Quel piccolo negozio.

I miei ricordi d’infanzia sono legati ad un quartiere di Milano, l’Isola Garibaldi, e ad una via in particolare, quella in cui vivevo, dove si aprivano le minuscole vetrine di tanti negozi: la merceria, vicina al portone di casa mia, il prestinaio proprio di fronte, accanto al fruttivendolo con la frutta e la verdura in bella mostra sul marciapiedi, più avanti la drogheria con i suoi aromi di spezie e di caffè, subito dopo la cartoleria dove acquistavo i quaderni, i pennini e la carta assorbente e all’angolo la salumeria con i profumi di formaggi e prosciutti che per me sono quasi come la madeleine di Proust.

I negozi non erano solo luoghi dove acquistare le merci, ma possibilità di incontro, di rapporti sociali e di aggregazione del quartiere.

Al giorno d’oggi, soprattutto nei centri meno popolosi o dove la gente vive solo nelle ore serali, magari perchè lavora in città, i negozi chiudono ad uno ad uno non riuscendo più a reggere la concorrenza con i grandi centri commerciali che sono competitivi sia per i prezzi che per l’assortimento delle merci.

Sono spariti, nel paese in cui vivo, i negozi più antichi, dove si vendeva di tutto, gestiti da negozianti entrati nella storia della comunità e i locali sono stati occupati da agenzie immobiliari, agenzie di lavoro interinale o banche, con grande dispiacere degli anziani che si trovano a disagio nei supermercati dove è praticamente impossibile scambiare quattro chiacchiere.

E’ di questi giorni la notizia che a Cavallasca, un paese di poche migliaia di abitanti in provincia di Como, non esiste più nemmeno un negozio di generi alimentari e il Comune, per venire incontro alle esigenze dei cittadini, si è lodevolmente attivato per organizzare un sistema di rifornimenti con l’aiuto degli ambulanti.

I piccoli negozi forse non rispondono più alle leggi di mercato e alla concorrenza, ma la loro chiusura è proprio un pezzo di storia che se ne va.

3 pensieri su “Quel piccolo negozio.

  1. riccardo u.

    Anch’io (però a Cagliari) ho vissuto da bambino e da ragazzino in un ambiente molto simile, che mi ha lasciato ricordi e sensazioni in effetti assimilabili a quelli ed a quelle di cui parli nel post.
    Mi pare che oggigiorno siamo come tanti Charlot, che si muovono confusi e frenetici sotto le luci abbaglianti e la musica (spesso pessima) di questi centri commerciali, ipermercati ecc.
    Sembrerò un luddista, ma ho assaporato il gusto dell’incontro e della stessa “contaminazione” linguistica proprio in questi negozietti.
    Beh, che dire? Mala tempora currunt.

  2. Alberto

    Di tutto questo, che io osservo girando per paesini sperduti che nella mia ultima visita un negozio o un bar l’avevano e che adesso hanno solo il deserto, sono responsabili i Governi. Basterebbe la detassazione per mantenerli in piedi.

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