Archivi giornalieri: 15 Febbraio 2007

Interrogazione di storia.

E’ il giorno fatidico: il giorno dell’interrogazione di storia sulla prima guerra mondiale.

Cortile della scuola, esterno giorno: i miei ragazzi sono riconoscibili perchè sono gli unici che, al mattino alle otto, intabarrati come esquimesi (fa freddino a quell’ora) si aggirano come automi per il giardino con il libro di storia in mano e ripetono, a gruppetti di due o tre, nomi, date e avvenimenti.

Mi fanno un po’ di tenerezza, ma mi avvio con cipiglio severo (è tutta una finta e loro lo sanno) verso l’entrata, fendendo i crocchi dei ragazzetti delle altre classi più spensierati perchè, almeno per il momento, non devono cimentarsi con prove così impegnative.

Bevo un caffè e li guardo dalla finestra dell’aula professori: discutono animatamente, qualcuno gesticola, qualcuno cerca nel libro le informazioni che sembrano sfuggire per ignoti lidi.

Suona la campanella, afferro i libri e li accompagno in classe, con studiata lentezza apro il registro, firmo, segno gli assenti, loro si accomodano nei banchi ancora più lentamente, qualcuno viene ad espormi un peregrino dubbio storico che l’ha colpito negli ultimi minuti (forse è un tentativo disperato di guadagnare tempo), gli altri approfittano per dare un’ultima sbirciata ai libri.

Si comincia: rivolgo una domanda ad un ragazzino sveglio, seduto al primo banco, sorride, comincia a parlare, il fluire del discorso si fa più sicuro, sa le risposte e si sente tranquillo, si permette anche dotti riferimenti alle poesie di Ungaretti e al film di Monicelli, “La Grande Guerra“, che abbiamo visto insieme la scorsa settimana.

In breve l’interrogazione finisce, lui si guarda intorno finalmente sollevato, adesso tocca agli altri, adesso la storia, il libro, le date e i nomi non gli fanno più paura, può rilassarsi.

La pantomima continua per quasi due ore, due ore di panslavismo, Caporetto, cause remote, Cadorna e Diaz, fronte occidentale, affondamento del Lusitania e imperi centrali, trincee…: alla fine devo convenire che hanno lavorato bene ed i primi ad esserne soddisfatti sono proprio loro.

Tante volte penso che vorrei poter evitare loro lo stress della prova, l’ansia del giudizio, il ritegno di dover parlare alla presenza dei compagni: ma tutto sommato anche questo serve a diventare grandi.

militare 15 18