La difficoltà di essere “bravi ragazzi”.

Riprendo solo ora la notizia, apparsa sulla stampa e nei telegiornali, del ragazzo di Ischia che si è suicidato in seguito a presunti episodi di “bullismo” nei suoi confronti.

Ho voluto riflettere con calma sulla vicenda ed approfondire il discorso avviato a proposito di un caso, purtroppo tragicamente analogo, capitato lo scorso anno a Torino.

Allora avevo insistito sulla necessità di educare alla diversità, oggi vorrei invece focalizzare l’attenzione su un aspetto diverso, ma complementare.

Essere “bravi ragazzi” è difficile e impopolare, essere studiosi, o “secchioni”, come si dice in gergo, non paga: stranamente in un mondo che ha fatto della performance e del successo una “religione” il successo scolastico, i voti alti, il profitto ineccepibile non sembrano degni di considerazione.

Sarà forse perchè il buon rendimento scolastico si ottiene solo con l’applicazione e lo studio sistematico, con l’attenzione in classe ed il rispetto per il lavoro proprio e altrui che sono merce rara al giorno d’oggi.

Succede che chi decide di studiare in modo serio, magari per aprirsi la strada per svolgere, da adulto, una professione gratificante, sia visto come uno “sfigato” che “perde” sui libri il tempo che gli altri passano a divertirsi, al quale non interessa una carriera da “tronista” o da “velina” (per le quali, si sa, servono poco talento e preparazione quasi nulla).

Penso che il compito della famiglia e della scuola sia proprio quello di fortificare chi ha inclinazioni e comportamenti positivi, di sostenere chi, in un mondo con i valori così scombinati, si sente irrimediabilmente diverso ed escluso, perchè un adolescente che si sente diverso ed escluso è terribilmente solo, non ha un gruppo di riferimento, uno specchio in cui riflettere la sua immagine e compiacersene e la solitudine può portare, in un momento di fragilità, alla disperazione.

7 pensieri su “La difficoltà di essere “bravi ragazzi”.

  1. Sciura Pina Autore articolo

    Temo piuttosto che famiglia e scuola non abbiano gli strumenti e la forza sufficienti per contrastare in modo efficace la mentalità imperante.

  2. Rossella

    Mi sembra molto giusto quello che dici. Però è veramente difficile, e l’unica cosa che riesco ad immaginare di poter mettere in pratica (pensando anche a mio figlio, che non avrà 3 anni per sempre) è quella di incoraggiarlo da appena sarà possibile a coltivare un interesse, una passione insieme ad un gruppo di persone da poter frequentare parallelamente alla scuola: che ne so, a seconda delle attitudini, da un gruppo scout a una squadra di scherma a un corso di nuoto all’insegnamento di uno strumento musicale…
    E poi mi sembra che si possa solo stare molto attentamente in ascolto, soprattutto delle cose che non mi dirà. Mamma mia, che responsabilità. E che bella impresa, anche.
    Rossella

  3. Laura

    Crescere oggi non è facile, forse è ancora un pò più difficile di quando frequentavo io la scuola media e poi le superiori. Ma alla fine ognuno deve andare avanti, in un modo o nell’altro. E sai… io ero una “sfigata” (anzi credo che qualcuno lo pensi ancora oggi di me) ma ho trovato il mio punto di forza nei miei genitori e nei professori e, sebbene sia stato difficile, ce l’ho fatta e sono andata avanti per la mia strada, alla ricerca dei miei sogni diversi dall’essere “tronista”.

  4. Elisabetta

    anch’io sono sempre stata presa di mira perchè ero brava, soprattutto alla scuola media. i miei genitori e gli insegnanti mi hanno sempre spronata a fare del mio meglio e per me sì il successo scolastico è diventato quasi una religione. infatti non sono riuscita a trovarmi un lavoro decente e sto facendo il dottorato. magari senza cadere in questi eccessi è necessario spronare alla “resistenza” verso i compagni invidiosi o ignoranti che non perdono occasione per prendere in giro chi non è come loro. io ho adottato questi stratagemmi: passavo i compiti senza problemi, tanto io studiavo e se loro copiavano ma non capivano un tubo poi durante interrogazioni e verifiche si arrangiavano (vendetta postuma); e poi sono sempre stata molto vanitosa, al liceo mi ricordano ancora come quella che portava la minigonna. i luoghi comuni vanno sfatati, anche quelli che le “secchione” sono “racchie” 🙂

  5. Alfredo

    “Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino” ENZO BIAGI.
    Probabilmente , e non è una ricetta sicura, bisognerebbe tornare effettivamente alle cose serie, quelle che hanno contato per i nostri genitori e i nostri nonni. Lo studio serio è una strada maestra per i “giovani di oggi” che hanno davvero la possibilità di optare per qualsiasi indirizzo scolastico. Di questi tempi le performance richieste non sono quelle che dovrebbero passare tramite la preparazione, rispetto per il prossimo, serietà, onestà, ma l’arrivismo, la presunzione, l’arroganza, l’evasione fiscale, xenofobia, ecco sono questi i totem attuali. Siamo sicuri che le responsabilità siano della scuola, del mondo dello sport o delle parrocchie, o sempre degli altri, oppure bisogna tornare alle parole di Enzo Biagi e ripartire da lì?

  6. Papa` Volontario

    E` proprio dalla famiglia che bisognerebbe cominciare: come si puo` pretendere che i figli crescano bene se sono proprio i genitori a violare le regole e ad insegnare la cultura del “fatti furbo”?

    Io da piccolo tutti gli anni dalle medie al termine delle superiori li ho vissuti in solitudine, e infatti anche oggi non ho piu` alcun rapporto con i miei ex compagni di scuola. E meno male che c’erano i miei genitori che mi hanno sempre appoggiato e spronato.

    Comincio a perdere un po’ le speranze per questa povera Italia, una soluzione fattibile che vedo e` andarsene via, all’esterno. E mi spiace per tutte le brave persone che ci sono, e che sono proprio tante ma che hanno cosi` poca visibilita`!

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