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Sguardi sereni.

In questi tempi così tribolati, sospesi tra una pandemia e una guerra, è difficile ritagliarsi un po’ di serenità, un momento in cui riprendere fiato, in cui dimenticare i telegiornali e le notizie che ci piovono addosso lasciandoci sentimenti di impotenza e di angoscia.

E poi si riesce a trovare un po’ di tempo per visitare una mostra e, all’improvviso, ci si trova catapultati in un’altra dimensione, in un luogo dove gli sguardi sono sereni e pacati e non c’è dolore e non c’è angoscia.

La mostra a Palazzo Reale dedicata a “Tiziano e l’immagine della donna nel ‘500 veneziano” è una di quelle occasioni in cui ci si può allontanare dai pensieri e dalle preoccupazioni per immergersi completamente nella bellezza.

Oggi ci siamo andate di corsa anche per il timore suscitato dalla notizia (poi rientrata) che l’Ermitage di San Pietroburgo avrebbe richiesto in brevissimo tempo le opere prestate alle esposizioni milenesi.

E così, tra le altre opere, ho incontrato la donna ritratta da Tiziano (e conservata proprio all’Ermitage) inconfondibile, con il vezzoso cappello piumato, il manto gettato su una spalla e lo sguardo fermo e sereno.

E ancora una volta mi sono illusa che “la bellezza salverà il mondo”.

Milano - Palazzo Reale - "Tiziano e l'immagine della donna nel '500 veneziano"

Monet a Palazzo Reale

Sono tornata a respirare l’aria della mia città (in realtà “respirare” è una parola grossa a causa della famigerata mascherina FFP2 ben calzata sul viso), ma neppure il fetido morbo e l’aumento vertiginoso dei contagi sono riusciti ad impedirmi di godermi la visita alla mostra dedicata a Monet a Palazzo Reale.

Il percorso si snoda fra cinquantatré opere di Monet, tutte provenienti dal Museo Marmottan Monet di Parigi, tra cui le sue “Ninfee” (1916-1919), “Il Parlamento”, “Riflessi sul Tamigi” (1905) e “Le rose” (1925-1926).

Ci si addentra in un cammino in ordine cronologico che ripercorre l’intera parabola artistica del pittore, attraverso le opere che Monet considerava fondamentali e molto personali, che non volle mai vendere, che rimasero custodite gelosamente nella sua abitazione di Giverny.

E’ come immergersi in un universo di luce e colore, creato da pennellate che, con il passare del tempo, diventano sempre più visibili e materiche.

In questi tempi così bui i colori di Monet sembrano ancora più vivi e quasi gioiosi ed è una esperienza liberatoria percorrere le sale e farsi accogliere da tanta luminosa bellezza.

In attesa di Partire per Giverny, nel prossimo mese di aprile, per immergermi nel suo universo di luce e colore.

Milano - Palazzo Reale - Monet

Milano in bianco e nero.

E’ in bianco e nero la città nei miei ricordi del 12 dicembre 1969.

In bianco e nero sono le immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana devastate dall’esplosione dell’ordigno assassino, con la spaventosa voragine aperta come un cratere nel salone.

In bianco e nero sono le immagini di Piazza del Duomo piena all’inverosimile per i funerali nella cattedrale delle diciassette vittime, con la gente accorsa a testimoniare le pietà, il dolore, ma anche il coraggio di una città che non vuole farsi intimidire, con la teoria dei carri funebri che fendono la folla in un silenzio sgomento.

Sono immagini in bianco e nero come quelle che emergono dalla storia passata, come le immagini delle guerre mondiali e del dopoguerra, come le foto dei nonni vestiti con abiti improbabili che riposano su qualche mensola di casa, sono foto “vecchie” di una storia “vecchia”, sono la prova che il tempo è passato e i ricordi sono svaniti.

Ma per me, e credo per molti della mia generazione e della mia città, quelle immagini in bianco e nero raccontano di un passato che non si può dimenticare e che ancora indigna e addolora.

Non dimentichiamo la strage di Piazza Fontana.

Milano - Palazzo Morando - "Milano negli anni '60"

Andem al Domm

Era da tanti anni che non entravo in Duomo, praticamente da quando l’accesso è stato regolato dal pagamento di un biglietto e davanti alla cattedrale si formavano code interminabili di turisti e visitatori.

Oggi, anche a causa della pandemia che ha ridotto il numero dei turisti, la coda era decisamente breve e molto scorrevole.

Dopo aver mostrato il “green pass” e il biglietto d’ingresso, dopo essere passata al controllo con il metal detector e alla perquisizione della borsa finalmente ho varcato la soglia della Cattedrale che (almeno come la penso io) è la più bella del mondo, ed è stato un po’ come tornare a casa.

Mi è tornato in mente che quando frequentavo l’Università, in via Festa del Perdono, uscivo dalla stazione della metropolitana e, per raggiungere la mia destinazione, attraversavo il Duomo entrando dalla porta centrale ed uscendo da quella laterale.

Era il mio piccolo rito quotidiano, fatto di devozione ed ammirazione, al quale non ho mai rinunciato.

Oggi sono tornata e ho ritrovato gli alti pilastri che sembrano perdersi nel cielo, le vetrate policrome che disegnano riflessi multicolori sui marmi, l’atmosfera austera e allo stesso tempo accogliente, e la scultura di Marco d’Agrate che raffigura un San Bartolomeo vagamente inquietante.

Ho ritrovato questo luogo che per me, come per molti milanesi, rappresenta non solo un simbolo, ma l’immagine stessa della città.

Milano - Il Duomo

Cristina Trivulzio di Belgioioso

A questa donna, celebre in tutta Europa nell’ottocento per l’impegno politico e sociale e poi inspiegabilmente dimenticata, Milano ha dedicato, a 150 anni dalla morte, la prima statua che rappresenta una donna (che non sia la Beata Vergine o una santa o una personificazione allegorica), posta al centro di Piazza Belgioioso, di fronte al palazzo di famiglia e accanto a casa Manzoni. nel cuore della città, vicinissima alla Scala e alla chiesa di San Fedele.

Cristina nacque nella famiglia Trivulzio, una delle più nobili casate meneghine, e sposò giovanissima il principe di Belgioioso da cui si separò ben presto non sopportando continui tradimenti.

Per il suo impegno a favore dell’Unità d’Italia  fu perseguitata dalla polizia austriaca e obbligata a fuggire in Francia, dopo la confisca dei beni di famiglia.

A Parigi iniziò a scrivere e a partecipare al dibattito politico e culturale del tempo, aprì un salotto frequentato dai più noti intellettuali, strinse amicizia  con Heinrich Heine, Liszt, de Musset, tenne una corrispondenza epistolare con La Fayette, scrisse articoli e finanziò la pubblicazione di giornali politici e patriottici.

Dopo l’Unità d’Italia la sua presenza nella vita politica divenne marginale, si ritirò a vita privata e si dedicò ai primi tentativi di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei contadini e di istruzione gratuita per i ragazzi delle classi meno abbienti.

Era una donna indipendente, forte, determinata, anticonformista e coraggiosa tanto che Carlo Cattaneo la definì “la prima donna d’Italia”.

Sulla sua statua, che la raffigura in tono antiretorico, è incisa una frase che la rappresenta:

Vogliano le donne felici e onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!”

Milano - Statua di Cristina Trivulzio di Belgioioso

Piazza Gae Aulenti.

E’ uno dei luoghi di Milano che preferisco, mi piace sedere sulla panchina circolare al centro degli specchi d’acqua e osservare le persone che passeggiano o camminano svelte o attraversano il largo spazio in bicicletta, in un angolo un po’ defilato un gruppetto di ragazzi improvvisa una coreografia al suono della musica di uno stereo posato a terra, una signora lancia una pallina da tennis tra i getti d’acqua della fontana e il suo cane si lancia all’inseguimento cercando di evitare gli schizzi.

E’ una piazza viva e, nonostante l’apparente freddezza delle pareti in vetro e cemento dei grattacieli, la gente sembra viverla come una piazza di paese, un luogo dove incontrarsi, trascorrere un po’ di tempo, sedere al sole sorseggiando un caffè, chiacchierare.

Poco lontano dagli edifici imponenti si allarga la Biblioteca degli Alberi, il nuovo parco cittadino, che in questo inizio di autunno comincia a tingersi dei colori caldi che rendono così vivace questa stagione, così come iniziano ad ingiallire gli alberi che decorano i balconi del Bosco Verticale.

Oggi, nonostante il grigiore freddo del mattino, il cielo all’improvviso si è liberato dalle nubi ed è diventato azzurro come dopo un temporale, ed è stato piacevole tornare in città, tornare in questa piazza che in questi tempi di pandemia ho visitato così poco, è stato un po’ come tornare alla normalità.

Milano - Piazza Gae Aulenti

La “Biblioteca degli Alberi”

Si chiama “BAM” ed è un cuore verde tra i grattacieli di Piazza Gae Aulenti e Porta Nuova a Milano, è uno spazio di frescura e bellezza che ben si armonizza con il vetro e il cemento degli edifici.

Pare incredibile che nel centro della città si possa ammirare un grande prato punteggiato di papaveri multicolori e fiordalisi che mi ricorda le distese di grano della mia infanzia quando papaveri e fiordalisi erano parte del panorama estivo della campagna.

BAM è anche un luogo dove rilassarsi, riempirsi gli occhi di verde e di azzurro, ascoltare musica, fare un picnic, prendere il sole.

E’ piacevole dopo tanti mesi (era da settembre che non tornavo a Milano) ritrovarsi in questa città che è sempre più bella, è piacevole persino attraversare i quartieri su un tram sferragliante, guardando edifici e monumenti con il desiderio di riappropriarsi di un luogo amato e mai dimenticato.

Sono tornata a Milano e Milano è sempre più nel mio cuore.

Milano - Bam (Biblioteca degli alberi)

Una nuova stella

Carla Fracci, la splendida “etoile” della Scala nella cui scuola era entrata all’età di dieci anni tra gli “spinazitt” (“spinazitt” è il soprannome dialettale delle piccole allieve le cui acconciature ricordano vagamente gli spinaci), ha lasciato questa vita per brillare come una nuova stella nel cielo.

Per anni è stata l’essenza stessa della danza, una donna elegante, raffinata, colta, intelligente, un simbolo, lei figlia di un tranviere, per Milano che oggi piange la sua scomparsa.

Quando entrò nella scuola fu accolta, benché fragile e gracilina, perché aveva un “bel faccino” e un incredibile senso della musica e del ritmo, il suo talento le permise di diventare prima ballerina poco più che ventenne.

Ha danzato nei corpi di ballo più prestigiosi e con i patner più celebri e la sua interpretazione di Giselle è un dono prezioso.

Oggi la sua stella si è accesa nel cielo e a noi resta il ricordo di una grande danzatrice e di una grande donna.

Milano - Museo Teatrale della Scala

Fuorisalone.

Nella mia vita precedente (precedente al Covid intendo) in questo periodo dell’anno mi piaceva fare una scappata a Milano per gli eventi del Fuorisalone, soprattutto nella zona di Brera e di via Tortona.

Mi sembra irreale anche solo ricordare quella sensazione di vitalità, di creatività, mi sembra incredibile che ci fossero quegli “assembramenti” e mi mancano quella curiosità e quel desiderio di vedere, di conoscere, di lasciarmi sorprendere.

Ricordo ancora alcuni eventi sorprendenti, i giochi di luce e di colori, le forme inusuali.

Ricordo ancora la quieta serenità di godersi un caffè seduta ad un tavolino all’aperto, assaporando i primi tepori.

Ora che (a parte i colori variegati della mia regione) non ho alcune necessità di andare a Milano e ho poca voglia di salire su di un tram affollato quell’immersione nel gusto e nel design mi sembra lontana come la luna.

E mi chiedo quando e se ritorneremo.

Milano - Fuorisalone

Lieto evento.

Con qualche giorno di ritardo sul previsto, anche a causa del freddo degli ultimi tempi, sono nati i piccoli di Giò e Giulia, la coppia di falchi pellegrini che nidificano sulla cima del Pirellone.

Come lo scorso anno la webcam che tiene d’occhio la famigliola ha permesso ai molti fan di osservare la schiusa delle uova e di partecipare alle prime ore di vita dei piccoli.

Devo dire che anch’io, nelle lunghe ore del primo lockdown, mi sono fatta catturare dalla curiosità e ho osservato spesso i progressi dei piccoli accuditi amorevolmente dai genitori che ormai sono praticamente diventati le mascotte del palazzo tanto che, sul sito della Regione Lombardia è possibile seguire la giornata della famigliola grazie a due webcam.

I falchi se ne stanno lì, sulla terrazza che si affaccia sullo splendido panorama della città, ignari dell’interesse suscitato, accudiscono i loro piccoli con dedizione fino a quando sarà giunto anche per loro il momento di abbandonare il nido.

Milano