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L’uomo della luna.

Oggi è arrivata la notizia della morte di Tito Stagno, il giornalista della RAI la cui voce, il cui sorriso, il cui sguardo hanno raccontato tanta storia del secolo scorso.

Per me era “l’uomo della luna”, l’uomo che, nella lunga notte del 20 luglio 1969 con il suo “ha toccato” carico di emozione (in realtà con qualche secondo di anticipo sull’effettivo momento dell’allunaggio), ci ha raccontato l’epilogo del viaggio di Apollo 11, il primo passo di Armstrong sulla superficie lunare,, il “balzo da gigante per l’umanità”.

Entrava nelle case degli italiani attraverso il bianco e nero dello schermo un po’ sfarfallante con il suo sorriso, con garbo e professionalità conservando però la capacità di emozionarsi e di emozionare.

Con la morte di Tito Stagno se ne va un altro pezzetto di storia del nostro Paese.

Cavenago di Brianza - La luna dal balcone

La bellezza che abbiamo sotto gli occhi.

Ieri sera, durante la trasmissione di Alberto Angela “Meraviglie – La penisola dei tesori”, gli italiani (ma soprattutto i brianzoli un po’ distratti) hanno potuto ammirare le bellezze di Monza, una città forse poco conosciuta, nota nel mondo soprattutto per la presenza dell’autodromo che è da sempre teatro del Gran Premio d’Italia.

Al centro della narrazione c’è la Villa Reale voluta dall’Imperatrice Maria Teresa  come residenza estiva per la corte del figlio Ferdinando d’Asburgo-Este, governatore generale della Lombardia, progettata dal Piermarini (l’architetto della Scala per intenderci) e realizzata nel giro di soli tre anni, dal 1777 al 1780.

Per me, che conosco bene la Villa e il suo parco, è stata una scoperta, perché forse per la prima volta ho potuto ammirare l’edificio e il suo contesto con gli occhi non di chi a Monza ha studiato e ha trascorso tante giornate, ma con lo sguardo attento del viaggiatore in cerca di bellezza.

Il racconto si è poi spostato al Duomo, alla splendida cappella degli Zavattari e all’incontro magico e sempre emozionante con la corona ferrea.

Da brianzola d’adozione ringrazio Alberto Angela per aver messo in luce delle opere d’arte che, proprio perché vicine e quasi “abituali”, spesso passano inosservate.

Monza - Villa Reale

Viaggiare dal divano di casa.

In queste sere la Rai sta programmando una serie di fiction che mi permettono di tornare nei luoghi della Sicilia e della Puglia che ho visitato pochi mesi fa, di sentire di nuovo i profumi e le atmosfere, di ritrovare gli spazi e i tempi dei miei viaggi.

Così mi ritrovo ad attraversare il ragusano che fa da sfondo alle vicende del commissario Montalbano, o i vicoli di Bari vecchia, lastricati di pietre bianche e nere, con le indagini di Lolita Lobosco, o il trapanese e le saline di Marsala e l’area archeologica di Segesta in cui è ambientata Makari, la creazione più recente di mamma Rai.

Spesso mi distraggo e non riesco a seguire completamente le storie, ma non mi perdo neppure uno scorcio, un’atmosfera, un paesaggio e mi sembra di tornare a viaggiare anche se non mi muovo dal divano di casa e sono felice che la Rai contribuisca a valorizzare degli angoli stupendi del nostro paese.

Purtroppo di questi tempi si può viaggiare solo così.

Sicilia - Erice

Il potere delle fiction.

Non è un mistero che alcune produzioni Rai come “Il Commissario Montalbano” o “Don Matteo” (soprattutto quando sono trasmesse anche all’estero) abbiano contribuito a diffondere l’immagine di alcune città come Gubbio, Modica, Scicli o Ibla forse meno note al grande pubblico, ma comunque bellissime e che meritano di essere conosciute ed ammirate.

Qualche tempo fa, durante un viaggio nel ragusano, sono rimasta colpita dall’entusiasmo di alcuni turisti argentini in visita al Municipio di Scicli che al piano terreno si è praticamente tramutato nel Commissariato di Vigata (il set occupa permanentemente alcuni locali dell’edificio).

Certo la fiction “Un passo dal cielo” nulla aggiunge alla superba bellezza del lago di Braies o delle Dolomiti di Sesto, ma comunque è sempre un gran bel vedere.

L’Italia dei mille borghi, il paese della grande bellezza, ha molti modi per farsi conoscere e per farsi amare e anche le produzioni televisive possono dare una mano.

Ragusa Ibla (Sicilia)

Sono solo canzonette.

Il dopo festival, come tutti gli anni, è il momento non solo dei commenti, più o meno taglienti, ma anche delle recriminazioni, delle ripicche, delle discussioni infinite (nei salotti televisivi) su chi doveva vincere e non ha vinto e viceversa.

In alcune occasioni, nella platea dell’ Ariston, nella sala stampa e fuori ci sono stati momenti di clima da stadio, come ormai troppo spesso succede in tante situazioni in cui si evidenzia una contrapposizione, quando chi la vede in modo diverso da noi diventa non solo un avversario, ma un nemico da ridicolizzare, da offendere, da demonizzare.

In fondo Sanremo è una competizione tra canzoni (e non tra cantanti) con un regolamento precise, la canzone vincitrice lo è secondo le regole ed è una inutile immaginare esiti diversi con regole diverse.

Lo scalpore sollevato dall’esito del festival mi sembra, francamente, degno di miglior causa, in fondo, per dirla con Bennato, “sono solo canzonette”.

Mucca musicale

Una tentazione.

Lo ammetto: anche se non guardo spesso la televisione sono una delle migliaia di fan del commissario Montalbano, il personaggio di Camilleri che, per me, ha il volto, la voce e le espressioni di Luca Zingaretti tanto che, anche quando leggo i romanzi, non riesco ad immaginare un altro volto.

Vedo volentieri gli episodi (e ogni nuova stagione è un vero e proprio regalo) anche perchè ritrovo alcuni angoli di Sicilia di cui mi sono innamorata nel mio recente viaggio nell’Isola e risento il calore e i profumi di quella terra magica.

Durante il viaggio ho visitato i luoghi di Montalbano, la casa di Punta Secca, gli angoli di Ibla e il Municipio di Scicli dove è ambientato il commissariato.

La porta dell’ufficio di Montalbano reca, sugli stipiti sbeccati, i segni del passaggio del mitico Catarella e devo confessare che, durante la visita, ho provato la forte tentazione di catapultarmi contro quella porta.

Ma forse gli altri visitatori mi avrebbero guardato male.

Scicli (Sicilia)

Gli insegnanti bistrattati.

Spot pubblicitario di un gestore dell’energia: interno, giorno.

Una portiera un po’ impicciona (evidentemente in agguato da ore) sta spolverando un enorme ficus nell’androne di un palazzo signorile, quando entra in scena un signore dall’aria un po’ dimessa che la donna apostrofa prontamente: “Professore, è arrivata la bolletta della luce”.

Il pover’uomo si avvicina alle cassette della posta e si ritrova una busta enorme dal peso insopportabile, mentre la portiera continua ad osservarlo con aria di compatimento (… e, a quanto sembra, con un velato disgusto).

Poi entra in scena un giovane aitante, il “Signor Marco”  e al solo vederlo la portiera si illumina, sorride, scodinzola e gli mostra una busta piccola piccola (che evidentemente corrisponde ad una spesa irrisoria).

La morale della favola è semplice: il professore (… che magari insegna persino matematica) non è in grado di fare i conti e di risparmiare sull’energia, mentre il “Signor Marco”, che non si capisce bene cosa faccia nella vita, è molto più in gamba, in grado di badare a se stesso e alle sue finanze e persino bello.

Ma è mai possibile che gli insegnanti, oltre che dagli allievi e dai genitori,  siano bistrattati persino dalla pubblicità?

Polonia - Varsavia

Gli orfani di “Ulisse”.

Sono un’accanita spettatrice di “Ulisse – Il piacere della scoperta” (una delle rare trasmissioni televisive che seguo) e ieri sera, con un po’ di disappunto, ho scoperto che quella sull’Imperatrice Elisabetta d’Austria è stata l’ultima puntata della stagione.

Questa stagione (brevissima del resto) è stata particolarmente ricca: dopo la “Notte a Pompei”, ha percorso lo splendore della Sistina, i fasti di Cleopatra, l’orrore della Shoà, con sensibilità e profondità, con il garbo di Alberto Angela, con le voci incomparabili di Gigi Proietti e Luca Ward, con immagini di raffinata bellezza.

“Ulisse” è un buon modo per trascorrere la serata immergendosi in storie mai banali, staccandosi per poche ore da una televisione fatta di isole, fratelli, dibattiti sopra le righe, pettegolezzi e amenità consimili, “Ulisse” è una trasmissione colta, ma non saccente, interessante e mai noiosa, una trasmissione che insegna arte e storia come andrebbero sempre insegnate: in modo divertente, un esempio di come può essere la “buona” televisione..

E adesso?

A noi orfani di “Ulisse” non resta che aspettare fiduciosi la prossima stagione.

Roma - Il Ghetto

Ma come ci siamo ridotti?

A giudicare dalle pubblicità televisive (non ho mai guardato molto la tv, ma ora trascorro più tempo in casa e il televisore spesso resta acceso: continuo a non guardare le trasmissioni, ma, mentre mi aggiro per casa, non posso fare a meno di ascoltare) siamo diventato un popolo cagionevole e malandato, affetto da disturbi talvolta imbarazzanti.

Si va dai dolori alle articolazioni alla sordità, passando dall’incontinenza e dall’ipercolesterolemia: per me, entrata ufficialmente nella terza età, non è un gran bel messaggio.

Comunque i più giovani non se la passano meglio, infatti sono affetti da problemi intestinali di vario tipo, da onicomicosi, dermatiti, allergie e altri variegati disturbi che richiedono un immediato acquisto di medicamenti (da banco logicamente).

Ho l’impressione che la situazione sia precipitata negli ultimi tempi e che gli spot televisivi ci stiano avviando verso un cupo pessimismo.

Dove sono finite le garrule famiglie strette intorno ad un tavolo imbandito di merendine o a una spaghettata pantagruelica, dove il “mitico Michele” che riconosceva una marca di whisky dopo averne assaggiati una ventina, dov’è finito Gigi che si abbuffava di gelato?

Probabilmente in farmacia.

Milano - Kasa dei libri

Due fustini in cambio di uno.

Per quelli della mia generazione era l’elegante signore che, all’entrata di un supermercato, fermava le acquirenti con i carrelli colmi, invitandole a fare uno scambio (quanto vantaggioso?) tra un fustino di detersivo di una nota marca, con due più anonimi e meno rassicuranti, ricevendone sempre un incredulo e garbato rifiuto.

Ma Paolo Ferrari non era solo “l’uomo dei due fustini”, al contrario era un attore serio e preparato, garbato ed elegante che aveva lavorato in teatro, al cinema con grandi registi, in alcune produzioni televisive.

Ricordo una serie di sceneggiati degli anni ’70, imperniati sulla figura di Nero Wolfe (un inarrivabile Tino Buazzelli) nei quali l’attore interpretava il ruolo di un elegante ed ironico Archie Goodwin, il segretario e braccio destro del personaggio creato da Rex Stout, una sorta di “dottor Watson” che beveva litri di latte e viveva con il gigantesco investigatore nella casa di arenaria nella 35ª strada ovest.

Paolo Ferrari era anche la voce di Humphrey Bogart (nelle riedizioni del doppiaggio degli anni ‘7o): in pratica la battuta “Suonala ancora, Sam”, la battuta più celebre di “Casablanca” è pronunciata dalla sua voce calda e ben impostata.

Oggi Paolo Ferrari è mancato, con lui se ne va un professionista serio e misurato che tanto ha dato al mondo dello spettacolo.