Cinquant’anni di Lego.

Cinquant’anni fa, in una fabbrica danese di Billund, venivano alla luce i primi mattoncini destinati ad avere un incredibile successo in tutto il mondo, tanto da essere considerati il giocattolo del secolo.

Ricordo le prime confezioni entrate in casa mia come regalo natalizio per mio fratello, che si era sempre rifiutato categoricamente di avvitare le sbarrette di Meccano (per una strana ingiustizia in casa mia le “costruzioni” di legno, di metallo o di plastica erano considerate un gioco da maschi), ricordo delle scatole minuscole con pochi pezzetti bianchi, rossi o blu semplicissimi, senza tanti orpelli che richiedevano incredibili sforzi di fantasia per creare qualcosa che assomigliasse anche solo vagamente alla realtà.

Non c’erano ancora omini agghindati da vigile del fuoco o da cavaliere medievale, motori, ruote dentate, mattoncini multicolori, tetti spioventi, pneumatici di ogni misura: c’erano solo mattoncini “da uno”, “da due”, “da quattro” o “da sei” con i quali inventarsi incredibili combinazioni.

Mio fratello costruiva funivie, tirando gugliate di lana attraverso tutto l’appartamento, poi appendeva le pesantissime precarie cabine ai fili che regolarmente si spezzavano provocando l’immediata distruzione del manufatto con conseguente diaspora dei mattoncini sotto tutti i mobili.

Oppure creava incredibili aerei, di dimensioni mostruose, che regolarmente si aprivano in due, vittime di inevitabili cedimenti strutturali, lasciandolo in preda a un profondo scoramento.

A poco a poco la sua collezione divenne imponente, poi, quando mio fratello crebbe, i mattoncini finirono chiusi in alcuni fustini di detersivo nel ripostiglio e lì rimasero fino a quando mio figlio non raggiunse l’età della ragione (quella in cui si capisce che il Lego non va inghiottito, ma assemblato) e allora furono riesumati e divennero la base su cui costruire un impero.

Ricordo camerette invase da mattoncini colorati (che si infilavano dappertutto) e il caratteristico rumore dei pezzetti di plastica sparpagliati sul pavimento nella spesso vana ricerca del tassello mancante.

In fondo è anche grazie al Lego che i ragazzi di casa sono diventati degli adulti pazienti e fantasiosi.

6 pensieri su “Cinquant’anni di Lego.

  1. mammamsterdam

    Ma non mi sembra, i miei figli ne vanno pazzi (anche per i videogiochi), piuttosto mi sembra che genitori e nonni a volte regalino le cose sbagliate. Noi abbiamo subito bandito i Playmobil e altre serie poco serie e a casa nostra entrano sempre e solo i Lego (siamo appena passati ai piccoli, ma i Duplo sono sempre lì di supporto) e i binari e i trenini di legno.

    E le creazioni diventano sempre più ampie e ingengose. adesso abbiamo ferrovie su più livelli, con salite, discese e dislivelli dal divano, al tavolino, al pavimento e un acquedotto di Lego.

  2. abel

    son sempre più convinto che è grazie al Lego che più generazioni son cresciute sane…ultimamente scarseggiano purtroppo, e nei ragazzini si vede..e tanto…

  3. Fe

    Mitici mattoncini… giocavo più con quelli che con le Barbie, adoravo costruire case e arredarle. Anche io li conservavo del bidone del detersivo! Lego e Barbie sono gli unici giochi che ho conservato … chissà in un futuro … se avrò un bimbo/a ….

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