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Non basta dire “mai più”.

E’ facile, persino un po’ retorico, proclamare un “mai più” il 25 novembre, è ovvio che nella “giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” si affermi che la violenza non deve esistere, vorrei vedere se qualcuno osasse affermare il contrario.

Eppure la violenza continua ad esistere, la violenza non si ferma  davanti alle parole di sdegno e di condanna.

E allora riempiamo pure le nostre città, le nostre vie di scarpe rosse, rosse come la femminilità libera e gioiosa, rossa come il sangue versato, rosso come la forza di combattere.

Ma non limitiamoci solo alla protesta simbolica, ma impegniamoci a cambiare le cose nell’unico modo possibile, con l’educazione al rispetto della dignità e della libertà di ciascuno.

In primo luogo tocca a noi donne educare una nuova generazione di uomini, a partire dai nostri figli, uomini che capiscano la compassione e il rispetto, uomini che sappiano amare e si lascino amare, uomini che amino la libertà delle donne come la loro stessa libertà, la dignità delle donne come la loro stessa dignità.

Cavenago - Scarpe rosse

Cerchi rosa.

Come avrebbe reagito De Coubertin, che sosteneva che “la differente fisiologia della donna e il diverso ruolo nella società la rendevano inadatta all’attività sportiva”, se avesse assistito alla cerimonia di apertura dei giochi della XXXI Olimpiade?

La notte di Rio ha visto sfilare numerosissime portabandiera, alcune sorridenti, altre emozionate, altre orgogliose del proprio ruolo, consapevoli di quanto lungo sia stato il cammino che le ha portate lì, in quello stadio leggendario per imprese sportive tutte al maschile.

Dietro di loro hanno sfilato le squadre, tutte con almeno una donna fra gli atleti quasi a testimonianza dei mutamenti dell’ultimo secolo riguardo alla presenza delle donne nella società.

Tra le portabandiera ho visto la nostra Federica Pellegrini, sorridente ed emozionata e poco prima di lei, con la bandiera dell’Iran, Zahra Nemati, l’atleta costretta da un incidente a muoversi in sedia a rotelle, pronta a rappresentare orgogliosamente il suo Paese nella cerimonia di apertura a nella gara di tiro con l’arco.

Ho visto l’alfiere della squadra dei Rifugiati, la diciottenne siriana dall’aria sbarazzina Yusra Mardini che nell’agosto del 2015 si è tuffata dal barcone alla deriva nelle acque del Mare Egeo con venti persone a bordo e nuotando per tre ore lo ha trascinato fino a portare tutti in salvo sulle coste dell’isola di Lesbo.

Queste donne forti, coraggiose, sorridenti la loro medaglia l’hanno giù vinta.

Finale ligure

 

 

Il velo.

La scorsa estate, a Istanbul, ho indossato spesso il velo quando dovevo visitare una moschea e stavo attenta ad indossare abiti non troppo corti o scollati (come del resto mi comporterei entrando in una chiesa cattolica), poi toglievo le scarpe ed entravo nello spazio sacro dove l’abbigliamento è un segno di rispetto nei confronti di Dio (e delle persone che in Dio credono).

Fuori, per la strada, il velo spariva nella borsa (a meno che non decidessi di ripararmi dal sole troppo cocente) e giravo per la città abbigliata con gli stessi abiti con cui girerei per Milano, mai troppo succinti o vistosi, ma questo è il mio modo di vestirmi.

Per la strada incontravo donne vestite all’occidentale e donne coperte da lunghi paludamenti scuri che lasciavano intravvedere solo gli occhi e nessuna mi sembrava fuori luogo.

Più spesso, lontano dalle città, ho visto donne che si coprivano il capo con un foulard annodato sulla nuca e le gonne lunghe, un po’ come le nostre contadine di tanto tempo fa, ho visto donne che frequentavano la scuola di tessitura per imparare a tessere tappeti con il nodo gordiano e assicurarsi così la possibilità di avere un lavoro grazie al quale affrancarsi dalla necessità di dipendere economicamente dal marito.

Ho avuto l’impressione che le donne cercassero una nuova dignità

Ho avuto l’impressione che le donne godessero di una discreta autonomia e della libertà di scegliere.

Oggi arrivano dalla Turchia notizie inquietanti che sembrano preludere ad un balzo indietro nel tempo, all’epoca precedente la rivoluzione laica di Ataturk e questo fatto mi preoccupa e mi intristisce.

Avanos (Turchia)

Buongiorno Italia.

“….Eravamo consapevoli che il voto alle donne costituiva una tappa fondamentale della grande rivoluzione italiana del dopoguerra.
Avevamo finalmente potuto votare e far eleggere le donne. E non saremmo state più considerate solo casalinghe lavoratrici senza voce ma fautrici a pieno titolo della nuova politica italiana”.
(Filomena Delli Castelli eletta all’assemblea Costituente il 2 giugno 1946)

Settantanni fa le donne italiane votavano per la prima volta.

Settantanni fa nasceva la Repubblica.

Auguri Italia.

Tricolore

Madri e figli.

I vostri figli

 

… e una donna che aveva al seno un bambino disse: parlaci dei figli. Ed egli rispose:

 

I vostri figli non sono figli vostri…

sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.

(Khalil Gibran)

Grazie mamma per essere stata il mio arco…..

Cavenago - Fiori e balconi

L’eleganza delle linee curve.

Ieri è morta Zaha Hadid, una grande donna, una grande artista, un architetto raffinato  che ha creato edifici dalle linee sinuose ed eleganti.

A Milano, nell’area di recupero della vecchia Fiera Campionaria denominata CityLife sta crescendo una delle sue creazioni, un grattacielo che si arrampica verso l’alto con un andamento a spirale che ha la grazia di un movimento di danza.

Poco distante, in uno degli angoli dello spazio quadrato dove un tempo sorgevano i padiglioni della Fiera, s’innalza un edificio residenziale di grande bellezza, bianco con profili di legno che ricordano il fasciame di una nave.

Qualche anno fa ho avuto l’opportunità, nell’ambito delle manifestazioni per il Salone del Mobile, di visitare uno degli appartamenti all’ultimo piano, luminosissimo, con una terrazza simile alla tolda di una nave protesa verso il centro della città, affacciata sul panorama del Duomo e della Torre Velasca.

Ricordo di aver pensato che, se mi fosse avanzato qualche milione di euro, mi sarebbe piaciuto vivere lì e non solo per il gusto un po’ snob di abitare in un alloggio prestigioso, ma perchè gli ambienti così bianchi e dolcemente arrotondati mi davano un senso di grande serenità.

Mi sarebbe piaciuto bere il primo caffè del mattino seduta su quella terrazza così simile ad una prua.

Zaha Hadid ha il grande merito di aver saputo creare tanta bellezza.

Milano - CityLife

“Casta fuit, domum servavit, lanam fecit”

Una famosa epigrafe funebre del II sec. a.C. elogia una defunta della quale ci sono giunte, attraverso i secoli, le preclare virtù domestiche: “Fu casta, governò la casa, lavorò la lana”, che suona un po’ come l’impietoso “vai a casa a fare la maglia” che ogni tanto sfugge a qualche ometto a corto di argomenti dialettici.

A ben guardare l’invito rivolto a Giorgia Meloni (“Pensi a fare la mamma”) rientra in questa logica, la logica che vorrebbe le donne sempre relegate ad un ruolo di second’ordine come se le donne non avessero più volte dimostrato di essere multitasking, di saper governare la casa, allevare i figli, prendersi cura degli anziani e dei malati e intanto svolgere una professione a tempo pieno.

Una donna può essere impegnata in un lavoro magari di responsabilità, magari fino a sessantasei anni, ma è meglio che non si cimenti in compiti di governo, in ruoli di potere: quelli toccano di diritto agli uomini (che possono sempre contare su una donna che mandi avanti la casa, allevi i figli, curi anziani e malati eccetera eccetera).

“Che la tasa, che la piasa, che la staga a casa”…

… quanta strada devono fare ancora le donne…

Milano-Expo 2015

Un po’ di coraggio.

Ci vuole un po’ di coraggio (o forse ce ne vuole tanto) a immaginare di imbarcare venticinque pargoli di prima media su un autobus extraurbano per andare a Monza a visitare il Duomo, con la cappella di Teodolinda (e la corona ferrea) e il Museo del Duomo con la spettacolare “Chioccia con i pulcini”.

Ci vuole coraggio a sostenere lo sguardo vagamente stupito e adirato degli altri viaggiatori alla vista dei posti inesorabilmente occupati.

Ci vuole anche un po’ di coraggio a pensare di attraversare un incrocio cittadino, con il semaforo verde che resta acceso per quindici brevissimi secondi, con venticinque pargoli che procedono un po’ ciondolanti senza curarsi delle auto che sgasano pronte a scattare.

Ci vuole coraggio, o forse no, forse semplicemente basta prendere qualche precauzione, mantenere la calma e affrontare tutta la faccenda con un briciolo di ottimismo.

In fondo coraggio, prudenza, calma e ottimismo sono spesso appannaggio delle donne (… e delle donne insegnanti in particolare) e oggi è proprio la Giornata internazionale della Donna.

Comunque tornare a casa tutti quanti sani e salvi non ha prezzo.

Monza

 

Le donne al voto.

La storia del suffragio femminile è stata lunga e spesso dolorosa, per troppo tempo purtroppo l’opinione pubblica, quella maschile, ha coccolato l’opinione che le donne non avessero idee politiche, non fossero in grado di scegliere e, tanto meno, di essere elette.

Il clima di rinnovamento che si respirava n Italia dopo la dittatura fascista e la seconda guerra mondiale portò a considerare l’idea che anche le donne potessero votare, anche perchè, come era già successo durante la Grande Guerra, anche nel secondo conflitto mondiale le donne hanno dovuto sostituirsi agli uomini nelle attività produttive, ma soprattutto hanno partecipato alle azioni belliche  e alla Resistenza e, come e forse più degli uomini, hanno sofferto sulla loro pelle gli orrori della guerra e per questi motivi le donne hanno trovato una nuova consapevolezza, una maggiore autostima, un desiderio di assumersi le proprie responsabilità che, nell’immediato dopoguerra, hanno portato ad un acceso dibattito sul diritto di voto.

Il 30 gennaio 1945 il consiglio dei ministri, come ultimo argomento, discusse del voto alle donne. La maggioranza dei partiti  si dimostrò favorevole al provvedimento e  il 31 gennaio 1945 venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni (la maggiore età a quell’epoca).

Molti ricordano che fu il 2 giugno 1946 il giorno  in cui le donne furono chiamate al voto per il referendum istituzionale e le elezioni politiche, ma forse non tutti sanno che la prima volta in assoluto furono le elezioni amministrative del 10 marzo 1946.

Milano 13 febbraio 2011
 

Petali di donne.

In occasione della Giornata della Donna questa sera l’ Associazione Theao ha messo in scena lo spettacolo “Petali di donne“, un lavoro teatrale suggestivo, un’occasione per riflettere sull’universo femminile, da Euripide a Tennessee Williams.

Storie di donne, parole di donne, le loro paure, i loro sogni, la ricerca della felicità, la necessità di una continua rinascita sono stati i temi intorno a cui ha ruotato la serata, temi non banali che aiutano a riflettere sulla condizione della donna, per provare ad affrancarsi dal cliché di una giornata che è diventata ormai una festa frivola che lascia un po’ il tempo che trova.

fiore rosa