Stranieri fra noi.

Entrano nelle nostre case, curano i nostri anziani, vengono da tutti i continenti con alle spalle storie di fame e spesso di guerra, hanno la nostalgia di ciò che hanno lasciato al loro paese, qualche volta i figli che non vedono crescere, i loro anziani che nessuno accudisce.

L. lavora in casa mia, arriva alla mattina sorridente, se ne va al pomeriggio sorridendo, è affettuosa con mia madre e nell’incoscienza dei suoi vent’anni non ha nostalgie, non ha ricordi preziosi del suo paese, quel che resta della sua famiglia è qui, in Italia, come lei da tanti anni, si sente italiana a tutti gli effetti ad onta della sua pelle scurissima che denuncia la provenienza dall’Africa equatoriale, parla una lingua babelica, strano miscuglio di italiano, francese, dialetto lecchese e chissà quale dialetto africano guarda la vita con fiducia e ci resta male se  incontra la disonestà e lo sfruttamento.

Certo qualcuno la guarda in malo modo a causa del suo aspetto esotico, ma come potrei fare a meno di lei, del suo aiuto, della sua gioia di vivere?

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