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A tutte le Giuliette

Ho conosciuto tante Giuliette nella mia carriera: tante ragazzine innamorate probabilmente dell’amore, abbagliate da uno sguardo, incuranti del tragico destino della Giulietta che è diventata l’icona dell’amore stesso ( a loro certamente non accadrà nulla di simile, il loro amore sarà eterno, la loro vita felice, i sogni realtà).

Per le mille Giuliette che ho incontrato ogni giorno è San Valentino, perchè ogni giorno è buono per celebrare la bellezza dell’amore.

Vi auguro che, se questo sogno ingenuo dovesse spezzarvi, non vi spezzi il cuore, vi auguro di crescere e di incontrare l’amore che meriti davvero il nome di “amore” vi auguro di ritrovarvi in quella dimensione dello spirito che così bene ha raccontato Prèvert:

I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell’abbagliante splendore del loro primo amore…

Buon San Valentino alle mie ragazze e, perchè no, anche ai ragazzi.

Verona

Parole e riflessioni.

Tra le mani i fogli, con gli occhi scorro poesie, testimonianze, racconti che sabato prossimo leggerò per la celebrazione della Giornata della Memoria.

Non ho bisogno di cercare le emozioni dentro di me, le parole sono così crude, evocative, lucide ed essenziali che dolore, tristezza, rabbia e orrore mi invadono come un fiume in piena.

Preparare le letture mi aiuta a riflettere, mi fa pensare, mi accompagna nella ricerca della memoria ed è un’esperienza forse più importante e coinvolgente per me che per coloro che sabato ascolteranno queste parole.

Il mio compito è quello di renderle il più possibile vive e vere, il mio compito è quello di cercare di sparire perché la testimonianza resti centrale, perché le parole possano evocare la Shoah in tutta la sua terribile realtà.

Auschwitz - Birkenau

La Pisana.

Il mio amore per i libri e per la letteratura viene da lontano e, incredibile a dirsi, la televisione ha avuto un ruolo non secondario nella genesi di questo sentimento.

Quando la televisione ( e chi la governava) si sentiva in dovere anche di “educare” gli italiani piuttosto che limitarsi semplicemente ad intrattenerli venivano prodotti spettacoli spesso di alto livello come alcuni sceneggiati televisivi tratti da grandi opere letterarie che, almeno per quanto mi riguarda, avevano il potere di risvegliare in me il desiderio di leggere il libro a cui erano ispirati.

Ricordo in particolare tre produzioni degli anni sessanta, estremamente accurate e forse un po’ didascaliche: “La Pisana” tratto dalle “Confessioni di un Italiano” di Ippolito Nievo andata in onda nel 1960, nell’ambito delle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia, per la regia di Giacomo Vaccari, “Il Mulino del Po” tratto dal romanzo di Bacchelli e messo in onda nel 1963 per la regia di Sandro Bolchi e, infine, “I Promessi Sposi” del 1967 ancora una volta con la regia di Bolchi.

Nel tempo le immagini, in bianco e nero e un po’ sgranate, degli sceneggiati televisivi mi hanno guidato nella lettura dei romanzi e mi hanno aiutato ad apprezzarli proprio perché raccontavano storie puntualmente fedeli alle parole scritte nelle pagine dei libri.

Nel 1968 comparve sugli schermi “Odissea” che avvicinò tutti noi al capolavoro di Omero anche grazie all’introduzione di ogni puntata in cui alcuni versi del poema erano letti niente meno che da Giuseppe Ungaretti.

Quando mi capita di soffermarmi su qualche trasmissione televisiva contemporanea provo un po’ di tristezza.

Laodicea (Turchia)

Il cuore di una donna.

Adesso conosco davvero i bisogni del cuore di una donna,
quel cuore palpitante che è come un uccello
che vola nel vasto cielo dell’amore.
E’ come un vaso ricolmo del vino dei secoli,
fatto per essere sorseggiato dalle anime.
E’ come un libro sulle cui pagine si leggono
i capitoli della felicità e dell’infelicità,
della gioia e del dolore, del riso e del pianto.
Nessuno può leggere questo libro
se non il vero compagno,
l’altra metà della donna,
creato per lei dagli albori del mondo.

Gibran

Il vero compagno ascolta, rispetta, ama.
Il cuore di una donna lo sa.

cinque terre

Ogni caso.

Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?

Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore

Wislawa Szymborska (1923 – 2012)

Liguria 2005

Madri e figli.

I vostri figli

 

… e una donna che aveva al seno un bambino disse: parlaci dei figli. Ed egli rispose:

 

I vostri figli non sono figli vostri…

sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.

(Khalil Gibran)

Grazie mamma per essere stata il mio arco…..

Cavenago - Fiori e balconi

Se dovessi scegliere.

Oggi ho vissuto il  rito della “lavanda dei piedi”  insieme alla mia mamma e ad un folto gruppo di ospiti della casa di riposo, che hanno lietamente invaso, con le loro sedie a rotelle, la chiesa parrocchiale.

Tornando a casa  ho portato con me una preghiera, che ha la grazia di una poesia, della mistica francese Madeleine Delbrel che vorrei condividere perchè mi sembra che racchiuda in sé non solo quello che dovrebbe essere lo spirito della Settimana Santa, ma il senso stesso della vita quotidiana di ogni cristiano.

Se dovessi scegliere
una reliquia della tua Passione,
prenderei proprio quel catino
colmo d’acqua sporca.
Girerei il mondo con quel recipiente
e ad ogni piede
cingermi dell’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere
i nemici dagli amici,
e lavare i piedi del vagabondo,
dell’ateo, del drogato,
del carcerato, dell’omicida,
di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego mai,
in silenzio
finché tutti abbiano capito nel mio
il tuo amore.

croce
 

Quand la luna la fa la curuna…

Quando la luna fa la corona (ha un alone iridescente), “la nev la se muntuna”, ovvero “la neve si ammucchia”.

Quante volte ho sentito mia nonna, in serate come questa, trarre auspici dall’aspetto della luna nel cielo, auspici che considerava assolutamente sicuri.

Sono cresciuta al suono del dialetto di mia nonna, un dialetto dolce in qualche modo nobilitato dal suo marcato rotacismo (quella “erre moscia” che ho ereditato da lei), un dialetto sonoro, ricco di suoni particolari, così simili alla lingua francese, un dialetto pieno di immagini colorite, spesso intraducibili.

In casa si parlava in dialetto (il che non mi ha impedito di imparare comunque l’italiano) e anche oggi, quando devo formulare qualche concetto particolare, il dialetto è ancora il modo migliore per esprimere la pregnanza di alcune immagini.

Quando studiavo all’Università il corso su Carlo Porta, “Le charmant Carline” come lo definiva Stendhal, mi ha permesso di riscoprire il dialetto della mia città, il dialetto di mia nonna, quei suoni così familiari della mia infanzia, i suoni che ho amato e che, quando riaffiorano nei miei ricordi, ricostruiscono un mondo di relazioni e di affetti.

E, a proposito, stasera la luna ha un vistoso alone iridescente: mia nonna guarderebbe il cielo in attesa della neve.

Luna

Un anno dopo.

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue. ”

(Eugenio Montale)

E’ passato un anno e quando scendo le scale sento ancora il tuo passo pesante e un po’ incerto che risuona accanto al mio.

Milano