Archivio mensile:Febbraio 2007

Un giorno felice

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

(tratto da Ode al giorno felice di Pablo Neruda)

Oggi mi sento un po’ così, non c’è un motivo particolare, forse è il sole quasi primaverile, forse è l’idea che la prossima settimana me ne andrò in montagna, forse è l’impressione di aver fatto quello che “dovevo” fare (quindi mi sento più libera).

Ripeto: non c’è un motivo particolare, anzi forse in fondo in fondo c’è anche qualche preoccupazione.

Eppure “fino all’ultimo angolino del cuore” mi sento bene e in pace con me stessa, domani forse non sarà così, forse non sarà così neppure stasera, ma ora voglio godermi questo minuscolo spazio di felicità.

C’è un’ape che se posa su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.

(“La felicità” di Trilussa)

carlina

Motori di ricerca forever

E’ incredibile, ma ho l’impressione che sia aumentata la creatività dei “navigatori” nel mare magnum del web perchè, solo nell’ultimo mese, dando un’occhiata ai motori di ricerca, si trova veramente di tutto:

  • continuiamo così (facciamoci del male)
  • menti surreali (i lettori di questo blog)
  • carattere donne mondo (un argomento più generalista no?)
  • mar rosso neonati pappe (ovvero come cucinare pappe per neonati con le alghe del Mar Rosso)
  • diavolo bowling (non vedo il nesso)
  • brutto e impotente (e magari anche pelato)
  • buco nell’ozono mucche (finalmente abbiamo trovato la causa)
  • cosa mi interessa (se non lo sai tu)
  • rumore martello pneumatico a fumetti (TA.TA.TA.TA.TA)
  • una in azione (ma cos’è la settimana enigmistica?)
  • kamasutra umano (per quello disumano… stiamo lavorando)
  • quando si prendono le vacanze di pasqua (…a Pasqua, o almeno credo)
  • il motore della lavatrice (ancora? allora è un vizio)
  • il pipistrello della famiglia Addams (quale?)
  • o albero (o no)
  • facciamoci il filo (e facciamocelo)
  • foto motore lavatrice (quante volte devo dirlo:non ho preso io il motore della lavatrice)
  • perchè a volte viene voglia di scappare (a giudicare dalle chiavi di ricerca la risposta mi sembra ovvia)
  • foto personali di mia mamma (non le avrete mai!)

Che dire di più?

Veramente la lettura dei motori di ricerca sta diventando uno dei miei passatempi preferiti.

La salita

Però che fatica!!!

A proposito di ambiente, aria e acqua…

La giornata di ieri, con il giusto richiamo al protocollo di Kyoto, mi ha fatto ricordare una breve vacanza del 2003 (ricordate l’estate caldissima nella quale, almeno dalle mie parti, non ha mai piovuto?).

Mio marito, che è abilissimo a scovare posti favolosi da visitare, si era inventato un viaggetto in Svizzera, nel Vallese, per visitare l’Aletschgletscher: il ghiacciaio più lungo d’Europa.

Si tratta di una zona raggiungibile con tre funivie che salgono, in diversi tronconi, da tre paesi del fondovalle, arrivati in quota è possibile camminare lungo comodi sentieri quasi pianeggianti oppure, se lo stato del ghiaccio lo permette “sul” ghiacciaio, logicamente usando le opportune attrezzature.

ombra sul ghiacciaio

Avevamo scelto come base Fiesch, un paesino non distante da Briga, raggiungibile con il trenino rosso dei ghiacciai e lì soggiornammo per quattro giorni, in un albergo comodo e sobrio, dotato di una cucina di alto livello.

Di giorno salivamo agli alpeggi o sul ghiacciaio, muovendoci con il trenino, le funivie e i piccoli autobus postali.

Passavamo la giornata a camminare immersi nello stupendo panorama delle Alpi, a mezzogiorno ci fermavamo in un rifugio per un tagliere di salumi e formaggi e una fetta di torta di mele, poi, a sera, tornati in albergo, ci facevamo coccolare con fondute vallesane e sorbetti alla grappa di pere.

aletschgletscher, il laghetto

Sicuramente è una vacanza da consigliare

Non ci posso credere…

Rilancio una segnalazione comparsa nel blog “Italia Germania solo andata”: in occasione del Carnevale.

La Durex si è inventata dai costumini proprio originali, che possono essere scaricati dal sito e utilizzati.

abito da sera

Consiglio tutti gli interessati di affrettarsi, visto che il carnevale sta per finire ( gli “ambrosiani stiano tranquilli, c’è ancora una settimana)….

M’illumino di meno 2007.

M'illumino di meno

Anch’io aderisco alla campagna “M’illumino di meno“, promossa da “Caterpillar” per ricordare l’entrata in vigore del “Protocollo i Kyoto“.

Oggi è la giornata del risparmio energetico: in realtà dovremmo impegnarci tutti i giorni dell’anno per cercare di salvaguardare questo povero pianeta che qualche problemino ce l’ha.

Dovremmo sempre ricordare che il mondo non l’abbiamo ricevuto in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli e che abbiamo la responsabilità di quello che lasceremo alle generazioni future.

Che aria, che acqua, che ambiente lasceremo dipende in grande misura dalle decisioni e dalle scelte (talvolta miopi) degli uomini di governo e dei signori della finanza, ma anche noi abbiamo il dovere di fare la nostra parte, di contribuire con la nostra piccola goccia quotidiana di attenzione.

Cosa possiamo fare concretamente, anzi io cosa posso fare?

  • Spegnere il computer, tenendolo acceso lo stretto necessario per gestire il mio blog.
  • Bollire solo l’acqua di cui ho bisogno.
  • Lavare i panni ad una gradazione più bassa e con meno detersivo.
  • Sforzarmi di acquistare prodotti con meno imballaggio.
  • Spegnere le luci nelle stanze dove non c’è nessuno.

D’altra parte ho già sostituito tutte le lampadine con quelle a basso consumo, tengo il termostato del riscaldamento a 18 gradi, mi muovo preferibilmente a piedi o con i mezzi pubblici.

So che sono piccole cose in confronto ai problemi planetari, ma so anche che sono tante gocce che fanno un oceano…

…di conseguenza, aderisci anche tu.

parco delle cascate

Interrogazione di storia.

E’ il giorno fatidico: il giorno dell’interrogazione di storia sulla prima guerra mondiale.

Cortile della scuola, esterno giorno: i miei ragazzi sono riconoscibili perchè sono gli unici che, al mattino alle otto, intabarrati come esquimesi (fa freddino a quell’ora) si aggirano come automi per il giardino con il libro di storia in mano e ripetono, a gruppetti di due o tre, nomi, date e avvenimenti.

Mi fanno un po’ di tenerezza, ma mi avvio con cipiglio severo (è tutta una finta e loro lo sanno) verso l’entrata, fendendo i crocchi dei ragazzetti delle altre classi più spensierati perchè, almeno per il momento, non devono cimentarsi con prove così impegnative.

Bevo un caffè e li guardo dalla finestra dell’aula professori: discutono animatamente, qualcuno gesticola, qualcuno cerca nel libro le informazioni che sembrano sfuggire per ignoti lidi.

Suona la campanella, afferro i libri e li accompagno in classe, con studiata lentezza apro il registro, firmo, segno gli assenti, loro si accomodano nei banchi ancora più lentamente, qualcuno viene ad espormi un peregrino dubbio storico che l’ha colpito negli ultimi minuti (forse è un tentativo disperato di guadagnare tempo), gli altri approfittano per dare un’ultima sbirciata ai libri.

Si comincia: rivolgo una domanda ad un ragazzino sveglio, seduto al primo banco, sorride, comincia a parlare, il fluire del discorso si fa più sicuro, sa le risposte e si sente tranquillo, si permette anche dotti riferimenti alle poesie di Ungaretti e al film di Monicelli, “La Grande Guerra“, che abbiamo visto insieme la scorsa settimana.

In breve l’interrogazione finisce, lui si guarda intorno finalmente sollevato, adesso tocca agli altri, adesso la storia, il libro, le date e i nomi non gli fanno più paura, può rilassarsi.

La pantomima continua per quasi due ore, due ore di panslavismo, Caporetto, cause remote, Cadorna e Diaz, fronte occidentale, affondamento del Lusitania e imperi centrali, trincee…: alla fine devo convenire che hanno lavorato bene ed i primi ad esserne soddisfatti sono proprio loro.

Tante volte penso che vorrei poter evitare loro lo stress della prova, l’ansia del giudizio, il ritegno di dover parlare alla presenza dei compagni: ma tutto sommato anche questo serve a diventare grandi.

militare 15 18

Gli oggetti parlano (sottovoce)

Uno dei miei passatempi preferiti (come se avessi bisogno di trovare modi per passare il tempo…) consiste nell’andare per mercatini dell’usato in cerca di oggetti curiosi.

Mi affascina, infatti, cercare di indovinare la storia delle persone che li hanno posseduti, cercare di immaginare come fossero e come vivessero, un po’ come Sherlock Holmes, che era in grado di ricostruire da un bastone da passeggio, abbandonato su una poltrona, vita, morte e miracoli del proprietario.

Alcuni oggetti parlano, seppur sommessamente, di vite passate, di abitudini, di sogni…o forse è la mia fantasia che me lo fa immaginare.

Qualche anno fa, per esempio, ho acquistato un paio di occhialini da lettura, in metallo dorato, richiudibili in modo da formare un’unica lente d’ingrandimento, con un lungo manico munito di un anello mediante il quale potevano essere appesi al collo.

Logicamente me ne sono innamorata e, dopo esserne entrata in possesso, ho fatto montare le mie lenti, in modo da poterli usare per leggere quando decido di stupire chi mi circonda.

Sono ancora contenuti nella custodia originale, di pelle nera un po’ logora, e mi fanno pensare a una signora piuttosto anziana, elegante, riflessiva, che amava sedere sulla poltrona, vicino alla lampada, per abbandonarsi al piacere della lettura, quasi sicuramente di vecchie poesie o lettere d’amore di una ormai lontana giovinezza.

Sono occhiali importanti, custoditi con minuziosa cura, usati con moderazione: non hanno segni o graffi come se l’antica proprietaria si prendesse la briga di riporli con attenzione dopo averli usati.

Parlano di moderata agiatezza, di eleganza non ostentata…in una parola di signorilità.

…o forse, più semplicemente, mi immagino tutto!

Abbassare la voce…

In questi giorni sto diventando particolarmente intollerante alle urla, in realtà non ho mai pensato che fosse giusto imporre le proprie idee gridando, non ho mai creduto che la prepotenza e la prevaricazione potessero ottenere qualche risultato migliore di quelli che si raggiungono con un dialogo civile: questo almeno mi hanno insegnato in famiglia e a scuola.

Nel dialetto milanese c’è un’espressione molto colorita che suona più o meno “chi vusa pusè la vaca l’è sua” (ho qualche dubbio sulla grafia, comunque la traduzione, per i non lombardi è: la vacca è di chi grida di più) che non condivido, ma che illustra bene la situazione di chi crede di poter avere ragione sovrastando il tono di voce dell’interlocutore (…o dovrei dire del nemico).

Eppure basta guardare un talk show qualsiasi per rendersi conto che molti si illudono di potersi aggiudicare la vacca a suon di decibel: urlano i politici, urlano i giornalisti sportivi, urlano gli ospiti dei salotti più o meno “buoni”, urlano i protagonisti dei reality: insomma è un crescendo rossiniano di grida ed insulti.

Personalmente quando sono molto arrabbiata (i miei allievi lo sanno bene) abbasso la voce fino ad emettere un sussurro fra i denti, non si tratta di buona educazione, ma penso che controllare il tono della voce aiuti a controllare il flusso dei pensieri, così si evita di lasciarsi andare a dire qualcosa di spiacevole di cui, in seguito, ci si potrebbe pentire.

Evidentemente la rissa in diretta (e in differita) fa audience, altrimenti non si spiegherebbe il proliferare di trasmissioni nelle quali il passatempo più diffuso è quello di parlare più forte degli altri.

Per dare un segnale altrettanto forte forse basterebbe spegnere la televisione quando il numero dei decibel e l’accavallarsi delle voci diventano insopportabili.

Domenica sera, in un momento di frenetico zapping, sono finita, per sbaglio, in mezzo ad un litigio fra ragazzi durante la trasmissione “Amici” (e meno male…pensate se il titolo fosse stato “Nemici”, avrebbero usato armi di distruzione di massa), in questo caso ho fatto l’unica scelta possibile: ho spento e buona notte.

Qualche volta ho nostalgia delle buone, vecchie “Tribuna Politica” condotte da Ugo Zatterin o Jader Jacobelli, nelle quali i politici dell’epoca si tiravano inaudite sciabolate con eleganza, signorilità e soprattutto sottovoce.

la vaca l'è sua

Un’insegnante che vaga nella blogosfera…

Quando ho un po’ di tempo libero mi diverto a vagare nella blogosfera… leggo i post, se l’idea mi stuzzica lascio un commento e, solitamente, aggiungo il blog nel mio aggregatore.

In questo modo ho “incontrato” tante persone, ho letto storie, ho intuito emozioni, sentimenti, pensieri.

Forse il più grosso vantaggio della rete consiste proprio nel fatto che, con la protezione dell’anonimato, molti trovano le parole per esprimere dei pensieri “veri”, dei sentimenti genuini, delle emozioni che difficilmente riuscirebbero a comunicare con delle persone in carne ed ossa.

Una cosa che mi ha colpito è notare come molti, quando scoprono che sono un’insegnante, manifestino nei loro commenti solidarietà o stupore nello scoprire che c’è ancora qualcuno che ha voglia di fare questo lavoro.

Una volta si diceva che insegnare è una missione, francamente a me sembra un modo un po’ semplice per dimenticarsi che è prima di tutto una “professione”, certamente è una professione un po’ particolare, che ti mette quotidianamente a contatto con gli altri, che ti carica di responsabilità incredibili, ma comunque è un “mestiere” che si impara, che si migliora con l’esperienza, che si deve amare, altrimenti il gioco non varrebbe la candela: è il mestiere più bello del mondo.

Io sostengo sempre di essere privilegiata perché sono pagata per svolgere il lavoro che avrei fatto comunque anche gratis (per piacere non ditelo al ministro), ma non mi nascondo che è un lavoro duro, che richiede attenzione costante, che non lascia il tempo di distrarsi, che non ammette errori.

Quando, come quest’anno, accompagno una terza agli esami faccio un bilancio e sono contenta del mio lavoro solo se, oltre ad essere riuscita ad insegnare ai ragazzi qualcosa, non ho ucciso la loro curiosità e la loro creatività…credetemi questa è la vittoria più esaltante.

Comunque finché ogni mattina entro a scuola canticchiando…