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Osservazioni di una “rompiballe”.

“Rompiballe” non è un termine che uso spesso, ma visto che un ministro del mio Paese mi ha definito così se mi illudo di pagare un caffè con la carta di credito, mi corre l’obbligo di citarlo.

Intendiamoci, solitamente non pago i caffè con la moneta digitale, ma ho l’abitudine di avere sempre pochissimo contante con me (i ripetuti borseggi mi danno in qualche modo ragione) e poi apprezzo l’idea di acquistare qualcosa di imprevisto senza dover fare i conti con quello che ho nel portafogli, peraltro abbastanza miserrimo.

Mi piace entrare in un negozio per acquistare un golfino e magari comprarne due perché mi piace il modello o perché ho trovato il capo che cercavo da tempo e non essere limitata dal fatto di avere con me solo una ventina di euro.

D’altra parte, visto il ventilato limite di sessanta euro entro il quale sarebbe possibile rifiutare i pagamenti con il pos, non oso mmaginare quanto contante dovrei infilare nella borsetta per esempio per gli acquisti natalizi o nel periodo dei saldi o quando sono in viaggio (certo l’alternativa sarebbe di continuare a prelevare dai bancomat, ma anche questa operazione non è esente da costi).

Di conseguenza, dal nuovo anno, prima di un acquisto o di una consumazione in un bar o in un ristorante mi assicurerò di poter pagare con la carta di credito e, in caso contrario, cambierò esercente.

Se è vero che chi vende beni e servizi può esercitare il diritto di esigere i contanti è anche vero che chi acquista deve poter avere il diritto di scegliere come pagare, o più semplicemente, di rivolgersi a chi questo diritto lo garantisce.

Milano - In caffetteria

Parole scolpite nella storia.

Oggi si apre ufficialmente la XIX legislatura con la prima seduta di Camera e Senato e a presiedere il Senato, per poche ore, è la Senatrice a vita Liliana Segre, una ormai anziana signora, testimone della storia travagliata del secolo scorso, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, che ha profuso un grande impegno nel mantenere viva la memoria degli orrori della Shoà.

Nel suo discorso di alto profilo politico e umano ha ricordato a tutti i colleghi il valore della Costituzione e ha richiamato ai valori della “mitezza e della gentilezza” che dovrebbero sempre permeare il dibattito parlamentare.

Il passaggio che mi ha colpito di più è quello in cui ha ricordato come la bambina espulsa dalla scuola a causa delle leggi razziali si trovi oggi, per uno strano gioco del destino, sul banco più alto della Repubblica:

Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva.
In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!

Penso che le sue parole, come tutto il discorso, come la sua stessa esistenza, siano destinate a restare scolpite nella storia.

Milano Stazione Centrale - Memoriale della Shoah

E domani inizierà l’estate.

Domani mattina, poco dopo le 11 (ora solare) sarà il solstizio d’estate e ufficialmente avrà inizio la stagione che, a sentire il parere degli esperti) sarà rovente.

Ma, in fondo, la primavera che sta per concludersi, ci ha già dato abbondantemente un assaggio di ciò che potrebbe aspettarci cancellando con un colpo di spugna secoli di saggezza popolare da “marzo pazzerello” ad “aprile non ti scoprire“.

Questa primavera è stata calda e siccitosa, soprattutto dalle mie parti, e ha costretto molti, in un periodo in cui sarebbe particolarmente saggio risparmiare energia, ad accendere con largo anticipo rispetto al solito i condizionatori.

In inverno ha piovuto e nevicato pochissimo, in primavera non ha praticamente piovuto e i fiumi e i laghi sono bassissimi, i nevai (il prezioso serbatoio di acqua per la stagione calda) si sono ridotti drasticamente o sono spariti del tutto, i ghiacciai sono sempre più ristretti: è evidente che in questa situazione l’acqua sia sempre più un bene prezioso che non andrebbe sprecato e, per questo motivo, in molti comuni si parla già di razionamento.

Non so se stiamo andando incontro ad una effettiva desertificazione, ma ciò che vedo mi piace veramente poco e ho l’impressione che, a livello di problemi climatici e di riscaldamento globale, abbiamo raggiunto un “punto di non ritorno”.

Spero di sbagliarmi.

giochi d'acqua

L’età del Bipensiero.

La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza“, così recita la dottrina del Socing (in Neolingua  “socialismo Inglese”) dominante dello stato immaginario di Oceania, uno dei tre paesi in cui è diviso il mondo nel capolavoro di George Orwell 1984.

Fondamento dell’ideologia è il Bipensiero che definisce il meccanismo mentale che permette di ritenere vera una idea e il suo opposto, a seconda della volontà del Grande Fratello e del partito da lui incarnato, dimenticando, nel medesimo istante, il cambio di opinione e paradossalmente l’atto stesso del dimenticare.

 «Se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera» scrive Orwell per descrivere la necessità del “Ministero della Verità”,  l’ ente pubblico incaricato della censura della storia, della cancellazione di ogni nome ostile o avvenimento difforme dalla narrazione univoca del regime, o, come diremmo noi, dal “pensiero unico”.

In questi giorni, in questi anni, tra pandemia e guerra, sto vivendo l’esperienza straniante di ritrovarmi nel romanzo di Orwell, di non riuscire più a comprendere i fatti e a distinguerli dalle opinioni, di incontrare una grande difficoltà nel ricostruire il passato.

Ho l’impressione che il “Ministero della Verità”, radicato ormai in tutto il mondo, stia lavorando a pieno regime.

Londra - Università di Londra - ( Orwell -1984 - Ministero della Verità)

Questo è l’edificio di Londra che ha ispirato lo scrittore.

Un giorno come un altro.

Oggi è il Giorno della Memoria”, una ricorrenza internazionale che commemora le vittime della shoah nell’anniversario della liberazione, per opera dei soldati dell’Armata Rossa, dei superstiti del campo di sterminio di Auschwitz.

Oggi è il giorno in cui, per un attimo, ci fermiamo a ricordare l’orrore, aiutati dai servizi giornalistici, dalle interviste ai sopravvissuti, dai film che ogni televisione mette in onda.

Poi, da domani, possiamo tornare ad altro, possiamo tornare ad essere indifferenti di fronte alle manifestazioni, neanche tanto velate, di antisemitismo, di discriminazione, si pregiudizio.

Se il Giorno della Memoria deve ridursi ad una breve riflessione, se diventa un alibi all’indifferenza, se ci fa sentire un po’ “più buoni” allora sarebbe meglio cancellarlo dal calendario, sarebbe meglio farlo diventare un “giorno come gli altri” perché è in tutti gli altri giorni che dobbiamo fare memoria dell’orrore, è in tutti gli altri giorni che dobbiamo sforzarci di non essere indifferenti, è in tutti gli altri giorni che dobbiamo ricordarci di essere umani.

Auschwitz - Birkenau

Milano in bianco e nero.

E’ in bianco e nero la città nei miei ricordi del 12 dicembre 1969.

In bianco e nero sono le immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana devastate dall’esplosione dell’ordigno assassino, con la spaventosa voragine aperta come un cratere nel salone.

In bianco e nero sono le immagini di Piazza del Duomo piena all’inverosimile per i funerali nella cattedrale delle diciassette vittime, con la gente accorsa a testimoniare le pietà, il dolore, ma anche il coraggio di una città che non vuole farsi intimidire, con la teoria dei carri funebri che fendono la folla in un silenzio sgomento.

Sono immagini in bianco e nero come quelle che emergono dalla storia passata, come le immagini delle guerre mondiali e del dopoguerra, come le foto dei nonni vestiti con abiti improbabili che riposano su qualche mensola di casa, sono foto “vecchie” di una storia “vecchia”, sono la prova che il tempo è passato e i ricordi sono svaniti.

Ma per me, e credo per molti della mia generazione e della mia città, quelle immagini in bianco e nero raccontano di un passato che non si può dimenticare e che ancora indigna e addolora.

Non dimentichiamo la strage di Piazza Fontana.

Milano - Palazzo Morando - "Milano negli anni '60"

9 ottobre 1963.

Nel 1963 avevo dieci anni e la televisione era entrata da pochi anni in casa mia, allora si vedeva praticamente solo un canale (il primo, perché il secondo, nato da pochi mesi, trasmetteva programmi che nella mia famiglia erano poco gettonati) e l’ora di cena era divisa tra il telegiornale e carosello.

Anche se a dieci anni il telegiornale non è molto interessante ricordo distintamente una specie di cartone animato, rigorosamente in bianco e nero, in cui si vedeva un pezzo di montagna scivolare in un lago artificiale e l’acqua schizzare fuori come quando si getta un grosso sasso in uno stagno.

E poi ricordo la mia maestra che regge in mano una copia del “Corriere della Sera” con a tutta pagina la foto grigia di una diga.

Avevo capito che c’era stato un grave incidente che aveva coinvolto una diga e una cittadina, Longarone, sepolta dal fango e centinaia di morti.

Poi, col tempo, ho letto, ho studiato, ho capito che quella del Vajont non è stata una fatalità, una disgrazia, ma la somma di una serie di errori e negligenze causate da un’irresponsabile ricerca del profitto.

Oggi è il giorno del Vajont: non dimentichiamo.

Vajont (Belluno)

Genitori e figli.

La scena si svolge nel parcheggio della scuola all’ora della fine delle lezioni: un bambino, dall’apparente età di sette o otto anni, è impegnato in una sorta di “Pole dance” (uno sport agonistico che è un misto di ginnastica e danza con la pertica) intorno al palo di sostegno di un cartello stradale che oscilla in modo preoccupante, intorno ci sono nugoli di adulti (genitori, nonni?) impegnati in appassionanti discussioni tanto da non vedere (o, peggio, non voler vedere) il pargolo impegnato nell’opera di abbattimento del cartello.

Freno il mio impulso naturale di intervenire in difesa del cartello (pagato anche con le mie tasse) e del pargolo che potrebbe, in caso di crollo, restare colpito e mi limito a segnalare la cosa ad un agente della pèolizia locale che interviene prontamente.

Dopo un breve dialogo con il bimbo che appare pentito e contrito, senza che nessun adulto responsabile si faccia vivo, l’agente si allontana e, non appena ha voltato le spalle, il pargolo riprende i suoi esercizi con reiterata veemenza.

Non starò qui a sottolineare che i miei genitori, se fossi stata ripresa da un vigile, mi avrebbero sgridato e messo in castigo spiegandomi anche che non è il caso di danneggiare le cosa di tutti perché, quando io ero bambina, i genitori non erano i “difensori civici” dei figli, ma in fondo è passato più di mezzo secolo dalla mia infanzia.

Spero solo che, nel caso il palo dovesse cadere facendo del male a qualcuno, non denuncino il Comune per aver piantato un cartello pericolante (che all’origine pericolante non era) nel parcheggio di una scuola.

Milano - Piazza Affari

Ecco perché non andrò a Londra.

Amo Londra, o meglio, ho amato molto camminare per le sue strade, visitare i suoi musei, passeggiare nei suoi parchi, tirar tardi in un pub davanti a una birra o a un bicchiere di sidro, ho amato persino attraversarla con la metropolitana o con un “double decker”, ma benché ami molto la capitale britannica penso che passerà molto tempo prima che mi venga voglia di tornarci.

Non ho digerito la “brexit” (ma questo è solo un mio problema) e, di questi tempi, per i turisti è praticamente impossibile andare nel Regno Unito, ma anche quando sarà possibile farlo in sicurezza non ci andrò perché i fatti recenti raccontati da cittadini europei recatisi nel Regno Unito per lavorare (evidentemente con documenti non perfettamente in regola) che sarebbero stati portati in una sorta di carcere dopo che era stato sequestrato loro il telefonino, i documenti e i bagagli mi fanno pensare che ormai il Regno Unito sia diventato un luogo poco ospitale.

Sicuramente non ho intenzione di recarmi a Londra per lavorare (ho già lavorato abbastanza nella mia vita), ma non mi piace l’idea di andare a visitare un luogo nel quale ho l’impressione di essere a mala pena tollerata.

L’Italia è tanto ricca e l’Europa è così grande che sicuramente non mi mancheranno luoghi interessanti da conoscere, paesaggi da ammirare, musei da visitare, culture da incontrare.

Il Regno Unito può attendere.

Londra  - Buckingham Palace