Archivio mensile:Ottobre 2007

Un problema ciclico.

Come ho avuto modo di scrivere commentando Catepol per me il ciclo mestruale non è più un problema, se l’anagrafe non è un’opinione, ad un certo punto della vita, chi prima, chi poi, tutte noi ( sì proprio noi: l’altra metà del cielo) ci imbattiamo nel fenomeno benedetto/maledetto che chiamiamo menopausa.

Anche prima di questi anni, tuttavia, le mestruazioni non sono mai state un problema: ho sempre fatto sport, ho sempre fatto trekking, ho sempre viaggiato con o senza, anche perché non ho mai sofferto di particolari disturbi eccetto qualche ora di emicrania e un po’ di tachicardia.

Ho sempre considerato le mestruazioni un fatto assolutamente fisiologico, pertanto ne ho sempre parlato liberamente: a questo proposito ricordo che, qualche anno fa, alla vigilia di una gita scolastica a Parigi, mi ero ritrovata a discutere con le ragazze della mia classe su date, cicli e disturbi connessi in modo molto naturale e leggero.

Tuttavia in passato mi è capitato abbastanza spesso di dover soccorrere e tranquillizzare qualche ragazzina che, non essendo stata adeguatamente preparata dai genitori, aveva avuto le prime mestruazioni a scuola e le aveva affrontate con paura e vergogna perché, è inutile dirlo, soprattutto in alcune famiglie di certe “cose” non si parlava e le ragazze erano venute a conoscenza del fenomeno attraverso i racconti, misteriosi e vagamente imbarazzanti, delle compagne più grandi.

Questo ci ha spinto, come docenti, ad affrontare il discorso in classe, con maschi e femmine, perché è giusto che anche i ragazzi siano a conoscenza dei cambiamenti che caratterizzano maschi e femmine nella difficile età della preadolescenza.

Certo sarebbe tutto più semplice e naturale se alcuni genitori fossero un po’ meno reticenti.

via senza aggettivi

In attesa dell’inverno.

E’ appena cominciato l’autunno e già desidero l’inverno? No, sicuramente non è così, non c’è nei miei pensieri l’attesa della neve e del freddo, non sogno stagni ghiacciati e nebbie algide che avvolgono alberi dai rami spogli, non scruto attraverso i vetri freddi le tenebre che scendono lente dopo brevi giornate di pallido sole.

E allora?

Allora, molto più semplicemente vorrei pubblicizzare il nuovo contest fotografico lanciato da Andrea che ha come tema l’inverno.

Ho dato un’occhiata al mio archivio di immagini e ho già trovato alcune foto che potrebbero essere interessanti, ma vorrei aspettare l’arrivo del freddo e della neve per cercare di realizzare qualche scatto originale, anche perchè i premi in paglio sono veramente appetibili.

Comunque chi fosse interessato al concorso, al regolamento e ai premi (succulenti) può cominciare a dare un’occhiata qui.

Buona partecipazione e buona fortuna a tutti.

Nodo al fazzoletto.

La Birmania è ancora lì, il regime è ancora lo stesso, anzi forse è ancora più feroce mentre si spengono le luci dei riflettori e l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è attratta da altre notizie.

Alla Croce Rossa si nega il permesso di visitare i detenuti e verificarne le condizioni di salute, visto che il regime continua a negare anche la presenza stessa di detenuti politici, e poco importa se Amesty International continua a denunciare arresti di oppositori.

La mancanza di informazioni, il silenzio dei telegiornali e della stampa fanno sì che le notizie scompaiano e sicuramente tra qualche mese faremo fatica a ricordare di esserci interessati della Birmania, ma la Birmania è sempre lì e le sue condizioni non sono mutate.

Per questo motivo, per quanto poco possa servire, vorrei ribadire il concetto….

Free Burma

In certi casi è indispensabile fare un nodo al fazzoletto: non possiamo dimenticare.

Senso di responsabilità.

Quando ero piccola e camminavo in montagna con i miei genitori ogni tanto cedevo alla tentazione di raccogliere una pietra e scagliarla verso la scarpata che fiancheggiava il sentiero “per vedere di nascosto l’effetto che fa”.

Allora mio padre si fermava, mi prendeva in braccio per parlarmi guardandomi negli occhi e, con la sua voce ferma che non ammetteva repliche, mi spiegava pazientemente che i sassi non si tirano “…perché quando sono fuori dalle tue mani non sai dove possono andare e chi o cosa possono colpire”.

Questo, secondo me, è un piccolo esempio di come si educa al senso di responsabilità: senza alzare la voce, senza adirarsi, ma con fermezza e pazienza e facendo attenzione a non trascurare nessuna occasione.

Quante volte ho pensato alla semplice pedagogia di mio padre quando ho visto bambini e adolescenti comportarsi in modo irresponsabile, forse perché nessuno si era mai preso la briga di spiegare loro che si è sempre responsabili delle conseguenze dei propri gesti.

E così quando vedo “Pierino” che, dopo aver causato un bernoccolo in testa ad un compagno, scagliando a tutta forza una ghianda, mi guarda stupito e si giustifica con un “Non l’ho fatto apposta, stavo solo giocando” mi arrabbio.

Ma mi arrabbio ancora di più con i genitori, latitanti nell’educare, ma sempre pronti a giustificare: il bimbetto cerca di cavare un occhio al compagno con la matita “Sono cosa da bambini”, l’adolescente approfitta del week end per allagare i corridoi del liceo “Sono bravate”, il giovane tira un petardo allo stadio “ma in fondo è un bravo ragazzo” e così via.

E’ proprio vero: genitori non si nasce, si diventa.

Anche questa è una buona notizia.

Sul Corriere di oggi leggo che al Mipcom di Cannes sono in netto ribasso le quotazioni dei reality show e che le emittenti televisive sembrano orientate all’acquisto di altri format. Si prospetta quindi un futuro senza isole, fratelli, fattorie, farm, circhi e compagnia bella?

Con buona pace di chi sostiene di non aver mai guardato queste trasmissioni, per la gioia di quanti ritengono che siano deleterie soprattutto per gli adolescenti si prefigura un tempo nel quale i reality saranno solo uno sbiadito ricordo.

Troppo bello per essere vero!

Un piccola idea.

Oggi è il “Blog action day“, il giorno nel quale più di quattordicimila bloggers di tuto il mondo si sono impegnati a scrivere un post su tematiche ambientaliste senza. peraltro, snaturare la linea e lo stile del proprio blog.

Perciò, come mi capita spesso, scriverò di scuola: la scuola dove insegno si trova in una zona periferica del paese, servita da una strada piuttosto stretta e, alla mattina e al pomeriggio, in coincidenza con l’inizio e la fine delle lezioni, il traffico è veramente congestionato.

Le auto dei genitori si accalcano in doppia fine nei pressi dei cancelli d’ingresso, alcuni genitori non si prendono neppure la briga di spegnere il motore, i bambini escono alla spicciolata camminando a zigzag tra le auto o sfiorando con le biciclette le portiere.

Oltre all’evidente pericolo per l’incolumità dei passanti l’ingorgo di auto, costrette a procedere a passo d’uomo (anzi di bambino), sicuramente contribuisce a peggiorare la qualità dell’aria e anche l’inquinamento acustico non è da sottovalutare.

Al quadro già poco roseo che ho delineato si aggiunga l’autobus che trasporta i ragazzini che abitano più lontano, che deve destreggiarsi tra auto, biciclette e malcapitati pedoni, procedendo a velocità ridottisime e inondando di gas di scarico tutta la zona.

Per ovviare a questi inconveninti l’amministrazione Comunale, in accordo con la dirigenza scolastica ha avviato un progetto, denominato “Percorsi sicuri: vado a scuola a piedi da solo”, che consiste nell’addestrare i bambini a raggiungere la scuola in piccoli gruppi, rigorosamente a piedi, su percorsi sorvegliati, nei punti strategici, da genitori e volontari della Protezione Civile, a questo scopo sono state tracciate piste ciclabili e pedonali che raggiungono le diverse zone del paese.

E’ una picola idea che può contribuire ad insegnare ai bambini, ed ai loro genitori, che l’automobile può anche essere lasciata a casa e non fa mai male fare quattro passi a piedi, o una bella pedalata.

a scuola

Profumi e sapori d’autunno.

Ormai da diversi anni Moggio, il paesino della Valsassina dove trascorro gran parte della mie vacanze, ospita una manifestazione “Profumi e sapori d’autunno” che attira molti turisti fra le stradine invase dai tavoli carichi di ogni ben di Dio.

Si tratta di una “ghiotta” occasione per visitare questo angolo di valle, assaggiare prelibatezze tipiche della cucina robusta e genuina di montagna e degustare del buon vino.

Domani (domenica 14 ottobre) la via principale si animerà di chioschi e tavolini, sarà invasa da voci, colori e profumi, intanto oggi le vie del paese hanno vissuto la stessa animazione intorno alle braci dove cuociono le castagne che riempiono l’aria con il loro caratteristico aroma.

Il profumo delle caldarroste è uno dei miei agganci della memoria: quando stringo fra le mani il sacchetto di carta bollente o addento la polpa bruciacchiata, assaporandone la dolcezza un po’ rustica, mi rivedo bambina in una Milano un po’ meno da bere e un po’ più umana quando, agli angoli delle strade, era facile incontrare i venditori di caldarroste e mio padre me ne comprava un cartoccio, una pagina di giornale arrotolata a cono piena di castagne caldissime, che mi scaldava le mani e mi scaldava il cuore.

castagne

Amarcord: gli esami di riparazione.

Oggi gli studenti sono scesi in piazza per contestare, tra le altre cose, la reintroduzione degli esami di riparazione, i famigerati esami a settembre fonte di incubi e patemi per intere generazioni di giovani menti.

Chi appartiene alla mia generazione li ha vissuti sulla propria pelle e sicuramente ricorda certi anni scolastici con un finale al cardiopalmo, sul filo della sufficienza, quando bastava mezzo voto a compromettere il lavoro degli ultimi mesi, ricorda certe “interrogazioni di recupero” affrontate dopo “secchiate” mostruose che vertevano sul programma di tre mesi, ricorda i calcoli statistici di altissimo profilo per determinare la quota salvezza.

Per l’amor di Dio, un esame a settembre non era un dramma, ma rappresentava un’estate passata sempre con i libri al seguito, costose ripetizioni private e l’atmosfera vacanziera irreparabilmente guastata dalla spada di Damocle dell’esame che ti aspettava là, al varco, al termine dei mesi di riposo.

In alcune materie non avevo problemi, frequentavo il liceo classico e masticavo latino, greco, italiano, storia e filosofia senza gravi difficoltà, mi piaceva anche la fisica e adoravo la storia dell’arte, mentre ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la matematica e le scienze, berciò in quelle discipline il mio profitto era decisamente “borderline”, diciamo che mi affidavo alla clemenza della corte contando sul fatto che se mi ero iscritta ad un liceo “classico” e non “scientifico” un motivo doveva pur esserci.

E fu così che in seconda liceo (che corrisponde al quarto anno nelle scuole meno “originali”), dopo una ragionata sottovalutazione della chimica ed alcuni litigi con il professore (era da poco passato il sessantotto e si chiamavano contestazioni studentesche) mi ritrovai rimandata a settembre con un tre.

Come nel peggiore degli incubi l’esame andò male (anche perché in due mesi è veramente arduo imparare una materia praticamente ignota) e fu così che mi ritrovai di nuovo in seconda.

Ora non so quanto avrei potuto imparare di più con i debiti formativi, ma sta di fatto che la chimica non l’ho mai più digerita e penso che “deve” esistere un modo per recuperare le lacune accumulate, ma non ho ancora capito quale sia.