Archivi categoria: poesia

Aspettando l’autunno.

Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon cœur
D’une langueur
Monotone.

Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure ;

Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.
(Paul Verlaine)

Dopo questa estate rovente è quasi un sollievo aspettare l’autunno che per Verlaine è come una melodia struggente e malinconica, i violini feriscono il cuore con un languore “monotono” e il vento, che ci trascina come foglie morte, in fondo è una metafora della vita.

L’autunno è una stagione della vita, rappresenta la malinconia della fine, ma ha in sè già anche la speranza di un nuovo inizio e forse per questo motivo la tristezza è mitigata dalla gioia dei colori e dei profumi che, in questo momento dell’anno, sono così intensi.

Gessate

(piccola nota storica: i primi versi della poesia di Verlaine furono trasmessi da Radio Londra per annunciare alla resistenza francesa l’imminenza dell’invasione della Normandia e l’effettivo inizio delle operazioni)

Compagno di viaggio.

Dante è un compagno di viaggio fin dalle scuole medie quando la mia insegnante di italiano, che mai smetterò di ricordare con affetto, mi fece incontrare la Commedia, non senza impegno visto che ricordo ancora a memoria i brani di Caronte e di Ulisse e del conte Ugolino.

Mi innamorai subito di Manfredi, “biondo e bello e di gentile aspetto”, fui catturata dall’intelligenza di Ulisse, mi avvicinai in punta di piedi all’amore di Paolo e Francesca che allora non potevo capire, ma che intuivo fosse un sentimento potente, capace di sopravvivere alla morte.

Poi Dante mi ha accompagnato al liceo e all’università e ogni nuovo incontro, ogni nuova lettura mi hanno donato nuove emozioni e nuova conoscenza.

Dante non è solo il padre della lingua italiana e il sommo poeta, Dante era un intellettuale di vastissima cultura e sensibilità, è un profondo conoscitore dell’animo umano e dei sentimenti che guidano le azioni dell’uomo.

A settecento anni dalla morte del poeta oggi celebriamo il Dantedì proprio nel giorno in cui, secondo gli studiosi, si collocherebbe l’inizio del viaggio nell’oltretomba, l’inizio di un racconto che per molti versi coinvolge noi tutti.

Firenze

Una piccola cosa.

Ci sono dei versi, come quelli di Trilussa, che ho letto per la prima volta da bambina e che, ogni tanto, mi tornano in mente e mi fanno riflettere per la loro semplice sincerità:

“C’è un’ape che se posa su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.”

Meditate, gente, meditate.

Palanga (Lituania) - Museo dell'Ambra

Cocci aguzzi di bottiglia.

“Mai una gioia!” commenta una delle mie “piccole donne” mentre esploriamo la poesia di Montale e cerchiamo insieme di definire “il male di vivere” e di comprenderne la dimensione cosmica.

Fanno fatica a capire perchè a loro la vita non ha ancora rivelato in pieno il lato del dolore e della sofferenza, per loro la vita è ancora una strada ampia e luminosa dove il sole non abbaglia e non ci sono “cocci aguzzi” di vetro ad impedire ogni possibile via di fuga dalla realtà, per loro la vita è ancora speranza e promessa di felicità.

Non accettano quel muro arso dal sole che impedisce la vista, preferiscono la siepe dell’Infinito che lascia immaginare spazi e silenzi sovrumani, che può anche spaventare, ma lascia aperto uno spiraglio.

E’ confortante vedere questi ragazzini confrontarsi con i versi immortali di grandi poeti del passato e cercare, nelle loro parole, un manuale di istruzioni per affrontare la vita.

Non lo sanno ancora, ma stanno crescendo.

Exogi - Itaca (Grecia) Scavi

Sempre caro…

A Recanati si respira la presenza del Leopardi in ogni angolo, quando si attraversa la piazzetta tra il palazzo e la chiesa e lo sguardo sfiora i versi immortali scritti con una bella grafia sui muri, oppure quando si cammina per le strade strette verso palazzo Antici o quando, uscendo un poco dal borgo, si raggiunge il colle dell’Infinito e davanti agli occhi si squaderna la pianura.

Leopardi è ancora lì, il suo spirito è ancora lì come un “genius loci”.

E poi si entra nella casa, percorrendo lo scalone che il poeta percorreva, e si attraversa la biblioteca sfiorando con lo sguardo i volumi che recano ancora le sue impronte.

Ho guardato il paese dalla sua finestra, ho visto lo stesso “natio borgo selvaggio” che anche il Leopardi guardava quando sollevava lo sguardo dalle “sudate carte”, ho allungato la mano per sfiorare il piccolo tavolo sul quale il poeta si è chinato per anni e ho provato la forte emozione di entrare in contatto con un’anima che ho tanto amato, con un genio che ho  ammirato tanto da imparare a memoria i suoi versi.

Recanati (Marche)

Recanati (Marche)

Amore e assenza.

Ti ricordi?

Non abbiamo mai festeggiato San Valentino perché l’amore tra noi non aveva bisogno di ricorrenze e di regali e di mazzi di fiori e di cioccolatini, non aveva neanche bisogno di una festa che ci ricordasse quanto ci amavamo, perché bastavamo noi a ricordarlo, bastava la nostra quotidianità quieta e usuale, bastavano gli sguardi e i piccoli gesti e le mezze parole.

Non è mai stato un “grande” amore, ma un amore grande che ci riempiva la vita e le mani e oggi che le mie mani mi sembrano così vuote, oggi che non ci sei, non ho più parole e allora cerco le parole nei libri e mi affido alle parole degli altri per esplorare il vuoto che sento dentro:

Il futuro

 “E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il “tutto completo” delle sotterranee,
nei libri prestati e nell’arrivederci a domani”.

Julio Cortázar

Cracovia - Il ghetto

E te german di giovinezza, amore.

Ho imparato con l’esperienza che l’incontro degli adolescenti con il Leopardi non è mai improntato ad indifferenza: si può amare il Leopardi o si può odiare, ma raramente i ragazzi, persino quelli di oggi, riescono a non farsi toccare dall’universo che si spalanca loro davanti quando incrociano i versi del poeta.

Sarà forse perchè ne percepiscono la profondità o perchè ne condividono le fragilità, i dubbi, gli interrogativi, le speranze, sarà forse perchè nei suoi versi il poeta di Recanati parla spesso della giovinezza, di quella giovinezza alla quale, anche i miei ragazzi, stanno per affacciarsi, pieni di speranze e di paure, desiderosi solo di crescere, un po’ come il “garzoncello scherzoso” che non riesce a percepire lo stato beato della sua età, che è un’età fiorita, piena di speranze, gioiosa come il giorno, carico di attese, che precede la festa, sarà per tutti questi motivi, ma i ragazzi mi sembrano stranamente coinvolti, partecipi o infastiditi, ma comunque coinvolti.

Il buon vecchio Giacomo colpisce ancora.

Luna

… E fea quelle isole feconde…

Nel sonetto in cui, con acuta nostalgia e amore infinito, il Foscolo canta la sua terra, l’isola di Zante, la Zacinto in cui è nato e dove ha respirato amore e bellezza, affiorano le figure affascinanti del mito, a metà strada tra sogno e memoria.

Venere nasce dal mare e dona, con il suo primo sorriso, bellezza e vita alle isole, Ulisse torna finalmente in patria e bacia la terra amata, “bello di fama e di sventura”, dopo il lungo esilio al quale l’eroe omerico, a differenza del poeta, ha saputo e potuto porre fine.

Spiegare la poesia del Foscolo con gli occhi ancora pieni del verde e dell’azzurro di quelle “isole feconde”, baciate dal primo sguardo di Venere nata dal mare, mi dà un’emozione particolare.

Mi sembra di capire meglio la nostalgia del poeta. mi pare di comprendere il suo dolore, la rassegnazione della lontananza, la disperazione dell’abbandono.

Monastero di Kataron - Itaca (Grecia)

Passata è la tempesta.

“… Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso….”

Così cantava il Leopardi per raccontarci una situazione che l’uomo conosce bene: la serenità che ci riempie il cuore dopo un grande dolore, dopo un grande timore, è un’illusione di felicità, è un sollievo momentaneo, è il “piacer figlio d’affanno”.

La scorsa notte c’è stata la tempesta, preceduta da una grandinata violenta e improvvisa, che ha rovesciato sulle nostre notti boccheggianti  ed afose raffiche di vento e scrosci di pioggia, ma alla mattina non si sentivano molti “augelli far festa”, anzi il cielo era vuoto come se tutti gli uccelli si fossero rintanati nei loro nidi per lisciarsi le piume arruffate e riprendersi dallo spavento.

Poi, nel primo pomeriggio, sono comparse per prime le gazze, spavalde ed un po’ arroganti, quasi decise a dimostrare che il nubifragio non le aveva spaventate più che tanto.

Alla fine sono ricomparsi tutti gli uccelli e hanno riempito il cielo estivo dei loro canti: la tempesta è proprio passata.

Cavenago di Brianza (Prove)

L’angelo ferito.

Le bombe cadevano senza tregua su Milano e la paura, il dolore, la morte attraversavano la città come racconta Salvatore Quasimodo in una della sue poesie più ispirate: “Milano, agosto 1943”.

In quell’anno furono colpiti, oltre alle innumerevoli abitazioni civili, i luoghi simbolo della città come il Castello, la Villa Reale, Palazzo Marino, Santa Maria alle Grazie con il Cenacolo ( salvato solo grazie  alle provvidenziali protezioni predisposte per tempo), la Galleria e, come estremo sfregio al cuore della città, il Duomo e la Scala.

Di quel tempo restano ancora, su alcuni edifici, le frecce un po’ sbiadite che indicavano l’accesso ai rifugi antiaerei dove, al suono delle sirene, bisognava infilarsi in tutta fretta ed attendere, spesso per interminabili ore, che suonasse il cessato allarme.

Di quel tempo resta una dolorosa testimonianza nel portale centrale del Duomo, in quell’angelo dell’annunciazione con la mano troncata da una scheggia.

Quell’angelo ferito simboleggia gli orrori della guerra, simboleggia la stupidità del genere umano.

Milano - Piazza del Duomo