica c’è, ma il Paese è solido, solido è il Governo, solida la propensione al risparmio delle famiglie, solida la rete delle piccole e medie imprese.

Non c’è che dire: è consolante.

Banalmente, poco prima che venissero elargite queste perle di saggezza, me ne stavo in un rifugio che frequento abbastanza spesso, un locale accogliente, facilmente raggiungibile anche con l’automobile, buona e abbondante la cucina, simpatici i gestori, abbordabilissimi i prezzi.

Eppure, nella prima settimana di agosto, il rifugio era vuoto e il gestore guardava sconsolato il grande salone che, in passato, ho visto strapieno.

“Cosa vuol farci” mi diceva “c’è la crisi, c’è in giro poca gente e i pochi che si vedono non si fermano a pranzo”.

Probabilmente è vero che il nostro è un Paese solido, ma, a giudicare da una breve (parzialissima per carità) osservazione della realtà che mi circonda, ho l’impressione che abbiamo ancora molto da lavorare.

Assenze.

Che tristezza la commemorazione della strage di Bologna e che tristezza che nessun rappresentante del Governo fosse presente a testimoniare la vicinanza e l’impegno dello Stato nella ricerca della verità e della giustizia.

Posso comprendere che non sia facile salire su un palco davanti ad una folla poco amichevole, posso comprendere che a nessuno faccia piacere rischiare i fischi, ma l’assenza del Governo è un segnale negativo e potrebbe far pensare che lo Stato ha abdicato alla ricerca della verità e della giustizia.

Dopo tanti anni di silenzi è il momento di fare luce: lo dobbiamo alle vittime, lo dobbiamo a chi è restato e continua a farsi domande.

Scoop estivi.

D’estate è normale che si vada a spulciare tra notizie curiose che, probabilmente, in altre stagioni resterebbero confinate  in qualche recondito trafiletto imboscato fra le pagine centrali del quotidiano.

L’informazione, dopo un doveroso momento di concentrazione sui fatti terrificanti di politica estera e sulle estenuanti diatribe di casa nostra, scivola fatalmente sul meteo (troppo caldo o troppo freddo, troppo piovoso o inesorabilmente siccitoso), sulle code (o non code) dei vacanzieri, sui consigli per la dieta e l’abbronzatura, sui delitti insoluti (un evergreen), sugli amori e i disamori di campioni dello sport o di vip più o meno reali.

Uno dei filoni più apprezzati è quello delle scoperte scientifiche curiose: come la notizia che, secondo uno studio inglese, il cervello umano sarebbe arrivato al capolinea, l’intelligenza umana non avrebbe più possibilità di evoluzione e, anzi, saremmo in presenza di un fenomeno di involuzione.

A giudicare da certi ragionamenti che si sentono in televisione o nei bar direi che non ci sono dubbi.