Archivio mensile:Giugno 2007

Maturità.

E’ inutile affidarsi a maghi e profezie, sensitivi e pendolini, amici di parenti introdotti nelle stanze dei bottoni, fantomatiche soffiate provenienti da lontane ambasciate, anniversari della nascita, della morte, del premio Nobel o del primo dente: quando finalmente vengono rese pubbliche le tracce (…e quest’anno è capitato a tempo di record) c’è sempre un sentimento a metà tra la delusione e “l’avevo detto io”.

Come sempre succede c’è qualche errore nella formulazione dei titoli (quest’anno è capitato al Padre della lingua Italiana): e così si attribuisce a San Tommaso l’elogio di San Francesco e San Domenico, mentre anche il più sprovveduto fra gli studenti ha sentito parlare, almeno una volta nella vita, dell’intento dantesco di sottolineare le diatribe tra gli ordini religiosi…e pazienza chi non fa non falla (però un po’ di rigore non guasterebbe).

Tra le tracce quella relativa ai “luoghi dell’anima” (saggio breve per l’ambito artistico letterario) ha avuto una certa risonanza in rete se persino questo blog (dove compare un post abbastanza remoto di argomento analogo) ha avuto parecchi accessi dai motori di ricerca…mi chiedo chi fosse a ricercare…qualche studente dotato di mezzi tecnologici sicuramente non consentiti, qualche genitore desideroso di collaborare magari per via telepatica, qualche insegnante interessato a farsi un’idea sull’argomento? Domande senza risposte!

E oggi tocca alla seconda prova, latino e matematica per i licei, ho letto da qualche parte che sono dei veri e propri spauracchi: ricordo che,  quando affrontai l’esame e mi dovetti misurare con una tostissima versione di greco, avrei pagato di tasca mia per ritrovarmi con una prova di latino, magari lunga e difficile, ma pur sempre latino, perbacco!

Ricerca di chiavi.

Tante volte ho scritto a proposito delle chiavi di ricerca, ma oggi vorrei cambiare un po’ l’ordine delle priorità e vorrei affrontare un problema che, almeno per me, è piuttosto spinoso: quello della ricerca delle chiavi.

Non so voi, ma io ho un sacco di chiavi che tendono ad infilarsi negli angoli più reconditi e a smaterializzarsi, guarda caso, proprio nel momento in cui sarebbero più utili: cioè quando devono aprire qualcosa (magari il cancello, magari sta piovendo a dirotto, magari non ho l’ombrello e anche se lo avessi non avrei comunque mani a sufficienza per reggerlo, tenere la borsa e cercare nella stessa le stramaledette chiavi).

Nella mia borsa allignano in ordine sparso le chiavi di casa (in un elegante portachiavi), le chiavi della casa in montagna (con appeso un orsetto Winnie the Pooh che dovrebbe facilitarne il rinvenimento), le chiavi dell’armadio dell’aula di informatica (che devo custodire a prezzo della vita e, solitamente, ripongo con cura in un vezzoso sacchetto di cuoio), la chiave del caffè (dove sono memorizzati molti più soldi di quelli che di solito ho in tasca) e per fortuna non guido, quindi mi risparmio le chiavi dell’auto.

Poichè in genere le chiavi sono oggetti metallici il loro peso tende a raccoglierle sul fondo della borsa, al di sotto di portafogli, libretti di assegni, telefonini, buste varie, documenti, rossetto, sigarette e accendini, perciò, alla bisogna, mi tocca “ravanare” in modo inverecondo nella speranza di rinvenirle in tempi non biblici.

Spesso succede che, a tradimento, si produca una fessura nella fodera della borsetta: in questo caso, logicamente, le chiavi vi si infilano tutte trulle e si acquattano tra la pelle e il tessuto, tintinnando beffarde ad ogni movimento, senza peraltro farsi trovare.

Ho un brutto rapporto con le chiavi che mi procurano perdite di tempo e di autostima, infatti esco sempre stremata dalla ricerca e, ogni volta, mi riprometto di riporle in una tasca separata, magari chiusa da una bella cerniera…poi, invariabilmente, appena finisco di usarle le getto sbadatamente nella borsa dove spariscono immediatamente.

Sto meditando di farne una collana (non so quanto elegante) da portare sempre al collo, al solo scopo di evitare un esaurimento nervoso.

A proposito di maestri.

Sto passando queste giornate (per la precisione queste mattinate) ad osservare i miei allievi tutti intenti nello svolgimento degli esami scritti, nella scuola e nella classe c’è un silenzio insolito, un’atmosfera quasi ovattata, innaturale, anche i ragazzi mi sembrano diversi dal solito, mi sembrano più timidi, più riflessivi, più “pulitini”, praticamente in “alta uniforme da esame”.

Li guardo e rifletto sui percorsi che li hanno portati a questo esame: percorsi diversi a partire fin dalla nascita, diverse situazioni socio-economiche, diversi ambienti culturali, diversi stimoli, diverse esperienze, persino diverse alimentazioni, ma tutti si trovano ad affrontare l’esame di stato in condizione di assoluta uguaglianza.

E’ in situazioni come questa che mi torna in mente la lezione di Don Milani, che in qualche modo ha sempre orientato il mio modo di essere insegnante: ” Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali “.

La frase, tratta da “Lettera ad una Professoressa”, è sempre stata il mio modello di comportamento: tante volte mi sono chiesta quale sarebbe stato il rendimento scolastico di un ragazzo se la sua storia fosse stata “differente”.

Con ciò non voglio dire che ciascun di noi è predestinato al successo o all’insuccesso e non può modificare la situazione, logicamente ha una grande importanza l’impegno che ciascuno di noi mette o non mette in quello che fa.

Vorrei però sottolineare che noi insegnanti dobbiamo tener conto del fatto che qualche ragazzino trova più ostacoli, più difficoltà o, al contrario, la strada spianata per il solo fatto di essere nato in una famiglia dove i libri sono merce rara oppure no, dove si parla in dialetto o in italiano forbito, dove si trascorrono le vacanze giocando per le strade del paese o visitando i musei di Parigi e, di conseguenza, dovremmo adattare il nostro insegnamento alle loro esigenze, insegnando competenze più che contenuti, mettendo l’educazione linguistica e la padronanza degli strumenti espressivi al centro dell’esperienza scolastica e non limitarci, come a volte succede, a registrare asetticamente i successi gli insuccessi.

Seguendo l’insegnamento di Don Milani io ho sempre cercato di affinare questa sensibilità, di lavorare con e per i ragazzi nel tentativo di colmare le lacune che ciascuno, a causa del proprio vissuto, si porta dietro anche perchè, come diceva l’illustre pedagogo, “I care” ho a cuore i miei ragazzi e il loro futuro.

Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati“.

Come era prevedibile…

Ho passato la giornata di ieri a ritemprarmi dalle fatiche delle ultime settimane di scuola e a provare il mio nuovo giocattolo.

In realtà ho impiegato un sacco di tempo a leggermi il manualetto di istruzioni (che ha le dimensioni di un volume dell’Enciclopedia Britannica) e poi a fare prove di tutti i tipi con la luce naturale, con la luce artificiale, con la priorità dei tempi, con la priorità dei diaframmi, con la sensibilità più o meno alta eccetera eccetera.

Le ultime fotografie le ho scattate alla sera e, visto che, come sempre, il cavalletto sta al sicuro in montagna (dove peraltro è utilissimo), mi sono ridotta ad appoggiarmi, per non muovere la macchina, ad un cestino dell’immondizia, mentre la mia fedele amica faceva da palo (un po’ imbarazzata) e i passanti mi guardavano con una espressione tra l’incuriosito e il preoccupato.

Nei prossimi giorni comunque renderò pubblici i risultati dei miei esperimenti…per ora regalo a tutti una rosa.

rosa

Regalo.

Oggi è il mio compleanno: ho toccato i fatidici 54, ormai mi sono rassegnata da tempo all’idea di avere girato la boa del mezzo secolo (mezzo secolo!) e veleggio, col vento in poppa, verso…la terza, quarta età…

Eppure, tranne che nelle giornate in cui ho mal di schiena, non mi sento così vetusta, per lo meno è da parecchio tempo ormai che il corpo e il cuore non vanno più in sincrono, dentro di me c’è ancora una ragazza, ma è sotto sequestro.

E meno male che oggi è domenica: di solito il giorno del mio compleanno lo passo a fare esami, interrogare o correggere elaborati molto elaborati.

Per festeggiare e un po’ per consolarmi mi sono fatta un regalo: una digitale nuova e così ieri ho approfittato del pomeriggio assolato per un collaudo.

Sono tornata a casa tutta contenta e soddisfatta dei risultati e adesso vi propino l’ennesima foto scattata, però, con la macchinetta nuova…

riflessi nel laghetto

Questione di preliminari….

Forse non tutti sanno che gli esami di terza media prevedono la presenza di un Presidente esterno (di solito il Preside di un altro istituto) che ha il compito di garantire la regolarità delle operazioni.

In genere il nome del prescelto viene comunicato alle scuole verso la fine di maggio e, se si tratta di persona nota, come spesso succede, si tira un sospiro di sollievo o ci si abbandona a vivaci e scomposte manifestazioni di sconforto a seconda che la persona in questione sia più o meno gradita al collegio docenti.

Alcuni presidenti sono dei veri artisti nello scombussolare i calendari di scritti e orali (spesso stilati in lunghe settimane di contrattazioni con le altre scuole che hanno qualche insegnante in comproprietà) ad uso e consumo delle loro esigenze personali, altri, in nome del rigido rispetto delle regole, assistono a tutti gli esami orali provocando vere e proprie crisi di panico ai ragazzi, altri ancora, infine, criticano l’operato degli insegnanti magnificando, per converso, il perfetto funzionamento della loro scuola (del quale logicamente si attribuiscono il merito).

Per fortuna questi personaggi sono una sparuta minoranza ed, in genere, i presidenti svolgono il loro lavoro con serietà e rispettando l’autonomia degli insegnanti.

La prima riunione con il Presidente è definita “preliminare” e serve per conoscersi e per mettere a punto l’organizzazione dell’evento.

Se, come è successo nella mia scuola ieri, il Presidente non è una persona conosciuta, i primi momenti della riunione sono piuttosto imbarazzanti, ci si scruta reciprocamente per cercare di intuire con chi si ha a che fare, ci si esprime in modo cauto e volutamente generico senza scoprire troppo le carte per cercare di capire se si è in sintonia oppure no.

Poi, appena rotto il ghiaccio, quando si capisce che, tutto sommato, siamo tutti lì per svolgere il nostro lavoro in modo sereno (come è successo nel nostro caso) cominciano a serpeggiare i primi sorrisi e i primi sussurri: di solito questo è il segnale che si lavorerà in modo tranquillo, regolare e, quel che più conta, tenendo sempre presente il bene dei ragazzi.

Effettivamente i “preliminari” sono importanti….

…e oggi tocca alla prova scritta d’italiano.

Notte prima degli esami…

La notte prima degli esami ho quasi sempre dormito come un ghiro (cosa che peraltro mi capita fin troppo spesso), in genere quasi nulla riesce a turbare i miei sonni, di solito, alla sera, sono così esausta che, come amo ripetere, non mi addormento…svengo.

L’unica volta che ho provato l’ebbrezza dell’insonnia è stata la sera prima dello scritto del concorso riservato (nell’ormai lontano 1984).

Mi ero laureata da qualche anno e avevo vissuto una vita da precaria vagabondando da una scuola all’altra in cerca di fissa dimora, da molti anni non erano stati indetti i concorsi ordinari, ma solo qualche corso abilitante, e la scuola italiana pullulava di insegnanti che, pur avendo lavorato nella stessa sede ormai da più un lustro, era ancora di fatto precaria.

Nel 1984 vennero rimesse in gioco tutte le cattedre non occupate stabilmente dal personale di ruolo (credo che in provincia di Milano ce ne fossero, solo per lettere, quasi un migliaio) ed ebbero inizio le danze.

Contemporaneamente fu indetto un concorso riservato agli insegnanti che avevano un’anzianità di servizio in una classe di concorso ( io avevo insegnato italiano e storia alle superiori e quindi presentai la domanda insieme a quella per i concorsi ordinari di tutte le materie per le quali era prevista una laurea in lettere classiche).

Il concorso riservato era, teoricamente, più semplice e quindi mi concentrai sulla preparazione dell’ordinario per materie letterarie nella scuola media inferiore che era molto più tosto e praticamente si svolgeva quasi contemporaneamente.

Fu così che la sera prima del “riservato” mi accorsi di avere studiato pochissimo e, per gestire l’ansia, mi aggiravo per la casa con un bicchiere di latte tiepido cercando di ritrovare il sonno perduto.

Decisi di leggere qualcosa di soporifero e la scelta cadde sulle “letture critiche del Decameron” di Luigi Russo, che non è un testo proprio noioso, ma a notte fonda aiuta: così lessi il commento alla prima novella della prima giornata, quella di “ser Ciappelletto” e finalmente riuscii a chiudere occhio e a riposare per il resto della notte.

Il giorno dopo mi presentai allo scritto con la mia proverbiale incoscienza senza un testo, senza un appunto, senza un “bigino” e, soprattutto, senza un santo in Paradiso e ascoltai la dettatura dei temi: uno, più o meno, suonava così “Il candidato esponga in una lezione, indirizzata ad una classe del triennio, una novella del Decameron”.

Non credevo alle mie orecchie, la più grande (e forse unica) botta di c*** della mia vita, scrissi il tema di getto e superai brillantemente la prova: poi, in realtà, non ho mai più insegnato alle superiori anche perchè, avendo superato il concorso ordinario con altrettanto successo, ma meno fortuna, ho preferito scegliere una cattedra alle medie inferiori…a cento metri da casa mia.

Chiarezza.

Dopo aver letto la notizia secondo la quale il cardinal Martino avrebbe affermato che il Vaticano smetterà di finanziare Amnesty International per la sua posizione a favore dell’aborto, mi sembra giusto pubblicare alcuni stralci della replica di Amnesty Italia:

” ... precisa di non aver mai ricevuto finanziamenti dal Vaticano o da organizzazioni che dipendono dalla Chiesa Cattolica. ….”
Lo Statuto internazionale dell’organizzazione per i diritti umani recita, all’art. 1: “Amnesty International è indipendente da governi, partiti politici, chiese, confessioni religiose, organizzazioni, enti e gruppi di qualsiasi genere e svolge la propria attività prescindendo da ogni tendenza a loro propria”.”

Inoltre, giusto per chiarire la posizione dell’Associazione:

…Amnesty International pertanto chiederà agli Stati di:

• fornire a uomini e donne informazioni complete riguardanti la salute sessuale e riproduttiva;
• modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire;
• garantire che tutte le donne con complicazioni sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno;
• garantire l’accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute.

Sulla base della policy adottata, Amnesty International:

• non svolgerà campagne generali in favore dell’aborto o di una sua generale legalizzazione;
• non giudicherà se l’aborto sia giusto o sbagliato;
• non consiglierà a singole persone di proseguire o interrompere una gravidanza;
• non prenderà posizione sul fatto che una donna debba o meno abortire nelle circostanze sopra descritte, ma chiederà agli Stati di assicurarle la possibilità di ricorrere all’aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate alla negazione di questa possibilità;
• naturalmente, proseguirà a opporsi a misure di controllo demografico coercitive come la sterilizzazione e l’aborto forzati. “

Questo, secondo me, si chiama parlar chiaro.

Via Amnesty International Sezione Italiana

Corriere della Sera

LaRepubblica

On the road.

Le vacanze in arrivo fanno pensare ai viaggi, alle strade che ciascuno di noi percorrerà per andare altrove, via dal lavoro, dalle sudate carte e dalla vita quotidiana, agli incontri che ciascuno di noi farà, ai paesaggi, inconsueti e suggestivi, che i nostri occhi, assetati di nuovo, potranno ammirare.

Storie di viaggi nelle quali non è tanto la meta che conta, quanto il cammino (forse mi sono fatta contagiare dalla pubblicità di una nota auto o dalla voce suadente di Jeremy Irons).

La mia generazione ha fatto della strada un mito, forse per questo motivo amo tanto viaggiare, ma viaggiare con lentezza, senza farmi prendere dalla smania di rispettare tabelle di marcia o scadenze, viaggiare in treno o, meglio, percorrere lunghi tratti a piedi, su antiche vie, inseguendo le orme di chi mi ha preceduto per secoli.

Quindi ringrazio Andrea che ha lanciato il contest “Click on the road”, con un richiamo esplicito all’idea del viaggio del percorso, cito testualmente:

una raccolta di scatti fatti dalla strada (quindi strade, viale, vie, sterrati, mulattiere, tunnel, vicoli, gallerie, camminamenti, passeggiate, piste ciclabili ecc..).”

Io ho già aderito e ho inviato le foto delle mie strade che, ovviamente, sono tutte sentieri di montagna e viuzze nei boschi da percorrere lentamente, con grande attenzione a ciò che mi circonda.

Click on The Road

Autoreferenzialità…

Ho letto attentamente i post di Kromeboy e Pseudotecnico (con i relativi commenti) e, devo confessare (mea culpa, mea culpa), che, soprattutto negli ultimi tempi, mi sono fatta contagiare da questa tendenza virale e modaiola che imperversa nella blogosfera.

Capisco che questi comportamenti “drogano” l’ambiente regalando credito e visibilità  indiscriminatamente, anche a blog che hanno poco o nulla da dire, ma credo tale notorietà sia un fenomeno momentaneo, una meteora che brucia in un attimo, fa tanta luce, ma sparisce altrettanto in fretta senza lasciare traccia di sè se non un po’ di cenere (che bella metafora!).

Intendo dire che se un blogger ha una posizione in “blogbabel” da “blogstar”, ma non ha nulla da dire, prima o poi è destinato a sparire…in buona sostanza: arrivare in alto con mezzi e mezzucci non è difficilissimo, difficile è continuare a proporre contenuti di qualità.

Se l’unica preoccupazione di un blogger fosse quella di trovare tutti i modi possibili e immaginabili per scalare le vette delle classifiche, forse farebbe meglio ad occupare diversamente il proprio tempo, tuttavia mi sembra legittimo cercare di farsi conoscere in un mondo così gremito di voci.

Navigo da troppo poco tempo nella blogosfera per averne capito in pieno le dinamiche (il mio primo post risale all’ottobre del 2006), ci ho messo un po’ ad addentrarmi in questo nuovo (per me) linguaggio e l’ho fatto, come è logico che accada, con l’entusiasmo e l’ingenuità un po’ imbranata del neofita, ma ho imparato ad utilizzare meme, z-list e quant’altro per farmi conoscere e per conoscere nuovi blog, leggere i post e decidere quali, a mio insindacabile giudizio, dovevano rientrare nel mio aggregatore…di solito, nelle mie scelte, non mi faccio influenzare dal pagerank.

Comunque accolgo il consiglio a darmi una calmata per quanto riguarda meme e compagnia bella (lo scambio dei link l’ho bandito fin dall’inizio, nel mio blogroll ci sono solo i blog che, a mio parere, meritano di essere letti).

Un discorso a parte meritano le ripercussioni che i comportamenti “virali” hanno sui blog commerciali…ma questa è un’altra storia…

…(In fase di pubblicazione vengo a sapere via Wolli’s Weblog di una nuova trovata la “BlogStar Death Match”, ma logicamente, per una questione di coerenza con il nuovo corso inaugurato sopra…non ci metto il link).