Silenzi.

Vicino a casa mia, in montagna (vicino si fa per dire, saranno almeno due chilometri) c’è un piccolo convento di Carmelitane, ospitato in una villa tra i boschi e io ho preso l’abitudine di andare a fare quattro passi, di solito nel pomeriggio, quando il tempo non promette nulla di buono e quindi è meglio non avventurarsi sulle alte vette, per andarle a trovare.

In realtà vado a trovare Suor Virginia, che è quasi mia coetanea, vive in monastero, in stretta clausura, da più di vent’anni e prima di prendere i voti lavorava in un ospedale.

E’ una donna molto simpatica, sempre allegra e sorridente, quando mi faccio annunciare la sento scendere di corsa le scale, poi ci incontriamo, divise dalla grata, e ci salutiamo in modo festoso.

Non deve stupire questa mia amicizia, in realtà, superato il primo momento di imbarazzo e perplessità che sempre mi prende quando penso alla vita monastica di clausura, le nostre chiacchiere sono quelle di due vecchie amiche, che si vogliono bene e sono desiderose di condividere esperienze, pensieri e sentimenti.

Le parlo della mia famiglia, del mio lavoro, dei problemi degli adolescenti con i quali condivido buona parte del mio tempo, lei ascolta attenta, fa domande argute, perchè non tutto le è chiaro, io infatti tendo a dimenticarmi che la sua vita, all’interno del monastero, le preclude la conoscenza di alcuni fenomeni che per me sono “normali”.

Per esempio conosce internet, sa cos’è un blog, è a conoscenza degli avvenimenti della politica internazionale e dei dibattiti che animano la vita del nostro paese, ma non ha mai visto un centro commerciale e non riesce nemmeno ad immaginarselo e sa cos’è una fotocamera digitale perchè le ho mostrato la mia e le ho spiegato, mentre mi ascoltava stupita, che non è più necessario un rullino e le foto sono subito visibili sul display.

Lei ascolta tutto e sorride indulgente, il suo sguardo interessato, ma lontano, mi dà la misura di quanto siano poco importanti, dal suo punto di vista, alcune delle preoccupazioni che assillano la nostra giornata, è come se avesse imparato a guardare il mondo da lontano.

Intorno c’è un grande silenzio e si tende naturalmente a parlare sottovoce e, a poco a poco, la grata che ci divide non è più un ostacolo, ma diventa una soglia, un punto di contatto tra due mondi solo apparentemente diversi e separati, ma che si intersecano in modo indissolubile.

Ogni tanto mi chiedo che cosa possa spingere una persona, al di là della fede, a rinchiudersi tra quattro mura, a scegliere di restare “prigioniera”, ma poi mi rendo conto che anche certe nostre “prigioni” senza sbarre, tra lavoro, abitudini, convenzioni e convinzioni, in fondo non sono meno soffocanti.

L’unica vera differenza è che le nostre “prigioni” sono piene di stress e di affanni, la sua è un’oasi di serenità.

la grata

6 pensieri su “Silenzi.

  1. Sw4n

    Non l’ho mai scritto, ma vado spesso anche io a parlar con una monaca di clausura mia amica.

    Rilassante. ne esco rigenerato. Quando posso.

  2. Gala

    Bellissimo questo post, mi ha fatto riflettere su una realtà che conosco poco. Forse le prigioni senza sbarre sono ancora più soffocanti di quelle che le hanno perchè non hanno confini. Chissà…

  3. Captain's Charisma

    Anche la sorella di un mio crissimo amico è monaca di clausura e anche lei, come la tua amica, mi sembra sempre serena e felice nella sua oasi…forse ha avuto ragione lei…

  4. Gianluca

    Forse il segreto è capire che non sono fuori, ma all’interno di noi stessi i segreti del mondo.

    Questo l’ho sentito dire da Susanna Tamaro che anche lei si chiude in clausura dalla 7:00 alle 12:00 di ogni sera: non vede tv, non sta con nessuno, ma solo e in solitudine con se stessa …

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