Un post di Giuliana di qualche giorno fa mi ha fatto riflettere sul mondo dell’infanzia: si parla di una festicciola di compleanno di due bimbe di cinque anni e dei regali che spaziano dalle famigerate Winx, alle mai dome Barbie, a indumenti come minigonne e sandaletti forniti di tacco.
Non ricordo i miei cinque anni, riesco a ricostruire i miei giochi solo attraverso qualche fotografia, ma ricordo gli anni seguenti, ricordo i giochi estivi, le interminabili costruzioni di capanne di rami e foglie dietro la casa, quando il gioco consisteva nel progettare, procurarsi i materiali e raccontarsi a vicenda una storia che, in qualche modo, motivasse la necessità di un rifugio dove trovare riparo.
Ricordo i pomeriggi trascorsi in estenuanti partite a nascondino, che non finivano mai, o in gare a palla avvelenata e a bandiera che non richiedevano giocattoli costosi, ma solo la voglia di divertirsi e di stare insieme.
Quando pioveva c’erano le costruzioni di legno, la tombola, le carte da gioco o una signora molto anziana, quella che ci affittava le stanze per i mesi estivi, che ci radunava vicino al camino e, mentre continuava a sferruzzare, raccontava storie fantasiose o spaventose.
Noi bambini, che abitavamo nelle case affacciate sulla piazzetta, eravamo sempre in gruppo, vivevamo all’aperto e rientravamo in casa solo per mangiare, per andare a dormire o quando le mamme riuscivano fortunosamente ad acchiapparci e ci imponevano una sosta per svolgere i compiti delle vacanze.
Ho giocato tanto, da bambina, non mi sono mai annoiata e penso che il gioco abbia contribuito a fare di me quella che sono, abbia sviluppato la mia fantasia, la mia creatività, la mia curiosità.
Mi fanno tristezza i bimbi di oggi che, nonostante o forse a causa dei moltissimi giocattoli ipertecnologici e di gran moda, riescono comunque ad annoiarsi.