Archivi giornalieri: 6 Febbraio 2007

Raccontami una storia…

Fin da quando ero piccolissima amo sentir raccontare storie, non è un caso se, ancora adesso, prediligo il teatro di narrazione (per intenderci quello di Marco Paolini o Marco Baliani) oppure arpiono vecchietti e vecchiette e mi faccio raccontare le storie della loro giovinezza e infanzia ottenendo così due vantaggi al prezzo di uno: loro sono contenti perché hanno qualcuno con cui parlare e che li stia a sentire, io raccolgo preziose informazioni di costume che poi utilizzo a scuola, di solito sono incontri che mi arricchiscono in modo incredibile.

Amo la cadenza del racconto, le immagini ricreate con le parole, lo spazio che la fantasia può occupare inventando l’aspetto di persone, oggetti e paesaggi.

Devo tutto questo a mio padre che era un grande narratore: quando ero bambina ero piuttosto capricciosa, non volevo mai mangiare, non volevo mai dormire e mio padre (solo più tardi ho capito con quale amore) dedicava buona parte del suo pochissimo tempo libero ad inventare per me fiabe straordinarie che poi io pretendevo puntualmente identiche tutte le sere.

Ce n’era una che mi piaceva tantissimo dove, ad un certo punto, compariva un “plantigrado”, io non sapevo cosa fosse (e mio padre si guardava bene dallo spiegarmelo), ma la sua comparsa mi affascinava e ci ragionavo su a lungo, creando nella mia mente immagini ora mostruose ora grottesche.

Mi nonno invece, originario di Parma e amante della musica lirica, mi raccontava, con la sua cadenza dolcissima i libretti d’opera, così io sono cresciuta tra la principessa Turandot e i plantigradi in una sorta di limbo felice.
Sono diventata adolescente, mio nonno è morto e mio padre non inventava più fiabe, ma è iniziata una stagione ancora più speciale, perché mio padre ha cominciato a raccontarmi le sue storie di guerra: nella mia mente prendevano forma il deserto della Libia, la magia di Leptis Magna, i voli radenti dei bombardieri, le bombe che cadono, senza esplodere, vicine alla tenda, la cattura da parte degli inglesi, un mitico Sud Africa, il campo di concentramento, il lavoro in una farm, la difficoltà di riallacciare rapporti con la famiglia in Italia, il ritorno in una nazione cambiata e difficile da capire.

Poi, quando ho avuto anch’io un figlio, risentivo la voce, sempre limpida, di mio padre raccontare per lui e provavo una commozione profonda.

Ormai se n’è andato da molti anni, ma gli sono sempre grata, non solo perché è stato un padre e un nonno eccezionale, ma perché ha donato, a me e a mio figlio, l’inestimabile tesoro dei suoi racconti, ci ha insegnato la gioia di ascoltare e di raccontare…e scusate se è poco.

Liba