Premana

Tra i numerosi paesi della Valsassina ce n’è uno un po’ particolare, situato in fondo alla valle: quando la strada scende di nuovo verso il lago bisogna deviare a destra, verso la montagna e si sale fino a scorgere Premana appoggiata sul fianco impervio del monte.

E’ un paese molto caratteristico, con le case che sembrano crescere una sull’altra, collegate da viuzze parallele strettissime unite fra loro da scale e portici.

La gente ha mantenuto le tradizioni antiche, nei giorni di festa le donne portano ancora il costume (ol morél) elegantissimo e sobrio, gli uomini lavorano ancora il ferro: le lame di Premana sono conosciute in tutto il mondo.

La tradizione della lavorazione del ferro ha origini remote, già i romani conoscevano le miniere di minerali ferrosi della Val Varrone (una delle valli che si dipartono dall’abitato) e in passato a Premana si forgiavano i “pettini” le decorazioni che ornano la prua delle gondole veneziane.

La storia di questo comune, che non ha visto lo spopolamento che di solito caratterizza le località di montagna, dove la vita è dura e il lavoro poco remunerativo, è documentata in un piccolo ma ricchissimo museo etnografico, dove sono rappresentati la vita, il lavoro e i costumi degli abitanti.

Ma la caratteristica di Premana sono gli alpeggi: piccoli villaggi di cascine e stalle, situate in quota, dove, un tempo, si saliva con le mucche nella stagione estiva, per sfruttare i pascoli alti.

Oggi gli alpeggi (o Alpi, come le chiamano qui) non sono stati abbandonati, le casette sono state riattate e sono abitate, soprattutto nei mesi estivi, quasi esclusivamente da premanesi, in mezzo ai piccoli abitati, che sembrano fondali da presepe, c’è sempre una fontana di acqua freschissima e una croce di legno.

La gente è dura e schiva, come la montagna, ma se il turista non è invasivo e rispetta la riservatezza del luogo, viene accolto con cordialità: mi è capitato spesso, durante le mie camminate, di fermarmi presso una fonte e di ritrovarmi a scambiare quattro chiacchiere con gli abitanti o ad assaggiare una fetta di dolce di mele o un pezzetto di formaggio offerto con spontaneità e cortesia.

In estate ogni alpeggio celebra il rito del “past”: si tratta di un pasto collettivo, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, che consiste in un piatto di riso in brodo di carne lessata (un tempo di pecora) seguito da una razione (“part”, sufficiente per quattro persone) di carne e verdure.

Dopo il pranzo è il momento dei canti tradizionali, che ricordano, per la loro particolare polivocalità, i cori sardi.

Tutte queste particolari caratteristiche, unitamente alla impervia bellezza delle montagne circostanti fanno di Premana una meta non banale per una gita: come spesso accade l’Italia dei piccoli centri nasconde gioielli che nulla hanno da invidiare alle celebratissime città d’arte, è la dimostrazione che il nostro paese riserva, ad ogni piè sospinto, occasioni per conoscere luoghi veramente unici per bellezza e tradizioni.

alpeggio

7 pensieri su “Premana

  1. prostata

    “La gente è dura e schiva, come la montagna”, mi sembra una caratteristica ricorrente, o sbaglio? Bella la categoria “le mie montagne”. 🙂

  2. Signor Ponza

    Mi sa proprio che lo conosco questo paesino. Deve essermi capitato qualche estate di passare in bici da quelle parti e l’atmosfera è proprio quella che descrivi tu. Direi unica.

  3. Vendostelle

    Sembre il paese di heidi…La montagna a me piace solo in buona compagnia altrimenti non so’ mi provoca un po’ di tristezza…non so’ il perche’…

  4. elrond

    Credo proprio che inserirò la Valsassina tra le mie prossime mete. Adoro l’alta montagna, particolarmente d’estate, quando i boschi e gli altipieni sono verdi e pieni di vita.
    Un abbraccio.
    Elrond

  5. Pingback: Sciura Pina » Blog Archive » Sorella Acqua.

  6. Loris

    Sono stato una volta a Premana…città di notevole bellezza che deve essere esempio per i nostri piccoli paesi d’Italia.

  7. Ellis

    Quando, meno di un anno fa, ho visto Premana da lontano sono inorridita… Tutti quei palazzoni anni sessanta appoggiati uno sull’altro mi ricordavano la squallida periferia di una città… Arrivata nella piazza del paese poi c’era un caos e un disordine che poco avevano a che vedere con un paese di montagna, ma ormai la gita era stata organizzata ed ero li, davvero disgustata… E’ strano ma da quel giorno ci sono ritornata per tutti i fine settimana. Sono restata affascinata e attratta dal centro antico e aggrappato sulla roccia, dall’aria calda dell’estate, dal profumo quasi di incenso che esce dai camini in inverno, dai suoi silenzi, dall’asprezza dei suoi versanti, dai faggeti, dall’acqua e dagli alpeggi, dai meravigliosi fianchi rossi di rododendri, dalla neve che quest’anno ci ha sorpreso anche il giorno di pasqua e dalla gente che si lascia avvicinare piano e quando la scopri ha un cuore grande, dai bambini e dalla sportività e intraprendenza delle persone. E’ una situazione strana per chi, come lo ero io, era abituato alle viste ampie e ai fianchi morbidi del trentino ma è un gioiello che si lascia scoprire e apprezzare un po per volta. Credo sia di una bellezza rara e un po’scomoda, forse non adatta a tutti

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