So che può sembrare noioso per chi non passa buona parte della sua giornata seduto dietro una cattedra, continuare a leggere dei problemi relativi alla didattica, ma ogni tanto non ne posso più e sento la necessità di sfogarmi.
In questi giorni, dopo un giro frenetico di correzione di temi, mi sento piuttosto depressa, perchè, come succede ciclicamente, si ripropone l’annoso problema dell’apostrofo.
Chi ha frequentato una scuola elementare, perchè è lì che si insegna (o si dovrebbe insegnare), sa che l’apostrofo, nella lingua italiana, è un segno grafico che indica l’elisione e, talora, il troncamento: in soldoni…se tolgo qualcosa metto l’apostrofo.
Chi mangia dei celebri cioccolatini, badando a leggere e a non inghiottire l’involucro, sa che può essere rosa e che si posiziona, invece del bacio, nell’espressione T’AMO.
Ma lasciamo perdere!
I miei allievi non devono aver frequentato le elementari, infatti nonostante i miei ripetuti, e peraltro patetici sforzi, continuano a scrivere un’albero, un’uomo e un’amico elidendo non si sa bene cosa.
Ultimamente sono diventati più creativi ed hanno coniato espressioni che superano la più accesa fantasia.
Ecco qualche esempio:
- Ho l’anciato la palla.
- Nuotavo all’argo.
- Quando l’ascerò la scuola media (temo fra molto tempo).
- La dottrina di Martin L’Utero (Celebre teologo femminista tedesco)
- Ascolto l’aradio.
- Un p’ò di pane.
Ecco perché invidio la mia collega di Educazione Fisica: lei almeno può preoccuparsi di muscoli e tendini e, notoriamente, il cervello non è un muscolo.