Guardo il cielo attraverso i vetri, sì lo so che siamo ancora in autunno, ma fa così freddo che ormai sembra già inverno e il cielo è livido, biancastro, striato di macchie di luce, un cielo opaco e gelido, un cielo basso e spesso che sembra pesare sul mondo.
L’aria non è limpida, ma velata, mi sembra quasi di avere le lenti appannate, i colori s’impastano in un unico grigiore uniforme e non riesco a distinguere i particolari del paesaggio: tetti, alberi spogli, strade si confondono in un un’unica visione omogenea e senza contrasti.
Lo so che non è ancora inverno, ma questo è già un cielo nevoso, che il sole non riesce a ferire, è un cielo incombente ed inquieto.
Eppure, più su, tra le mie montagne, in giornate come questa, velate e nebbiose in pianura, si aprono squarci di azzurro intenso, di un azzurro che in estate è difficile trovare.
Se guardo la valle vedo una coltre compatta di nubi, un mare tempestoso che copre città e campagne, cancellandone l’esistenza, è un mondo scomparso, inghiottito da nulla e dal silenzio, ma qui le cime, coperte di neve, si stagliano nitide nel cielo sereno e la luna, bianchissima ed evanescente, si affaccia timida dalla cresta del monte.
In giornate come questa la nostalgia delle mie montagne diventa quasi dolorosamente palpabile.