Quando ero bambina ogni tanto i miei genitori mi portavano a fare una gita fuori porta, allora mi sembrava un’avventura (anche perchè tutti i viaggi con la vecchissima Fiat 600 con le porte controvento erano epici).
Allora Milano era più piccola e anche Chiaravalle, con la sua abbazia, sembrava una meta lontana, poi, nel tempo, mi sono abituata a considerare il campanile svettante ai margini della tangenziale, come parte integrante della città.
Sono tornata di recente a visitare il monastero che rivive in tanti ricordi della mia infanzia e l’ho trovato assolutamente all’altezza delle mie aspettative.
C’è ancora l’elegante campanile svettante la mitica “Ciribiciaccola” della filastrocca che mi recitava la nonna:
C’è lo splendido chiostro con il capitello angolare, l’unico originale, sopravvissuto alle devastazioni di età napoleonica, che rappresenta il nodo infinito.
C’è l’interno asimmetrico dove gli apparenti errori nell’alternarsi degli stili architettonici e della teoria delle finestre sono, in realtà, errori voluti per simboleggiare l’imperfezione umana.
Ogni tanto capita di incontrare, nel chiostro, nella cripta o su per la scala un monaco, avvolto nel suo saio, con il cappuccio alzato che cammina a passi lenti e pacati in un’atmosfera dove il tempo sembra sospeso.
Tutto sommato vale proprio la pena di fare una scappata da quelle parti.