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Una serata di musica e parole.

Ieri sera ho assistito ad un evento veramente raro: una lettura di brani danteschi (soprattutto le invettive politiche) accompagnata da un concerto di musiche del tempo di Dante suonate con strumenti del tempo di Dante (ricostruiti sulla base di dipinti e disegni dalla liuteria Sangineto) e da coreografie deliziose del gruppo “Kalenda Maya Danze”.

L’evento, organizzato dal Comune di Cavenago di Brianza in collaborazione con l’associazione “Amici della Musica” di Monza, nell’ambito della manifestazione “Ville aperte in Brianza 2021” ha rappresentato, almeno per quanto mi riguarda, uno di quei rari momenti in cui ci si sente quasi sospesi al di sopra del tempo e della vita quotidiana, in cui i pensieri di tutti i giorni sembrano svanire sullo sfondo.

La musica rievoca sonorità medievali, è una musica gioiosa che l’anima riconosce, perché si tratta di ritmi, di suoni che sono radicati dentro di noi e, quando li incontriamo, ci sentiamo “a casa e in pace”.

Le danze aggraziate e “gentili” riportano ad un passato che ha i contorni sfumati della leggenda.

E poi ci sono le parole del Sommo Poeta, parole dure, sarcastiche, a tratti violente che colpiscono per la loro incredibile contemporaneità.

E’ stata veramente una bella serata, purtroppo a causa del maltempo e delle restrizioni per la pandemia, una serata per pochi, ma è stato un felice privilegio esserci.

Cavenago di Brianza - "Caro Dante"

L’incanto della musica.

C’è tutto il tepore di una sera di primavera che quasi scivola verso l’estate, ma c’è anche un soffio di brezza leggera che, a tratti, fa rabbrividire.

Cala il buio sulla Villa Reale di Monza mentre mi lascio cullare dalla musica dell’orchestra dei Cameristi della Scala osservo il cielo che cambia colore e le nuvole che corrono veloci e mi accorgo di sentirmi bene.

Questo è uno dei primi concerti dal vivo in tempo di pandemia e c’è l’emozione di un nuovo inizio, i musicisti sembrano suonare con un’energia nuova e ce lo dicono, ci raccontano la loro emozione nel ritrovarsi davanti a occhi che guardano e orecchie che ascoltano e mani che applaudono.

Per la prima volta mi pare di comprendere quanto debba essere stato difficile per degli artisti suonare in una sala vuota, davanti ad una telecamera, senza la presenza silenziosa ed attenta del pubblico.

In questa sera di primavera, mentre scende il buio i musicisti e gli spettatori sono trasportati dalle note di Vivaldi e di Astor Piazzolla in una sorta di luogo sospeso, dove non ci sono le preoccupazioni di tutti i giorni, dove anche il suono delle sirene delle ambulanze sembra affievolirsi, dove riscoprire una nuova normalità.

Monza - Concerto alla Villa Reale

La prima della Scala.

Il giorno di Sant’Ambrogio oltre ad essere un giorno di festa per Milano è anche, per tradizione, il giorno della “prima” della Scala, l’occasione in cui il grande teatro spalanca le sue porte ad un pubblico che, quasi ogni anno, è stato accolto, all’esterno, da contestazioni e proteste, mentre il foyer si affolla di visi noti e meno noti, di abiti eleganti, di gioielli sfolgoranti.

Talora l’occasione mondana fa dimenticare che la Scala è un tempio della musica e che la musica, il bel canto, il balletto, l’orchestra i direttori e gli interpreti prestigiosi sono i veri protagonisti della serata (e della stagione).

Quest’anno, a causa della pandemia, mancherà la mondanità, mancherà il gossip, mancheranno le critiche più o meno velenose su vestiti e acconciature, ma ci sarà la musica e sarà per tutti, e sarà uguale per tutti perché chi vorrà partecipare alla “prima” potrà farlo, magari stravaccato sul divano di casa, magari in tuta, quasi sicuramente senza gioielli, trucco e parrucco: basterà accendere la televisione e chiudere gli occhi per essere teletrasportati nel palco reale.

Milano - Museo Teatrale della Scala

L’intelligenza del cuore.

“Ogni donna è stata ed è una bellissima bambina, troppo spesso trasformata in merce da chi non riesce a comprenderne il bisogno d’amore e di cura“.

Questa, in estrema sintesi, è la ” morale” del racconto portato in scena, ieri sera al teatro di Oreno, da una Lella Costa in gran spolvero.

Prendendo spunto dalla “Traviata” di Giuseppe Verdi e dalla “Signora delle camelie” di Alexandre Dumas e passando attraverso le storie di due grandi dive, Maria Callas e Marilyn Monroe, donne che hanno sofferto per grandi amori non corrisposti, donne lontane nel tempo e nello spazio, ma così simili, Lella Costa rende omaggio, con sensibilità, intelligenza e sorridente ironia a tutte le “Traviate” del mondo.

Sul palcoscenico, accanto all’attrice, un pianoforte accompagna le arie più celebri dell’opera verdiana, interpretate dal vivo da una soprano e da un tenore, permettendo così un dialogo quasi surreale tra la narratrice e Violetta e Alfredo.

Lo spettacolo riesce a raccontare come ci siano linguaggi immortali, il melodramma e il romanzo d’appendice, e come certi meccanismi dell’innamoramento e delle relazioni siano veramente comuni a tutti noi.

Oreno - Locandina

“La mia letizia infondere”

Il 27 gennaio 1901 moriva a Milano Giuseppe Verdi nell’albergo “Grand Hotel et de Milan” in Via Manzoni non molto lontano dal Teatro Alla Scala e i milanesi, che avevano imparato ad apprezzalo e ad amarlo, sostavano davanti alle sue finestre per avere notizie del maestro, colpito da ictus qualche giorno prima.

La mia bisnonna che era originaria di Parma, ma che si era trasferita nella città meneghina qualche anno prima, faceva parte di quella piccola folla e amava raccontarmi che sul selciato era stata stesa della paglia perché il rumore delle ruote dei carri non disturbasse il maestro nelle ore dell’agonia.

Prendendo spunto proprio da quel gruppo di milanesi l’Associazione Musicale”Claudio Monteverdi” ha messo in scena, nelle stanze di Palazzo Rasini a Cavenago di Brianza, una rappresentazione teatrale itinerante incentrata sulle musiche più celebri del Maestro con una parte corale, come le arie del “Nabucco” e dei “Lombardi” e alcuni brani solistici di grande emozione.

Nelle stanze illuminate del Palazzo gli spettatori si muovono fianco a fianco con gli artisti in uno scambio di emozioni e di energia, diventano testimoni e partecipi di una Milano di inizio secolo ricca di cambiamenti e di splendore culturale.

Il “Va’ Pensiero” che si alza nello stupendo Salone di Apollo strappa un’emozione in più.

Cavenago di Brianza - Palazzo Rasini - Spettacolo Musicale "La mia letizia infondere"

Autarchia.

Leggo oggi che è stato depositato un progetto di legge che prevederebbe, nelle trasmissioni radiofoniche, che una canzone su tre, fra quelle trasmesse, sia cantata da artisti italiani, scritta da autori italiani e prodotta in Italia con l’obiettivo di puntare sulla nostra musica, dare spazio agli esordienti, tutelare la tradizione canora italiana (qualsiasi cosa questo significhi) e, perch no, fare un dispetto alla “perfida Albione”.

Non ascolto molto la radio e, di preferenza, non ascolto spesso trasmissioni musicali proprio perché preferisco scegliere che musica ascoltare, di conseguenza questo provvedimento, che probabilmente non vedrà mai la luce, mi tocca molto poco, tuttavia mi infastidisce un po’ l’idea che sia necessaria una legge vagamente autarchica per dare spazio alla produzione italiana.

Se una canzone è bella, italiana o straniera che sia, non ha bisogno di una legge per entrare a far parte della nostra colonna sonora.

In fondo, per dirla ancora una volta con Bennato (autore per altro italianissimo) “sono solo canzonette”.

radio

Sono solo canzonette.

Il dopo festival, come tutti gli anni, è il momento non solo dei commenti, più o meno taglienti, ma anche delle recriminazioni, delle ripicche, delle discussioni infinite (nei salotti televisivi) su chi doveva vincere e non ha vinto e viceversa.

In alcune occasioni, nella platea dell’ Ariston, nella sala stampa e fuori ci sono stati momenti di clima da stadio, come ormai troppo spesso succede in tante situazioni in cui si evidenzia una contrapposizione, quando chi la vede in modo diverso da noi diventa non solo un avversario, ma un nemico da ridicolizzare, da offendere, da demonizzare.

In fondo Sanremo è una competizione tra canzoni (e non tra cantanti) con un regolamento precise, la canzone vincitrice lo è secondo le regole ed è una inutile immaginare esiti diversi con regole diverse.

Lo scalpore sollevato dall’esito del festival mi sembra, francamente, degno di miglior causa, in fondo, per dirla con Bennato, “sono solo canzonette”.

Mucca musicale

Stille Nacht, heilige Nacht.

E’ una delle canzoni natalizie più famose (dalle nostre parti nota col titolo “Astro del Ciel”) che fu eseguita per la prima volta la vigilia di Natale del 1818, proprio duecento anni fa, nella chiesa di San Nicola a Oberndorf, vicino a Salisburgo.

Il canto evoca tutta la magia di una notte silenziosa, di una notte santa in cui tutto è pace, solo una coppia veglia accanto ad un bambino ricciuto che dorme sulla paglia della mangiatoia.

La musica ricorda una dolcissima ninna nanna che possiamo facilmente immaginare sussurrata da Maria per tranquillizzare il Bambino forse turbato nel suo placido sonno dal canto degli angeli e dall’accorrere festoso e stupito dei pastori.

Quando, nella notte di Natale, sento l’organo accennare le prime note che si librano purissime nell’aria greve di incenso, mi sento invadere da una dolcezza struggente che mi riporta alla mente tante notti simili e la magia e il mistero della nascita e la tenerezza della mano di mio padre che stringe la mia.

Milano  - Natale 2016

A disen “la canzon la nass a Napoli”.

Ogni tanto, nella casa di riposo dove vive mia madre, arriva un coro che allieta gli ospiti con canzoni un forse po’ datate, ma piene di ritmo e di allegria.

Sono canzoni di tanto tempo fa che parlano di amori ingenui, di baci rubati, di addii strappalacrime, di campane che suonano a distesa, di sguardi furtivi, di pianti e sorrisi, di sogni e speranze.

Gli ospiti, ma soprattutto le ospiti, seguono il canto con trasporto, battono le mani, partecipano felici e sorridono con gli sguardi che si perdono dietro a ricordi lontani, ad amori lontani.

Poi, alla fine del breve concerto, il coro intona “Oh mia bela Madunina” e anche tra gli spettatori le voci si alzano finalmente decise, forti mentre le parole del capolavoro di Giovanni D’Anzi, con le sonorità del mio dialetto dolcissimo ed armonioso, sembrano librarsi nell’aria.

Che bello sentirli cantare.

Milano - La Madonnina