Giornalismo di razza.

Se ne va in pensione Bob Woodwar, il giornalista del “Washington Post” che con il collega Carl Bernstein nel 1972 scoprì lo scandalo Watergate che portò all’impeachment del presidente Nixon nel 1974.

I due cronisti, che sono praticamente diventati un mito del giornalismo, hanno rappresentato, per la mia generazione il potere della stampa libera, la forza dell’inchiesta che ricerca i fatti e li porta alla luce senza lasciarsi intimidire, anche se, nella ricerca della verità, capita di inciampare in personaggi di calibro sempre più grosso, fino ad arrivare al massimo livello.

In realtà nell’immaginario collettivo i due protagonisti hanno il viso di Robert Redford e di Dustin Hoffman, gli interpreti del film “Tutti gli uomini del presidente” che, ripercorrendo il libro scritto dai due cronisti, racconta l’inchiesta giornalistica in modo magistrale.

Negli ultimi anni, tuttavia, Woodward era caduto in disgrazia per aver taciuto il proprio ruolo di rilievo nel Ciagate, accusato dai colleghi di insabbiare gli scoop per poi utilizzare le informazioni nei suoi libri, accusato dall’opinione pubblica di collusione col potere.

E’ una ben triste parabola discendente, da leggendario paladino dell’informazione, da campione del giornalismo d’assalto a mesto pensionato impastoiato in una rete di reticenze e di silenzi.

[Si veda anche qui.]

1 pensiero su “Giornalismo di razza.

  1. riccardo u.

    In effetti, l’involuzione di Woodward è desolante. Tuttavia penso che della sua azione di giornalista si debba sempre tener presente la parte migliore, quella cioè dell’uomo serio (perchè informato) e coraggioso.
    Ora, spesso chi dimostra di possedere cervello funzionante e schiena diritta vien considerato una via di mezzo tra Don Chisciotte ed Azzeccagarbugli.
    Ma secondo me, la dignità non ha prezzo; ci sono già troppi bambolotti, in giro!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.