L’arma del delitto.

Quando viene commesso un omicidio una delle prime circostanze oggetto di indagine è l’arma del delitto.

Se si tratta di un’arma da fuoco si può stabilire il calibro e si può risalire alla marca e al modello con relativa semplicità (sono un’attenta seguace di Carlo Lucarelli), se si tratta di un’arma da taglio le cose si complicano un po’ di più, ma nel caso di un oggetto contundente, usato come una clava, è un bel problema.

Non a caso il cosiddetto “Delitto di Cogne” (chissà gli abitanti di Cogne come giubilano) resta tuttora un mistero, l’arma è un oggetto contundente: nelle ultime udienze del processo la difesa sostiene uno scarpone (quindi verrebbe dall’esterno, presumibilmente), l’accusa un mestolo (quindi più casalingo).

Comunque sia non credo che si riuscirà a fare piena luce su questo delitto, a meno che non sopraggiunga una confessione inaspettata e, almeno per ora, improbabile.

Se io dovessi compiere un omicidio saprei cosa usare, in realtà l’idea non è mia ma di Roald Dahl (sì lo “scrittore per bambini” autore della “Fabbrica del cioccolato).

In un suo racconto l’autore immagina un delitto consumato tra le mura domestiche: la moglie ammazza il marito, senza tanti complimenti, colpendolo violentemente con un cosciotto congelato che poi cucina e serve, tutta premurosa, agli affamati poliziotti estenuati per l’inutile ricerca dell’arma del delitto.

Mi sembra un’idea semplice e geniale, utilizzabile a patto di possedere un congelatore delle giuste dimensioni e un po’ di sangue…freddo.

11 pensieri su “L’arma del delitto.

  1. Sciura Pina Autore articolo

    No, parlavo in linea teorica…anche perchè tra delitto di Cogne e Lucarelli è facile farsi suggestionare.
    Comunque è sempre positivo aver sotto mano un buon metodo…
    🙂
    Sciura Pina

  2. kiara

    Io la Franzoni la odio, m’indispone la sua faccia, chè la pelle di solito non mente mai..
    Il cosciotto nel congelatore c’è sempre, non si sa mai, vivendo in campagna devo tenermi pronta ad ogni cosa..
    Baci.

  3. Fabrizio

    Io sono appassionatissimo dei vari CSI, CSI Miami, CSI New York, ecc… Non ho mai letto molti gialli, nonostante mi piacciono molto, ma questa del cosciotto proprio non la sapevo.

  4. La Vale

    Anche io amo alla follia Lucarelli e il suo modo pacato e geniale di esprimersi ma questo post non è classificabile come istigazione a delinquere?

  5. Paolo

    Quella del cosciotto è un’idea che ho visto anche in qualche vecchio film… assolutamente geniale, vero!!! Basta però non sbagliarsi ed usare un budino: risulterebbe tutto molto più complicato!!
    Un saluto, Paolo.

  6. guerrilla radio

    “Bisognerebbe distribuirla nelle università, la requisitoria del sostituto procuratore generale Vittorio Corsi di Bosnasco al processo di Cogne. Soprattutto la parte in cui il magistrato illustra la storia di questo processo celebrato negli studi di Porta a Porta, Costanzo Show e Matrix (Mentana aveva promesso di non occuparsi mai di Cogne: infatti…) e giunto irrimediabilmente deformato nelle aule di giustizia. Dalle parole di questo magistrato all’antica, studiosi e studenti trarrebbero ricchi spunti di riflessione sugli ultimi lasciti del berlusconismo: la tv giudiziaria e la giustizia televisiva. Grazie a Vespa, a Mentana e all’avvocato Taormina, la signora Franzoni è stata la cavia su cui, per 5 anni, si è sperimentato il modello di difesa berlusconiano su un cittadino comune. Con effetti devastanti per il cittadino normale ma soprattutto per quel che resta dell’informazione e della giustizia in Italia. Che poi le requisitorie dei processi d’appello alla Franzoni e a Berlusconi siano arrivate lo stesso giorno, è una di quelle astuzie della storia che portano a credere nella divina provvidenza. Cosa fa Giorgio Franzoni, padre dell’imputata, quando le cose per la sua «Bimba» si mettono male? Ingaggia un avvocato-deputato di Forza Italia, Taormina. «Voglio sentirgli dire – tuona al telefono – che aprirà un’inchiesta sui carabinieri», cioè sul Ris di Parma che ha il torto di indagare sulla figlia. Poi fa pressione su vari ministri di Berlusconi («Far intervenire il ministro della Difesa», «Nel governo abbiamo appoggi»). Sua moglie telefona alla segretaria del presidente della Camera Casini: «Mio marito conosce bene l’onorevole». Se Casini solidarizza pubblicamente con Dell’Utri alla vigilia della sentenza, darà una mano anche alla Bimba. Il resto lo fanno le interviste sapientemente dosate in tv e ai rotocalchi, le lacrime a comando («Ho pianto troppo?»), le gravidanze in serie, le foto in bikini col marito in Sardegna o nella piazza del paese, versione baby sitter con bambini, e le orde di tele-fans che sciamano verso il Tribunale di Torino, come nelle gite delle pentole e nelle visite alla Torre di Pisa, come i guardoni dei vip in Costa Smeralda. Nel processo berlusconizzato e lelemorizzato i fatti non contano più nulla. Conta il reality show. L’imputato non è più la mamma rinviata a giudizio e condannata a 30 anni in primo grado, ma tutti gli altri, puntualmente denunciati da Taormina: i vicini di casa, i pm e il gip di Aosta, il colonnello del Ris, i consulenti del Tribunale, i giornalisti non allineati. «Se i giudici non scagioneranno la Bimba, dovranno essere distrutti», annuncia il patriarca Franzoni, mentre il premier Silvio distrugge i suoi («cancro da estirpare», «doppiamente matti»), tempestandoli di calunnie, denunce, ispezioni, procedimenti disciplinari. Come i colleghi avvocati-deputati del Cavaliere, Taormina provvede alla difesa «dal» processo: tira in lungo, denuncia e attacca tutti, da Aosta chiede di passare a Torino, e da Torino a Milano, e alla fine risulta pure lui indagato per certe false impronte lasciate dal suo staff per depistare. «Questo ­ dice allibito il Pg ­è uno dei casi più semplici di “figlicidio”: le statistiche dicono che sono una ventina l’anno, perlopiù commessi da madri. Tanti sono rapidamente chiariti e dimenticati. Per questo, dopo 5 anni, ancora ci si domanda se l’imputata è innocente perché non confessa, o perché si teme di ammettere che un delitto così orrendo sia stato commesso da una madre “normale”. Ma è il processo che è anomalo: la difesa l’ha imposto come se si venisse dal nulla, come se non ci fossero i fatti, le prove». I fatti, le prove: roba da tribunali, non da tv, nel paese che affida le sentenze a Vespa, Palombelli, Crepet; nel paese dove chi racconta il bonifico da 434 mila dollari Berlusconi-Previti-Squillante è un pericoloso eversore. La mamma di Cogne, intercettata, aveva persino confessato («Non so cosa mi è success… cioè, cosa gli è successo»). Ma nessuno, nelle 73 puntate di Porta a Porta, ne ha mai parlato. Sennò il presunto «giallo di Cogne» finiva subito. E magari, poi, toccava raccontare come Berlusconi e Previti corruppero un paio di giudici, o come Andreotti mafiò per 30 anni. Non sia mai.”

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